La richiesta degli ex senatori è arrivata alla Corte costituzionale, che si esprimerà sul taglio del 2019: a rischio risparmi per 67 milioni l’anno. C’è voluta un po’ di fatica, ma alla fine l’hanno spuntata: a forza di insistere con i ricorsi, gli ex parlamentari […]

(ILARIA PROIETTI – Il Fatto Quotidiano) – Puff! C’è voluta un po’ di fatica, ma alla fine l’hanno spuntata: a forza di insistere con i ricorsi, gli ex parlamentari son pronti a riprendersi quello a cui han dovuto rinunciare per poco più di un paio d’anni, l’agognato vitalizio sforbiciato dal 2019. A far due conti, metà di quel taglio – in totale 67,8 milioni di euro all’anno, 339 milioni a legislatura tra Camera e Senato – sta tornando nelle loro tasche. E ora spetta alla Consulta decidere se riavranno pure gli arretrati. O nella migliore delle previsioni tutto, ma proprio tutto il malloppo: lo deciderà la Corte presieduta oggi da Giuliano Amato, titolare del trattamento che spetta a ogni ex che si rispetti. Se la decisione arriverà dopo settembre, data in cui l’ex braccio destro di Bettino Craxi andrà in pensione, poco male: anche l’altro giudice costituzionale Augusto Barbera, in pole per la successione, è baciato dal diritto al vitalizio.
Ma riavvolgiamo il nastro. Montecitorio sta ricalcolando gli assegni degli ex deputati dopo che il tribunalino interno presieduto dal dem Alberto Losacco ha smontato pezzo dopo pezzo la delibera sui tagli: prima cancellando per i beneficiari dei trattamenti la necessità di dover dimostrare di non percepire altri redditi di importo superiore all’assegno sociale e di avere patologie di una certa gravità per ottenere una mitigazione della stretta. E poi, a dicembre, bocciando i criteri che erano alla base della sforbiciata.
La scorsa settimana si è scoperto cosa costa superare l’algoritmo messo a punto dall’Istat e dall’ex presidente dell’Inps, Tito Boeri, che aveva originariamente abbattuto gli importi, specie per gli ex deputati che hanno goduto più a lungo del vitalizio calcolato con il metodo retributivo: una ventina di milioni di euro all’anno che andranno a rimpinguare gli assegni di Lorsignori dimezzando i risparmi (45,7 milioni) previsti per l’amministrazione di Montecitorio. Che si è riservata di fare appello al collegio di secondo grado presieduto dall’ex pentastellato (ora in Alternativa) Andrea Colletti (molto poco propenso ad allargare le maglie della delibera sui tagli) anche se in molti son pronti a scommettere che la Camera non farà ricorso, con il risultato di poter definitivamente incamerare al bilancio i risparmi, per quanto dimezzati rispetto ai piani iniziali.
E al Senato? Stessa solfa: il taglio in vigore dal 1º gennaio 2019 è stato annullato grazie alla giustizia interna di Palazzo Madama a cui si erano rivolti gli ex senatori lamentando la lesione dei loro diritti. In questo caso, però, si tratta di sentenza definitiva che mette una pietra tombale sui risparmi inizialmente ipotizzati: 22 milioni di euro all’anno che dovrebbero diventare la metà dal momento che si tratta di una decisione gemella rispetto a quella di Montecitorio.
Si dirà: meglio di niente. E invece no. Perché Lorsignori sperano di fare tombola grazie alla Corte costituzionale. Chiamata intanto a decidere se il Senato dovrà pure sganciare gli arretrati, ossia le differenze non corrisposte dall’entrata in vigore della delibera. Ma soprattutto a decidere se il ricalcolo contributivo è stato fin dal principio legittimo nei suoi presupposti.
Il Consiglio di Giurisdizione presieduto dal forzista Luigi Vitali e di cui sono anche componenti Valeria Valente del Pd, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia e i due leghisti Pasquale Pepe e Ugo Grassi, ha infatti ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge del 1994 nella parte in cui, nel sopprimere qualsiasi regime fiscale particolare per i vitalizi degli ex parlamentari, non prevede altresì che queste prestazioni vanno disciplinate nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale”. Tra cui i limiti posti al legislatore “nell’individuazione dei parametri per determinare i vitalizi e con essi i limiti per un eventuale adeguamento”.
E ancora. “Egualmente ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità della delibera di Palazzo Madama del 2018 nella parte in cui viola i principi di proporzionalità e ragionevolezza nella (ri)determinazione retroattiva” degli assegni.
La Corte costituzionale non dovrà invece pronunciarsi sulla richiesta di aumentare gli assegni con l’applicazione integrale del metodo contributivo come ai bei vecchi tempi: alcuni ex senatori che avevano fatto ricorso avevano chiesto persino questo. Senza ritegno.
Ma una bomba intelligente sul Parlamento in seduta plenaria no? Effetti collaterali desiderati
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Le me..e li rivogliono tutti i privilegi
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Per loro stessi e le armi(per la Nato), li trovano i soldi.Per gli Italiani calci in culo. Bisogna mandarli a casa. Non ora, IERI.
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E CONTE CHE DICE, CHE DICE?
Ancora appoggio interno e responsabilità?
Ma andassero tutti quanti a ca..are!
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