Prosegue senza sosta e con inquietante partecipazione la gara di idiozie attorno alla guerra in Ucraina. Dopo i gatti russi banditi dalle competizioni feline internazionali, la cacciata degli artisti russi che si rifiutano di fare pubblica abiura […]

(SILVIA TRUZZI – Il Fatto Quotidiano) – Prosegue senza sosta e con inquietante partecipazione la gara di idiozie attorno alla guerra in Ucraina. Dopo i gatti russi banditi dalle competizioni feline internazionali, la cacciata degli artisti russi che si rifiutano di fare pubblica abiura, la sospensione di corsi universitari su Dostoevskij, la cancellazione di proiezioni di film russi (in diverse città del mondo), l’eliminazione dei corsi di russo dalle piattaforme di insegnamento delle lingue, qui da noi abbiamo un problema con le statue. Segnatamente a Firenze dove il sindaco Dario Nardella ha deciso di iscriversi alla competizione dello sciocchezzario, pur avendo preso una settimana fa una sensata posizione pubblica, dopo la polemica per la cancellazione del corso di Paolo Nori sull’autore de I fratelli Karamazov. Aveva dichiarato su Twitter: “Mi hanno chiesto di buttare giù la statua di Dostoevskij a Firenze. Non facciamo confusione. Questa è la folle guerra di un dittatore e del suo governo, non di un popolo contro un altro. Invece di cancellare secoli di cultura russa, pensiamo a fermare in fretta Putin”. La statua si trova nel Parco delle Cascine ed è stata donata dall’ambasciata russa lo scorso dicembre, in occasione del 200º anniversario della nascita dell’autore. Ma questo afflato di buon senso – “non facciamo confusione” – è durato come un gatto in tangenziale (ora: come un gatto russo in una competizione internazionale) e a farne le spese è un’altra statua.

Da qualche giorno Nardella ha fatto coprire con un gigantesco lenzuolo nero il David di Michelangelo di piazza della Signoria (è una copia dell’originale esposto nella Galleria dell’Accademia di Firenze). Iniziativa così motivata alla Nazione dal medesimo primo cittadino: si tratta di “gesto di dolore e di lutto per tutti i caduti di questa guerra, i civili ucraini, i militari ucraini, ma anche i giovani militari russi che sono stati mandati a morire sul fronte da Putin, per un motivo che neanche loro conoscevano. Il David è il simbolo della lotta contro la tirannia”. Ne è seguito uno scambio di cortesie con Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi: “Le statue nei musei e nelle piazze hanno un forte valore non solo artistico ma educativo, poetico, identitario, di incoraggiamento individuale e collettivo. Vestirle o tatuarle con proiezioni di loghi commerciali o di messaggi politici falsa il loro senso, le banalizza, spesso ridicolizzandole. Coprirle invece completamente, per qualunque motivo, equivale a una censura, e pertanto si oppone ai fondamenti della società libera”. Ecco, noi sottoscriviamo queste parole una per una, ma naturalmente il sindaco non ha gradito (“Con migliaia di morti in Ucraina e un dolore immenso, c’è chi trova il tempo di fare polemiche”).

Battibecchi fiorentini a parte, il guaio è che da quando l’Ucraina è stata invasa nessuno rinuncia a dire/fare qualcosa in proposito, in un’ansia di protagonismo sprovvista di motivazioni razionali. È un atteggiamento fortemente irrispettoso delle vittime e oltretutto pericolosissimo per chi lo adotta. Basta guardare la spedizione di Matteo Salvini in Polonia, che avrebbe dovuto restituirgli la virtù compromessa dalle ripetute laudi putiniane (il più grande leader sulla faccia della Terra) e ha avuto invece l’unico effetto di portare la figuraccia sotto i riflettori del mondo, quando il sindaco di Przemysl, cittadina al confine con l’Ucraina, gli ha mostrato la ormai celebre maglietta con il ritratto di Putin, con cui Salvini s’immortalò. Fidatevi: quasi sempre il silenzio è d’oro. A forza di urlare stupidaggini, presto non si sentirà più il rumore delle bombe.