Fino al 31 dicembre a Kiev missili anticarro e mitragliatrici. Aiuti che vanno ad aggiungersi a quelli già deliberati venerdì scorso per il potenziamento della presenza militare a Est. I russi: “Subirete conseguenze” […]

(WANDA MARRA – Il Fatto Quotidiano) – Sì all’invio di armi in Ucraina, sì agli impianti a olio combustibile e a carbone. Sì a misure straordinarie per gestire l’arrivo dei rifugiati, con lo stato di emergenza appositamente prorogato fino al 31 dicembre. È scivolato via con un voto all’unanimità, il Consiglio dei ministri di ieri che ratifica quello che – da tutti i punti di vista – è uno scenario di guerra.
I tre ministri leghisti – per marcare la loro scelta di allinearsi per puro senso di responsabilità – sono rimasti in silenzio. Mentre è stato Stefano Patuanelli (M5S) a spiegare che l’ok sull’energia c’è, ma “bisogna accelerare sulle rinnovabili”. La stessa posizione espressa da Giuseppe Conte in una telefonata con Mario Draghi. Che ieri ha sentito non solo lui, ma anche Matteo Salvini. In una giornata caratterizzata da un’intensa attività non solo politica, ma anche diplomatica. Draghi ha partecipato ieri pomeriggio a una conversazione telefonica con G7, Ue e Nato nel corso della quale, i leader hanno concordato di mantenere il più stretto coordinamento sugli sviluppi della crisi e le misure. Ma il premier non si è collegato – come previsto – alla cena all’Eliseo con il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz e la presidente della Commissione europea Von der Leyen. Un caso diplomatico? Da Palazzo Chigi negano, adducendo da una parte “problemi tecnici”, dall’altra la necessità del premier di prepararsi per l’intervento di oggi in Parlamento sulle misure messe in campo dal governo sull’Ucraina, che si concluderà con un voto. Ma quel che è certo è che ieri Macron si è fatto notare per un particolare attivismo: ha telefonato a Vladimir Putin, gli ha chiesto il cessate il fuoco e ha ascoltato le richieste dello zar. Un’iniziativa non del tutto allineata alle posizioni assunte da Ue e Usa (che con Putin hanno interrotto il dialogo), dettata, per alcuni, da motivazioni di campagna elettorale.
Ieri, dunque, il Cdm ha ratificato l’invio di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità di Kiev. Prima però servirà l’ok del Parlamento, che dovrebbe arrivare oggi. E sarà comunque in buona parte al buio: il provvedimento contiene infatti una norma abilitante che, dopo una preventiva risoluzione delle Camere, consente al ministro della Difesa di adottare un decreto interministeriale per la cessione del materiale. Dunque è nel decreto – o nei decreti – del ministero, di concerto con la Farnesina e con il Mef, che sarà definito l’elenco degli equipaggiamenti. Una deroga specifica ad alcune disposizioni vigenti consente l’invio fino al 31 dicembre. Un anno di armi. Per un totale complessivo che si dovrebbe aggirare sui 200 milioni. L’elenco fatto trapelare comprende sistemi anticarro e antiaereo, come gli Stinger, mitragliatrici leggere e pesanti e mortai. Il numero degli anticarro e degli Stinger dovrebbe essere nell’ordine delle centinaia. Migliaia dovrebbero essere invece le mitragliatrici pesanti Browning o le più leggere Mg.
Aiuti che vanno ad aggiungersi a quelli già deliberati venerdì scorso per il potenziamento della presenza militare a Est. E mentre c’è chi si oppone nel nome della pace, in ambienti militari c’è anche chi solleva qualche dubbio sull’efficacia di questo impegno: le armi arriveranno in tempi utili o a fine conflitto? Chi addestrerà l’esercito ucraino ad usarle? Non sarebbe stato meno rischioso mandare direttamente i soldati? Intanto il ministro degli Esteri russo fa sapere che “i cittadini e le entità dell’Ue coinvolti nella consegna delle armi letali” saranno ritenuti responsabili “per qualsiasi conseguenza di queste azioni”.
Il Cdm ha anche deciso di incrementare le misure di soccorso ed assistenza alle persone che stanno cercando e cercheranno rifugio nell’Ue, stanziando 10 milioni di euro. E poi il decreto approvato ieri autorizza, anche a scopo preventivo, di anticipare l’adozione di misure per l’aumento dell’offerta e/o riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza. Infine, il Cdm ha istituito un Fondo da 500 mila euro per studenti, ricercatori e docenti ucraini in Italia.
Insomma. Sotto tutti gli aspetti, sono i nuovi miracolati. Manca solo che Mattarella dia casa a una dozzina di famiglie in Quirinale . Questo mi ricorda quando Saragat fece lo stesso pr alcune famiglie di terremotati del Belice nel 1968 . Si erano sistemate così bene al Colle che parecchi anni dopo non volevano saperne di smammare. Mutatis mutandis, sarà lo stesso con gli Ucraini e la solidarietà (poco praticata per esempio con Curdi e Palestinesi, ma quelli sono extraeuropei, gente di terza classe) diventerà una pretesa
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Siamo in mano a dei folli idi@ti, grisu’ il draghetto gioca sulla nostra pelle, siamo sgovernati da cialtr@ni pericolosi….HELP.
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Gli diamo le armi senza sapere se le sapranno usare e “sperando” che nel frattempo la guerra non sia finita? “Meglio mandare direttamente quelli che le sanno usare (militari nostri)! Chissà come la prenderebbero i russi? Ma in che mani siamo? Non hanno fatto nulla per evitare la guerra e ora vogliono alimentarla?! Ma gli ordini arrivano direttamente da Washington?
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no da Via Vittorio Veneto, 121 Roma, Palazzo Margherita
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Brava moderazione, continua a dare spazio agli sproloqui dei figli di pootteen, Stanno giustificando in ogni modo una guerra d’aggressione.
Che cos’è una guerra?
Questo.
https://twitter.com/free_esports/status/1498691090383319046
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Jero
Fatti un nuovo paio di occhiale e spengi la tv, ti fa rincoglionire ulteriormente, oggi grazie alla tecnologia puoi informarti senza i paraocchi.
” Kiev circondato, un calderone vicino a Mariupol e un gigantesco calderone tra Donetsk e Dnepropetrovsk, accesso al confine della Transnistria. Buone. Per quanto riguarda le città, oggi il governatore della regione di Kharkiv ha affermato che le forze armate della RF si limitano a bloccare le città e non sparano ai civili, cercando di attirare le forze armate ucraine fuori dalle città e di distruggerle sul campo. In realtà, ha confermato le principali tesi della posizione russa.
Tutto il contrario di ciò che scrivi.
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@sm bugiardo seriale
Tu soffri di un palese deficit cognitivo, sono serio.
Curati, eviteresti di esporre la tua figura a penose scempiaggini.
Cosa vuol dire “Spegni la tv”?
Ti sei accorto che è un tweet preso dal social?
I primi passanti accorsi sotto l’installazione della torre tv attaccata dai bombardamenti hanno filmato pure le vittime a terra, bruciate dall’esplosione.
Cos’è, ti fanno impressione queste immagini e te ne esci con le tue solite supercazzole?
Muoiono civili e tu parli di tesi Russe.
Ogni commento è superfluo contro un propagandista che non vede, non sente e parla a sproposito.
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AHAHAAHAHAH
JB, tu pensi che io sia Cagliostro? AhAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAH
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LA GUERRA E’ ANCHE QUESTA
LE STRAGI DIMENTICATE
All’indomani dell’invasione russa in Ucraina, i media mostrano le tristi immagini della popolazione in fuga dal conflitto: sono le vittime inermi dinanzi alle quali ogni guerra non può che risultare più che ingiusta, oscena. La presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ricordato i bambini, prime vittime, e accusato Putin di aver riportato la guerra in Europa dopo la seconda guerra mondiale. E tuttavia, la presidente ha la memoria corta: la guerra in Europa c’era già stata nei Balcani negli anni ’90, culminata con i bombardamenti della NATO su Belgrado, anch’essa una capitale europea. Come ricordava Luciana Castellina sul Manifesto: “Il 24 marzo, alle 20.25, il primo bombardamento su Belgrado; il 26 le ‘operazioni’, chiamate interventi umanitari, sono già 500. Dureranno 78 giorni e scaricheranno 2.700 tonnellate di esplosivo”.
Diverse migliaia di civili sono morti in quei “bombardamenti umanitari”, in largo numero partiti dall’Italia, inclusi pullman colmi di persone colpiti mentre attraversavano ponti, inclusi gli stessi kosovari per i quali in teoria si combatteva, massacrati dai bombardieri mentre fuggivano dalla guerra. Non c’erano bambini dei quali preoccuparsi, a Belgrado? C’erano, però i loro volti non sono comparsi sui nostri giornali; neppure anni dopo, quando hanno continuato a essere falcidiati dall’insolito picco di tumori infantili causati dall’uranio impoverito (umanitario?) con cui erano fatte le bombe della NATO. Continua Castellina: “È la prima volta che con tanta spudoratezza si è proceduto ad una applicazione selettiva dei diritti. In questo caso quello dell’auto-determinazione dei popoli, riconosciuto, in Europa, ai soli kosovari, che diventano quindi automaticamente ‘patrioti’, sebbene la risoluzione 1160 del 3 marzo 1998 del Consiglio di sicurezza dell’Onu avesse definito ‘terroristi’ gli attacchi dell’Uck. Contemporaneamente, e come conseguenza, contro ogni principio sancito dai trattati dell’Unione europea, secondo cui deve esser rifiutato il pericoloso nesso etnia-cittadinanza, si appoggia l’ipotesi di stati etnicamente fondati”.
Insomma, il precedente c’è, e l’abbiamo dato noi. E non parlo nemmeno delle guerre lontane, esterne all’Europa, come l’invasione dell’Iraq su basi che ormai tutti sappiamo essere state completamente pretestuose (le armi di distruzione di massa), sappiamo pure da chi tali mastodontiche bugie sono state costruite (i governi Bush Jr. e Blair), sappiamo che hanno causato almeno mezzo milione di morti, sappiamo che furono usate armi proibite dalle convenzioni internazionali (il fosforo bianco sui civili di Falluja), sappiamo che nessuno degli ideatori di tali colossali fake news (uso un termine che oggi va di moda) è mai stato perseguito (anzi vivono tutti ricchi e tranquilli), eppure non ricordo di aver visto in giro le foto dei profili sui social media con la bandierina irakena, così come ora vedo per l’Ucraina. Evidentemente non tutte le morti sono uguali; evidentemente i media hanno un peso nel condizionare le nostre reazioni. Oggi passano sui nostri schermi o sui social le foto di cittadini ucraini che mettono in salvo cani e gatti, oltre al classico delle incubatrici con i neonati, già un cavallo di battaglia della propaganda americana a proposito del Kuwait prima della guerra del Golfo del 1993[1]: per ogni guerra si reiterano le stesse immagini di propaganda e gli occidentali dalla memoria corta e dalla lacrima a comando tirano fuori i fazzoletti. Se le immagini non ci sono (vedi l’Iraq, l’Afghanistan, lo Yemen, Belgrado) nessuno si commuove.
I media, con poche eccezioni, in questa storia hanno un ruolo rilevante. Per quante giornate della memoria ci affanniamo a istituire, quelle dell’oblio mi paiono assai più frequenti. Nell’oblio sembrano essere caduti tutti i passi che sono stati compiuti da un’Ucraina che si è fatta forte del sostegno americano: ma le è servito? Non servì alla Georgia agli inizi degli anni ’00, passata dall’alleanza con la Russia (con la quale intratteneva ottimi rapporti economici e dove vendeva i suoi ottimi prodotti che ora nessuno compra più) a quella con gli Stati Uniti di Bush Jr.; anche lì era stato fatto credere che ospitare le armi americane e combattere le guerre al confine, ove la popolazione russa era più presente, sarebbe convenuto al paese, che adesso si ritrova con una popolazione immiserita, largamente diasporica, con le pensioni e gli stipendi da fame, con i vini pregiati e i prodotti alimentari invenduti, perché gli amici europei e americani non se ne fanno niente. E tuttavia, almeno fra i giovani, circola la convinzione che il nemico sia la Russia.
Il presidente che avviò questo processo virtuoso, Mikheil Saak’ashvili, in carica fra 2004 e 2013, nel 2014 è stato messo sotto accusa dalla magistratura del suo paese, per bazzecole che includono frodi e omicidi; naturalmente, Stati Uniti e Unione Europea si sono espresse contro la magistratura, ma intanto Saak’ashvili si è trasferito in Ucraina. Qui il governo del paese ha pensato bene di dargli il governo della regione di Odessa; ha anzi acquistato un pacchetto, con la mediazione del politico francese dell’UE Raphaël Glucksmann, che con Saak’ashvili ha scritto un libro su (indovinate?) “la libertà”, e che ha sposato in prime nozze Eka Zgouladze, vice ministro degli Interni in Georgia. Glucksmann si interessa dei diritti umani di tutti, fuorché dei georgiani, visto che prima della fuga di Saak’ashvili e Zgouladze, erano venuti fuori video delle torture subite dai prigionieri nelle carceri del paese; insomma, la bella coppia riceve la cittadinanza ucraina e va a governare Odessa. A causa del suo buon governo, Saak’ashvili viene espulso anche dall’Ucraina, divenendo apolide, poiché nessuno vuole ridargli il passaporto: fino a quando il nuovo presidente ucraino Zelenskyy, nel 2019, lo reintegra e lo nomina a capo del Consiglio nazionale delle riforme. Mentre era a Odessa, e con il suo avallo esplicito, dal momento che aveva accusato gli “elementi antisociali”, le milizie neonaziste insieme con la popolazione di Loshchynivka, hanno condotto un pogrom selvaggio contro la popolazione romanì dell’area, costretta ad abbandonare le proprie case e fuggire.
D’altra parte, le stesse milizie nel 2014 avevano massacrato decine di civili russi, ammazzati a sangue freddo mentre si erano rifugiati in un edificio per sfuggire ai disordini in strada. Peraltro, la guerra in Ucraina c’è stata dal 2014 in poi, visto che il conflitto nell’est del paese ha fatto migliaia di morti, con l’evidente volontà delle milizie neonaziste di condurre una pulizia etnica a danno dei russi, che in quell’area rappresentano una fetta consistente della popolazione. In questo caso, a quanto pare, la pulizia etnica non finisce alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja. C’è stato persino il caso di Andrea Rocchelli, il reporter-fotografo italiano ucciso dagli stessi miliziani ucraini, sempre nel 2014, nel Donbass: un’uccisione sulla quale ha indagato la magistratura italiana, che ha individuato responsabilità precise, ma che pure è stato negato e del quale evidentemente oggi non importa più a nessuno, tanto meno ai suoi colleghi giornalisti che oggi seguono gli eventi.
Così come non ha più eco la clamorosa strage del 20 febbraio 2014, quando nelle proteste contro il governo filorusso si dice che le forze governative spararono sulla folla, facendo vittime fra i civili e persino fra i poliziotti. Fu l’episodio che decretò la fine del governo e diede corso a tutto ciò che è avvenuto dopo, fino agli eventi contemporanei. Nel 2018, una puntata di Matrix, insieme alla stampa italiana (almeno il Manifesto e il Giornale ne parlarono ampiamente) e a quella israeliana, rivelarono come a sparare furono in realtà cecchini georgiani assoldati da un americano sotto copertura. Anche in questo caso, Mikheil Saak’ashvili è protagonista. Dal Manifesto: “Il movimento reazionario di massa della Maidan che scosse Kiev giusto 4 anni fa e che condusse al rovesciamento del governo Yanukovich, raggiunse il suo apice il 20 e il 21 febbraio del 2014 quando negli scontri a fuoco tra i poliziotti della Berkut (la guardia scelta del governo) e i dimostranti, morirono oltre cento persone. […] Uno dei due georgiani, intervistato qualche giorno fa da due televisioni europee e ieri anche dalla agenzia di stampa moscovita Interfax, Alexander Revazishvili ricorda: ‘Giunse alla nostra tenda sulla Maidan Mamulashvili (uno stretto collaboratore di Michail Shakashivili, ex presidente della Georgia, n.d.r.) con un ucraino che si faceva chiamare Andrea, ma soprattutto con un americano che indossava la mimetica, un ex soldato dell’esercito, che si presentò con il nome di Cristopher Bryan’. Il misterioso Bryan venne presentato come ‘istruttore di contractors’. La circostanza è confermata dall’altro ‘contractor’ georgiano, Koba Nergadze, che incontrò separatamente Bryan ma questa volta alla presenza proprio di Shakashivili. Racconta Nergadze: ‘Era presente all’incontro anche l’attuale capo della sicurezza nazionale Sergey Pashinsky. Gli ordini venivano dati da Bryan e a noi tradotti in georgiano da Mamumashvili. Un gruppo di contractors diretto da Pashinsky, e composto da lituani, polacchi e georgiani avrebbe dovuto recarsi all’edificio del Conservatorio ma non avevamo idea per far cosa’. […] ‘La mattina presto – ricorda ancora Nergadze – verso le 8, ho sentito spari provenienti dal Conservatorio. Dopo tre o quattro minuti il gruppo di Mamulashvili ha anch’esso iniziato a sparare dall’hotel Ucraina. I due gruppi di cecchini spararono in modo incrociato sia sulla polizia sia suoi dimostranti cercando di provocare più morti possibili’. ‘Pashinsky mi ha aiutato a scegliere le posizioni di tiro. Verso le 7.30 del mattino (o forse più tardi) Pashinsky ordinò a tutti di prepararsi ad aprire il fuoco. Avremmo dovuto sparare 2 o 3 colpi e poi cambiare posizione in modo che i colpi sembrassero casuali. Abbiamo continuato per circa 10-15 minuti. Successivamente, ci è stato ordinato di abbandonare le armi e lasciare l’edificio’”.
Se cercate sul web notizie sulla strage, troverete le smentite del gruppo “Stopfake”, nel quale militano ucraini filogovernativi. Troverete anche le analisi di Ivan Katchanovski, uno studioso dell’Università di Ottawa, in Canada, che ha pubblicato in open access molte ricostruzioni di quegli eventi, traducendo le testimonianze dei sopravvissuti che parlano chiaramente dei cecchini sui palazzi circostanti (https://uottawa.academia.edu/IvanKatchanovski).
Oppure consiglio, per farsi un’idea, la lettura di Western Mainstream Media and the Ukraine Crisis: A Study in Conflict Propaganda di Oliver Boyd-Barrett, dell’americanissima Bowling Green University del Kentucky, uscito per la casa editrice inglese Routledge nel 2016. Leggiamo dall’introduzione: “Questo libro esplora la propaganda contemporanea e i media mainstream occidentali, con riferimento alla crisi ucraina. Esamina le narrazioni dei media occidentali sulle cause immediate della crisi, i rispettivi ruoli di coloro che hanno partecipato o altrimenti sostenuto le manifestazioni del 2013-2014 – comprese le ONG sorrette dagli Stati Uniti e le milizie di destra – e la legittimità, o meno, della destabilizzazione del governo democraticamente eletto Yanukovich. Valuta i resoconti del ruolo della Russia e degli ucraini di etnia russa in Crimea, Odessa e nel Donbass e traccia come i media mainstream occidentali hanno fatto di tutto per demonizzare Vladimir Putin”.
Ricordiamo che, in seguito a quella strage, il governo di Yanukovich, un governo eletto, venne costretto a fuggire dal paese dopo che milizie armate invasero il parlamento: tutto ciò che segue ha le sue origini in un atto di profonda illegalità; come mai per l’assalto assai meno cruento di Capitol Hill ci si indigna (giustamente, vorrei aggiungere), mentre questo golpe spalleggiato da USA e UE, compiuto da miliziani con in mente un paese “etnicamente” ucraino, lo consideriamo una prova di democrazia? Appelli alla ragionevolezza erano arrivati già nel 2014 da politici difficilmente sospettabili di essere favorevoli alla Russia come Henry Kissinger, il quale diceva che presupporre un ingresso di Kiev nell’Unione europea e nella NATO avrebbe inevitabilmente portato alla guerra, ed auspicando per l’Ucraina una situazione simile a quella della Finlandia, che collabora economicamente con l’Europa occidentale, però si mantiene neutrale. E invece, ecco spuntare proprio oggi, ancora una volta, Raphaël Glucksmann, il consigliere francese di Mikheil Saak’ashvili, il quale firma un appello insieme a un centinaio di altri politici e “intellettuali” francesi per chiedere il riconoscimento ufficiale dell’Ucraina come Stato candidato dell’Unione Europea. È abbastanza, credo, per provare a farsi un’idea indipendente, che vada al di là della narrazione a senso unico che sta passando sui media occidentali in questi giorni. Che gli ucraini siano in larga parte, come i georgiani prima di loro, delle vittime, non c’è dubbio. Ma di chi?
Domenica 27 febbraio 2022
francocardini.it
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Premetto che non sono né filo russo né filo statunitense ed aborro assolutamente la guerra. Decidere da parte dell’Italia di inviare delle armi non fa altro che allontanare la pace e gettare nella spazzatura l’art. 11 della nostra Costituzione.
Inoltre aggiungo: ATTENZIONE! L’Occidente e gli USA non devono gettare la Russia fra le braccia militari e finanziari della Cina. Questo porterebbe a saldare ancor di più l’accordo-alleanza commerciale, economica e finanziaria, che già in parte esiste, fra Russia, Cina, India, Iran, Venezuela, Brasile e Sud Africa. Ciò destabilizzerebbe finanziariamente tutto l’Occidente e gli USA (i suddetti Paesi sono contrari ai pagamenti commerciali in dollari perché li ritengono non convenienti economicamente per loro). Il grande rischio sarebbe che non solo si chiudano i rubinetti del gas ma anche quelli dei capitali e dei commerci mondiali.
Tutto ciò premesso, modestamente, mi sento di affermare che l’UE dovrebbe TRATTARE! TRATTARE! TRATTARE!
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intanto la TURCHIA
La Turchia non ha in programma di imporre sanzioni alla Russia, ma cerca di mantenere un canale per il dialogo. Lo ha reso noto il portavoce di Erdogan, secondo quanto riporta la Tass.
piatto ricco mi ci ficco!!!
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FRANCO CARDINI
ZAR PUTIN E LA SCACCHIERA DEL MONDO
Secondo l’antica numerologia sacra, l’8 è il numero perfetto che nasconde i segreti dell’Infinito. Otto lati avevano i battisteri, sacri edifici della vita e della rinascita. Otto volte 8 fa 64: la Perfezione della Perfezione. Sessantaquattro sono le caselle della tavola degli scacchi, il “Gioco dei Re” sul quale fior di shah persiani, di basileis bizantini, di califfi di Baghdad e di sultani d’Istanbul hanno imparato le regole-base della politica: e della guerra, che – diceva von Clausewitz – è continuazione della politica con altri mezzi.
Il maresciallo Stalin, da buon georgiano-osseta, era a quel che si dice un giocatore eccellente. Vladimir Vladimirovich, zar Putin, è forse migliore di lui. Sarebbe interessante assistere a una sua partita con un altro abile giocatore, Erdoğan. Ma in fondo è quel che sta accadendo sotto i nostri occhi: perché la scacchiera è l’immagine del mondo, e gli scacchi sono il più elegante e geniale dei risiko.
Ricordate l’“Accordo di associazione” del 2014 tra l’Unione Europea e l’allora presidente ucraino Petro Poroshenko? In esso era previsto fra l’altro di “approfondire la cooperazione tra le parti nei campi della sicurezza e della difesa” e di “promuovere una graduale convergenza in materia di politica estera e sicurezza”. Come dire spostar l’Ucraina dall’area d’influenza russa e attrarla in quella europea: cioè occidentale e della NATO. L’Ucraina sarebbe fiorita di missili statunitensi di portata superiore ai 3000 chilometri e di relativi sistemi radar: Mosca sarebbe stata direttamente minacciata. Zar Putin intervenne, ci fu una breve guerra: poi gli “accordi di Minsk”, i quali ristabilirono un equilibrio che l’Ucraina di Zelensky ha cercato adesso di far saltare di nuovo. Se l’Ucraina fosse entrata nella NATO, addio appoggi navali russi sul Mar Nero, addio controllo dei corridoi energetici, addio distanza di sicurezza antimissile. Sarebbe stata accettabile per Mosca una situazione del genere, col pretesto del “diritto di ciascun popolo a scegliersi i propri alleati”?
Tutto ciò resta valido ancor oggi: e spiega il comportamento di Vladimir Vladimirovich il quale non è né un pazzo, né un nuovo Hitler. Putin è semplicemente lo statista che, con grande abilità politica e diplomatica, è riuscito a riportare la Russia dall’abisso della distruzione dell’Unione Sovietica al livello di qualcosa di più di una “potenza regionale”, in grado di far sentire la sua influenza dal Baltico alla Mitteleuropa al Vicino Oriente, mentre ha portato il suo paese ad affacciarsi finalmente sul Mediterraneo – l’antico sogno di Pietro il Grande, di Caterina II, di Stalin! – e i suoi sempre più stretti rapporti con la Cina del Progetto One Belt, One Road lo mettono in condizione di esercitare anche un potere di mediazione fra tutte le potenze mondiali di oggi.
Eppure gli manca qualcosa. Gli manca quello che negli Anni Sessanta era stato anche il sogno di De Gaulle e che poi fu il miraggio di Gorbaciov. Gli manca la possibilità di “giocare di sponda” con un’Europa davvero libera, indipendente, equidistante dai blocchi e in grado di badare sul serio all’interesse proprio e non altrui. Un’Europa che non abbia le mani legate dalla pastoia NATO che la obbliga nella sostanza ad obbedire a Washington.
Ma l’Europa preferisce l’unanimismo occidentale, opta per il blocco assieme agli Stati Uniti: non ha alcuna voglia di rischiare guerre di sorta – questo mai!, si ripete – ma si adatta alla politica del ricatto attraverso le sanzioni e lascia che sia quel portento di energia, di lungimiranza e di chiarezza d’idee che è il presidente Biden a dettarle l’agenda dei “buoni” e dei “cattivi”.
E, se invece di essere il capobanda di uno “stato-canaglia”, Putin fosse il migliore statista di tutto il macrocontinente eurasiatico?
Domenica 27 febbraio 2022
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Eccellenti articoli, chissà se J.B. non comincerà a demolire anche il destrozzo Cardini adesso?
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Tranquillo bugiardo seriale, mi basta il benaltrismo del blog che nel nome di altri morti possa avallare l’avvio di un genocidio, se non della III Guerra mondiale, da imputare non al folle pooteeen ma alla NATO.
Restate tranquilli a raccontarvela nella vostra dissociazione mentale dalla realtà fattuale.
P. S.
SIETE FORTISSIMA MINORANZA nel paese reale, solo su Infosannio credete di parlare in nome del bobbolo, quello più disagiato.
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Jero
Rifatti gli occhi,
https://youtu.be/p-KT1OTsAPI
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Jero
Veramente quello disagiato sei tu e pochi altri.
E lo dimostri costantemente,
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X Cagliostro,
il nostro JB è come l’ubriaco che viaggia contromano e dice a tutti che vanno per la parte sbagliata.
‘siete una minoranza’. Aahahahahahaahah.
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Il problema con Cardini e’ che anche se i due terzi di quello che dice fossero erronei il restante e’ grosso come una casa.
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Cardini e un storico del medioevo.
Questo non lo rende un abile stratega dell’evo contemporaneo.
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No, in effetti c’e’ il rischio del “virologo perche’ tanto e’ pur sempre un medico”. Ma lo storico usa un metodo, lo “veste”, una struttura mentale che cerca il rigore, non il risultato. Qui troviamo le Bolgan e i Mazzucco o come si chiamava, ma il grosso della questione non e’ “decidibile” nella stessa maniera in cui SM vede la sua benedetta grafite. Tutta la storia verra’ resa nota, o notabile, tra qualche tempo, anni forse, se vi sara’ la liberta’ di porre domande e la pacificazione necessaria per i tribunali nel lavorare alla definizione di quel che e’ punibile e perche’. A parte la mia fascinazione per Cardini, la incredibile e terribile storia dei “cecchini a mia insaputa” l’ho sentita anche per la Lituania, quando ebbe i suoi morti uscendo dal retro dell’URSS. Troppo indecidibile, quello lo levo, ma il resto, che brodo bello grasso….
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Molte cose non si sanno e si sapranno, forse tra anni.
Ma quello che già si sa è più che sufficiente per farsi una idea, ora.
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X AndreaEX,
Che Cardini sia uno storico del medioevo può dirlo solo un caprone ignorante come te.
Ad ogni modo, lui i fondamenti della Storia e delle relazioni tra stati le conosce. Tu dimostri di non sapere molto di più di come montare un pannello solare.
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Ancora una volta parlamento, Cdm, pdc e pdr hanno ribadito quale sia l’ uso della nostra Carta Costituzionale. … da quando è stata scritta la Costituzione che ripudia la guerra, i governi italiani hanno partecipato ad ogni guerra possibile, vicina o lontana che fosse. …..industria bellica, armamenti, mezzi di distruzione per ottenere la pace attraverso la guerra. ….a me pare che manchino in realtà vero impegno politico, culturale e mentale nel perseguire con determinazione la pace attraverso l’ unico atto moralmente alto, valoriale ed umano : ripudiare la guerra…….che è l’ atto finale di processi politici! Si è in grado di intervenire su processi politici per evitare il loro esito finale distruttivo? No! E non da ora!
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Già, è retorico dirlo ma non siamo uno Stato Sovrano in questi casi e sappiamo perché.Il nostro governo ha sempre appoggiato gli interventi militari della Nato perché fa parte di esso più come postazione strategica che militare.
La classica posizione di una colonia di una potenza che dal 45 ad oggi non ha mai smesso di fare o provocare conflitti in tutto il mondo contro i “cattivi” che non hanno mai sconfitto una volta
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I visi pallidi,
Forti con i deboli
Deboli con i forti.
Criminali prezzolati, uccidevano i nativi fossero donne e bambini per venderne gli scalpi, per appropriarsi delle loro terre e delle loro ricchezze, arrivati a sterminare milioni di bisonti solo per prenderne la pelle, stessa cosa gli inglesi in Australia, sterminato milioni di aborigeni per impadronirsi della loro terra e poi ci sono degli sciocchi creduloni che ancora credono in tale genia,
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” quello che è successo in Ucraina un colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti e Zelensky come il nuovo utile idiota dell’Occidente. Persino il Los Angeles Times è intervenuto di recente quando, pochi giorni prima dell’invasione, ha dipinto un quadro del nuovo presidente come un cretino
inutile mascherato da eroe politico che aveva perso un enorme capitale politico negli ultimi mesi e le sue esternazioni hanno iniziato a essere isteriche.
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Per chiudere.
All’esercito russo è vietato colpire obiettivi all’interno delle aree residenziali, allo stesso tempo le unità di Kiev si posizionano appositamente nelle aree residenziali e non esitano a colpire la periferia della città.
Il 28 febbraio e all’inizio del 1 marzo, le unità russe hanno effettuato con successo operazioni tattiche nella direzione di Kiev catturando Nizhyn. La sera del 28 febbraio sono stati lanciati attacchi missilistici contro i posti di blocco ucraini sull’autostrada………………..
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HOPERBRACCO!!!!!!!
.. L’elenco fatto trapelare comprende sistemi anticarro e antiaereo, come gli Stinger,
mitragliatrici leggere e pesanti e mortai.
Il numero degli anticarro e degli Stinger dovrebbe essere nell’ordine delle centinaia. Migliaia dovrebbero essere invece le mitragliatrici pesanti Browning o le più leggere Mg….
…. 200 milioni….stanziando 10 milioni …
…Fondo da 500 mila euro per studenti, ricercatori e docenti ucraini in Italia…
…E poi il decreto approvato ieri autorizza, anche a scopo preventivo, di anticipare l’adozione di misure per l’aumento dell’offerta (e/o) per riduzione della domanda di GAS previste in casi di emergenza…
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TOMASO MONTANARI
Il realismo dei pacifisti contro il machiavellismo della politica
Non è facile coltivare pensieri umani, in questi giorni disumani. Non è facile resistere all’ondata emotiva di una guerra vista e raccontata, minuto per minuto, come un’olimpiade o una maratona elettorale.
Difficile negarlo: nella cronaca dei giornalisti televisivi, specie dei maschi, sotto la doverosa condanna occhieggia di continuo un entusiasmo agonistico, una mai sopita attrazione per la guerra. Sulla prima pagina del più diffuso giornale italiano, si è arrivati a lamentare che «noi occidentali stiamo perdendo la potenza delle armi perché non sopportiamo più di subire perdite in una guerra convenzionale. All’epoca dei nostri nonni un caduto in famiglia era motivo d’orgoglio, oggi è considerato inaccettabile». I politici occidentali stanno al gioco, tutti ora schierati con le vittime, con fiumi di retorica bellica e con in testa un metaforico elmetto. Tutti siamo in guerra.
E la domanda che pochissimi provano a sollevare è: per stare dalla parte delle vittime (le donne e gli uomini che vivono nell’Ucraina invasa dalle truppe di Putin) è necessario assumere la logica binaria della guerra? Si deve essere dentro la logica della guerra? O la si può contestare da fuori? Contestare tutta la guerra, e la sua genesi: senza per questo smettere di distinguere tra vittime e carnefici.
Oggi, ai pacifisti che si ostinano a dire che la guerra non è mai la soluzione, ma sempre e solo il problema, si chiede con disprezzo: ‘e allora ora voi cosa fareste? Lascereste fare i russi?’ Il lato osceno di questa domanda sta nel fatto che nessuno di coloro che oggi la pone – nessun politico, nessun giornalista, nessun opinionista –, è mai stato prima interessato a sapere cosa i pacifisti pensassero di Putin e della sua politica interna ed estera; della politica di potenza della Nato; della non-politica della Unione Europea; della guerra che insanguina l’Ucraina dal 2014, con 14.000 morti e con accertate violazioni dei diritti umani da entrambe le parti; delle spese militari e del potere, nelle democrazie occidentali, dell’apparato militare-industriale. La parola, su tutto questo, non è mai stata data ai pacifisti: poveri utopisti senza presa sulla realtà. No, la parola era ovviamente ai cinici: ai realisti, ai machiavellici, ai fautori della Realpolitik. Quelli che sanno stare al mondo.
Il risultato del realismo machiavellico è ora sotto gli occhi di tutti. L’Occidente non ha mai seriamente sostenuto la lotta per la democrazia in Russia, ma ha sempre fatto affari con lo zar Putin. La Nato si è espansa molto più di quanto si fosse garantito di voler fare: e se è vero che i popoli vicini alla Russia hanno il diritto di tutelarsi (e anche le ragioni per farlo, come si vede), è anche vero che se quello che vediamo è il risultato finale, più di qualcosa non ha funzionato. Dal 1989, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dato per scontato che la partita era stata vinta, e che solo una potenza mondiale sarebbe rimasta: ma era un’illusione, un grave errore di comprensione del mondo e della storia, un ultimo, fatale, imperialismo.
Tutto questo giustifica l’invasione di Putin? No, nel modo più assoluto. E nemmeno la spiega: se non mettendo in conto una paranoia distopica, che non può invece essere assunta come un dato di fatto pacifico. E qua bisogna avere il coraggio di riconoscere che la giusta critica del pensiero pacifista occidentale contro l’azione dei governi dell’Occidente ha a tratti sminuito, se non giustificato, la mostruosità della politica omicida di Putin.
Ma tutto questo dovrebbe ora impedire, a chi governa l’Occidente di irridere i pacifisti: cioè coloro che, ad ogni bivio, avrebbero preso la strada opposta (dicendolo, e lottando per questo). E dovrebbe anche impedire di celebrare la presunta virtù di un cosiddetto realismo politico che ci ha condotti qua: sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale, di un conflitto nucleare senza ritorno. E tutto questo non vuol dire ‘criticare l’Occidente quanto Putin’: in una impossibile equidistanza tra un sistema democratico che tradisce se stesso, e un sistema dichiaratamente tirannico. Ma vuol dire che il pensiero critico che in Occidente resiste deve criticare innanzitutto la sua stessa parte: quella che può riuscire a cambiare, quella dalla quale potrebbe aspettarsi qualcosa.
E così, da ‘pacifista’, vorrei provare dare tre risposte a quella domanda: che fare ora?
La prima cosa. Rifiutare il veleno del nazionalismo: distinguere tra i popoli e i governi. Ho sentito una donna ucraina che vive in Italia parlare con toni sororali dei giovanissimi soldati russi che si arrendono dicendo che non sapevano di essere stati mandati in guerra, e argomentare con empatia circa la difficoltà di una opinione pubblica russa tenuta in ostaggio dalla censura e dal controllo dei media. E sentire un’ucraina che in questo momento non si fa trascinare dall’odio del sangue, ma è capace di distinguere, dovrebbe insegnarci qualcosa. Insegnarci a stare accanto alle donne e agli uomini che vivono in Ucraina, sotto le bombe di un’invasione mostruosa: senza per questo sposare la politica dei governi ucraini e dell’Occidente che li ha sostenuti. Stare fermamente contro Putin, contro la sua lucida (?) follia di tiranno sanguinario: ma non stare contro i russi. Diffondere senza sosta anche in Occidente, in Italia, le voci dei russi che, coraggiosamente, si oppongono con forza al tiranno: come quelle del poeta Lev Rubinštejn e della scrittrice Ljudmila Petruševskaja. Perché, come canta Leonard Cohen, «There is a crack in everything, That’s how the light gets in».
La seconda cosa. Rifiutare l’idea di gettare benzina sul fuoco, per quanto possa sembrare giusto farlo dalla parte degli oppressi, degli invasi. Se è giusto, oltre che compatibile con la nostra Costituzione, inviare in Ucraina «equipaggiamenti militari non letali di protezione», e cioè mezzi di difesa e non di offesa, sarebbe invece un grave azzardo mandare armi vere e proprie. I capi dell’Occidente pensano di cavarsela più a buon mercato, e senza rischiare direttamente: senza, cioè, terremotare più di tanto un’economia globale legata mani e piedi alla Russia di Putin. È un calcolo cinico, che rischia di essere anche drammaticamente sbagliato: perché prolungare e aggravare una guerra dall’esito purtroppo scontato, può aprire la strada a esiti che non lo sono per nulla. Buttare benzina su questo fuoco, infatti, può condurre – quasi meccanicamente, cioè senza che nessuno davvero si renda conto di ciò che sta innescando, e in tempi brevissimi – a un’apocalisse nucleare.
La terza cosa. Premere sui nostri governi perché le sanzioni economiche contro la Russia siano veloci, veramente dure, mirate sull’oligarchia. Sapendo bene che, per fare male a chi le subisce, le sanzioni devono fare male anche a chi le commina. Il prezzo sarà alto, per le nostre economie, e i governi dovranno evitare che a pagarlo sia chi già è sommerso, sia in Russia che in Occidente. Ma non c’è altra strada, ora.
Ripudiare la guerra significa lavorare per non crearne le premesse, per allontanarla, per annullare le possibilità che si verifichi. Come Occidente, come Italia, non lo abbiamo fatto. Ripudiare la guerra significa, quando comunque scoppia, non accettarne la logica infernale: cioè rifiutarsi di prendere le armi.
Sappiamo bene che, oltre un certo limite, può essere impossibile rimanere coerenti con la pace: la guerra di liberazione partigiana ne è un esempio. Così doloroso da far scrivere ai vincitori che non avrebbe mai dovuto ripetersi: perché quella guerra era stata combattuta sotto una terribile costrizione, combattuta perché fosse l’ultima.
Ma sappiamo anche che, in questa situazione, la minaccia nucleare cancella radicalmente anche questa estrema ipotesi di guerra giusta: semplicemente perché nessuno potrebbe vincerla.
Una delle cose più terribili della guerra è che, quando scoppia, incanala i pensieri di tutti nel suo schema nazionalista binario. Scrivendo nel 1938, Virginia Woolf opponeva a questa morsa una radicale alterità, quella di chi era fuori dalla logica del potere, e dunque degli schieramenti e delle ‘patrie’. Rivolgendosi a un ideale interlocutore maschio membro della classe dirigente dell’Impero britannico che si diceva pronto alla guerra antifascista diceva: «Tu stai combattendo per conquistare vantaggi che io non ho mai condiviso né mai condividerò: in quanto donna, non ho patria, in quanto donna la mia patria è il mondo intero». Era un pensiero radicale, che guardava lontano e puntava al cuore del problema, cioè contro la volontà di potenza che è genesi di tutte le guerre: un pensiero più o meno realista del maschio realismo che produce guerre a getto continuo?
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condivido ogni parola
mentre facevo colazione, stamattina ho sentito il ministro della ricerca e università Professoressa Maria Cristina Messa arrampicarsi sul distinguo tra armi di offesa e di difesa,
da una cosiddetta dispensatrice di conoscenza sentire quelle parole, mi ha fatto capire come mai la nostra scuola è ridotta a paria nella nostra società.
Quelle parole me le sarei aspettate da un Letta o da un Renzi o da un La Russa.
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