La fortuna di molti “politici” italiani risiede nella smisurata assenza di memoria e amor proprio che caratterizza larga parte dei loro elettori. Se così non fosse, uno come Salvini avrebbe meno voti di Renzi. […]

(Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano) – La fortuna di molti “politici” italiani risiede nella smisurata assenza di memoria e amor proprio che caratterizza larga parte dei loro elettori. Se così non fosse, uno come Salvini avrebbe meno voti di Renzi.

Quello che il Cazzaro Verde è riuscito a dire su Putin in questi anni è semplicemente leggendario. Gli anni d’oro del suo trasporto putiniano sono quelli del periodo 2014/2017, quando secondo alcuni Putin “non era pericoloso come adesso”. Certo: è infatti noto come Putin, sette anni fa, fosse un politico garbato, rispettoso del dissenso e dei giornalisti scomodi, mai dittatoriale né umorale. Praticamente l’erede di Gandhi. La venerazione salviniana per Putin era (era?) totale. Qualche esempio. 12 novembre 2014: “Mi auguro che i russi rieleggano Putin, uno dei migliori uomini politici della nostra epoca”. 7 luglio 2015: “Preferisco Putin all’Europa, non ci sono dubbi”. 30 marzo 2017: “Spero che Trump, Putin, Le Pen e Salvini (parla pure in terza persona, sic) possano fare qualcosa di utile per la democrazia e la pace nel mondo”.

E ancora. Nel 2016, ospite di Myrta Merlino su La7, sentenzia: “Uscire dalla Nato? Perché no. Qualcuno qui o a casa ha paura di essere invaso dai russi?”. Il 12 novembre 2014 Salvini parla proprio di Ucraina, con toni come di consueto sereni: “Ucraina? Non si rompano le palle a Putin”. Sono frasi “vecchie”? Mica tanto. Il 12 luglio 2019, ovvero neanche tre anni fa, Salvini (in quel momento ministro degli Interni) non aveva certo smaltito l’orgasmo putiniano. Anzi. Bomba 1: “Staremmo meglio se avessimo un Putin in Italia” (certo: potremmo invadere la Savoia, per esempio). Bomba 2: “Putin è il miglior uomo di governo sulla faccia della Terra”. La mia preferita è però quella del 25 novembre 2015. In quel periodo Salvini andava in giro con le t-shirt su cui era stampato il faccione militare di Putin. Pronti? Et voilà: “Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin”. Boom!

Uno così, in un mondo normale, avrebbe meno voti di Renzi. E in effetti sta crollando a vista d’occhio: solo lui (e Renzi) potevano dilapidare così velocemente i consensi. L’uomo resta però centrale nella “politica” italiana. Ora, sulla guerra Russia-Ucraina, Salvini è palesemente in imbarazzo. Condanna l’aggressione ma non nomina mai l’aggressore, quasi che a invadere l’Ucraina fosse stata una misteriosa entità sovrannaturale. Scrive post mielosi che non vogliono dire nulla, tipo “NO alla guerra, sempre. SÌ alla vita, sempre” (e ci mette pure la bandiera dell’Ucraina, che solo sei anni e mezzo fa “non doveva rompere le palle a Putin”). Fa un’orribile distinzione che sa di razzismo tra “profughi veri a cui aprire le porte” (gli ucraini) e “profughi finti” (si presume ad esempio i sopravvissuti ai lager libici, che scappano da resort 5 Stelle). Sentenzia non a torto che “Putin approfitta di un Occidente debole e diviso, di un’Europa che non ha una voce unica”, fingendo però di ignorare che a dividere e non unire l’Europa è proprio gente come lui. All’apice del paraculismo politico, giovedì scorso Salvini ha pure fatto una diretta Facebook (seguita da pochi intimi) durante la quale ha deposto fiori davanti all’ambasciata ucraina a Roma. Allucinante. Salvini dovrebbe vergognarsi oltremodo per quel che ha detto, come dovrebbe vergognarsi (appena un po’ meno) la Meloni, capace di sostenere nel suo libro che “Putin difende i valori europei e l’identità cristiana”. Ma loro non si vergognano mica. Fanno finta di nulla, vanno avanti come nulla fosse e si ricollocano nel mesto scacchiere italico. La politica al suo peggio.