Ucraina, chi sono i politici russi che volevano evitare la guerra. Rispetto al passato, la decisione russa di invadere l’Ucraina non è stata accolta con consenso unanime. Dal capo dei servizi segreti ai membri della Duma che hanno votato contro, ecco chi e perché non voleva la guerra.

(Stefano Grazioli – tag43.it) – L‘inizio della guerra in Ucraina non ha sorpreso solo gli analisti più cauti, ma anche il presidente Volodymyr Zelensky, un cui consigliere la sera prima dell‘attacco aveva risposto all‘ennesimo allarme arrivato dagli Usa, facendo notare che era la terza volta in un mese che un avvertimento simile giungeva a Kiev. Oltre alle altre notizie che erano state diffuse già alla fine dello scorso anno. La prima data per un’invasione era stata il 2 dicembre, dopo un progetto di colpo di stato filorusso organizzato sotto la regia dell’oligarca Rinat Akhmetov. Quasi tre mesi dopo l’allarme del golpe previsto, le previsioni stanno superando la realtà. Zelensky è un uomo solo a Kiev, la Nato non salverà l’Ucraina.
Putin, a scatenare l’invasione dell’Ucraina un uomo solo
Cosa succederà dopo la presa della capitale ucraina è ancora tutto da vedere, molto dipende dai piani dell’altro uomo solo di questo duello, Vladimir Putin. È il presidente russo che ha dato l’ordine per quella che ha definito una operazione militare speciale, non una guerra per occupare un paese, ma per «denazificarlo». Riferimento a quello che è considerato un capo di stato e un governo illegittimo, quello di Zelensky, successore di quello di Petro Poroshenko, insediatosi dopo quello che nel 2014 per Mosca è stato un colpo di stato attuato da paramilitari neonazisti con l’avallo di Unione Europea e Stati Uniti. La guerra del 2022 per riprendersi insomma quello che è stato sottratto otto anni prima. Questa la prospettiva di Putin, disposto a scatenare un conflitto nel cuore dell’Europa, pur di evitare che l’Ucraina rimanga ancorata e si integri ancor più alle strutture occidentali, Ue e Nato. Una visione di un folle sempre più isolato o il calcolo di élite scaltra e brutale che sa esattamente quello che fa?
La trasformazione di Putin, da arbiter a dominus
Difficile dare una risposta univoca, probabilmente questa guerra, che è appena iniziata e non si sa quando e come andrà a finire, è il risultato di diversi fattori interni, oltre alla posizione esterna, degli Stati Uniti. Che in questi anni non hanno mai capito veramente, o non lo hanno voluto fare, come funzionano le cose dentro il Cremlino. Né hanno voluto mai scendere a compromessi sulla neutralità dell’ex repubblica sovietica. Nei corridoi del potere Vladimir Putin è sempre stato negli ultimi due decenni un mediatore tra i gruppi concorrenti, ma da arbiter si è trasformato sempre più in dominus, soprattutto per quel che riguarda la politica estera. In particolare, questa guerra dove Putin ha assunto decisioni probabilmente non condivise in toto dal’inner circle. Se nel caso dell’intervento militare in Georgia nel 2008, quando presidente era comunque Dmitri Medvevdev, e in quello del 2015 in Siria il consenso è comunque stato unanime, come del resto per il piano di annessione della Crimea e il sostegno ai separatisti nel Donbass, questa volta il dissenso è emerso con chiarezza.

Il video del confronto tra Putin e il capo dei servizi segreti Sergei Naryshkin
Esempio evidente, provato anche in video, è quello del recente dialogo tra Putin e Sergei Naryshkin, fedelissimo della prima ora di Putin e a capo dei servizi segreti esterni della Federazione russa, in cui il presidente ha dovuto insistere perché si usasse un linguaggio chiaro per definire il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk. Un breve sipario, segnale comunque di qualche divergenza. Anche il fatto stesso che le immagini della sessione del Consiglio di sicurezza siano state editate, con il taglio dell’intervento del generale Igor Kransov, hanno fatto ipotizzare che dietro l’unità di facciata qualche perplessità, anche nel circolo stretto putiniano, ci sia stata riguardo all’intera operazione. Che poi non tutti deputati della Duma abbiano votato per la risoluzione è un altro piccolo elemento di frizione, anche se probabilmente collegato a ragioni più materiali, cioè al fatto di non voler finire nella lista nera del sanzionati da Unione Europea e Stati Uniti.

Una guerra decisiva per il futuro politico di Vladimir Putin
Naryshkin è stato sempre considerato uno dei falchi, al pari del suo collega al vertice dei servizi interni Alexander Bortnikov e del predecessore Nikolai Patrushev, finiti già nel mirino delle sanzioni statunitensi. Gli altri hardliner di primo piano, dal ministro della Difesa Shoigu al generale Valery Gerassimov, per ora si sono schierati dietro e con Putin, ma è anche il loro mestiere. Per Sergei Lavrov, ministro degli Esteri e volto della politica russa da diciotto anni sul palcoscenico internazionale, il discorso non è diverso, visto che è e deve essere lo specchio ufficiale del Cremlino. La guerra in Ucraina, e soprattutto il suo esito, sarà decisiva per il destino di Putin, che in caso di raggiungimento veloci dei propri obbiettivi potrà contare sul rafforzamento interno della propria posizione, in vista anche delle elezioni del 2024; in caso contrario, con una guerra che si trascini a lungo, i riflessi disastrosi non ci saranno solo su tutto il paese, ma anche sulla sua leadership.
Ho sempre avuto molta stima di Lavrov, è una persona che mi interesserebbe conoscere. Deve sapere – e capire – molte cose, data la preparazione, il curriculum, la discrezione con cui fino ad ora è riuscito a farsi ascoltare da Putin.
Purtroppo tutte le informazioni che abbiamo riguardo a Putin sono mediate dalla propaganda: è difficile capire quali siano i suoi reali interessi, quanto il suo potere, cosa possa e voglia realmente fare.
Come scrive Sergio Romano ha tenuto a bada gli oligarchi più famelici che, a seguito della dissoluzione dell’ URSS e del fantoccio Eltsin , stavano impossessandosi di ogni ricchezza un tempo dello stato. Ha ridato speranza ed orgoglio ad un grande popolo umiliato, impoverito e deriso dal crollo sovietico, cerca di ridare lustro ad un impero che fu.
Giusto? Sbagliato? Certo dipende sempre dalla parte dalla quale tutto si guarda.
Non ho mai amato le rivoluzioni, che finiscono sempre nelle mani di un dittatore, ma non posso mai dimenticare la frase di Mao che lessi quando ero piccola “Ho iniziato la grande marcia quando ho visto il mio popolo mangiare le cortecce degli alberi”.
Ero davvero piccola, e non ricordo dove e come la lessi, ma questa frase mi colpì molto e non l’ ho mai dimenticata.
Prima di giudicare un personaggio politico di qualunque tipo e nazionalità mi ha insegnato non solo a giudicare ciò che è successo ” dopo”, ma a rendermi conto di cosa succedeva “prima”. In questa prospettiva spesso i giudizi cambiano.
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Giancarlo Selmi
Putin è l’unica mer*a? Non è così.
Facciamo un poco di ordine.
Da quasi 60 anni un paese indipendente, Cuba, è sottoposto per colpa di un embargo infame, a sofferenze indicibili. È sopravvissuto fino ad ora, per l’immensa forza e capacità di sofferenza di quel degno popolo. Il motivo di tanta cattiveria? Aver osato aderire al “Patto di Varsavia” pur avendo le sue coste a 90 miglia dagli USA. Non è stato invaso dai nordamericani solo perché Kennedy si impegnò per iscritto durante la crisi dei missili e la firma di quell’impegno, preteso da Kruscev, impedì la terza guerra mondiale.
Gli USA organizzarono e compirono un’invasione armata a Panama, in 35 millesimi di secondo. Nessuno ebbe nulla da eccepire.
Tutta la parte sud degli USA, a cominciare dalla California fino alla Florida, è il premio di annessioni territoriali, ottenute anche e soprattutto, con l’aiuto delle armi.
Israele, motivato ed appoggiato dagli USA, occupò ed annesse, tutti i territori confinanti, dalle alture del Golan al Sinai, aumentando il proprio volume territoriale ed insediando i coloni. Il motivo? La creazione di un “cuscinetto” di sicurezza con i paesi arabi confinanti. Nessuno ci vide nulla di male.
La guerra del Kossovo venne scatenata dagli americani, per difendere la minoranza etnica degli albanesi in Serbia. Il paese balcanico fu aggredito e bombardato da americani ed alleati (inclusa l’Italia) e fu privato di una parte del suo territorio. L’attuale Repubblica del Kossovo.
L’Ucraina ha una importante presenza etnica russa in Crimea e nel Donbass. In quei territori l’etnia russa è maggioritaria. Però ciò che valeva per il Kossovo, evidentemente non vale per i russi.
Gli accordi di Helsinki fra Reagan e Gorbaciov, escludevano categoricamente un allargamento ad est della NATO. Questo tema è ancora presente in tutte le conversazioni fra USA e Russia ed è un tema non negoziabile. Eppure tutto ciò non ha impedito agli USA di fare entrare nella NATO tutti i paesi baltici. E non impedisce agli USA di voler favorire l’ingresso dell’Ucraina nella stessa NATO.
Doppia, tripla, quadrupla morale con incluso triplo salto mortale e carpiature varie. Ciò che vale per i nostri alleati nordamericani non vale per gli altri. All’origine delle guerre, tutte, ci sono sempre motivi espansionistici ed economici. Varrebbe la pena chiedersi: se le regole che gli USA si assegnano valessero pure per gli altri, saremmo giunti a questo punto? Credo di no.
Questa guerra si poteva evitare e Biden non ha meno colpe di Putin. E sono ambedue la stessa, identica mer*a.
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https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/02/22/ricordiamo-andrea-rocchelli-assassinato-dai-fascisti-di-kiev-0146853
Forse non tutti si sono messi a leggere del perché questa guerra sia iniziata e non si sono mai sforzati di informarsi al di fuori di quello che la tv racconta ma gli USA, come sempre, hanno fatto la loro sporca parte. Tutto comincia nel 2014, quando è stato fatto un colpo di stato in Ucraina sostenuto dagli Stati Uniti, con Biden agli esteri e la Clinton alla difesa, e comandato da gruppi neonazisti quali il Battaglione Azov e il Pravy Sector. L’Azov è guidato da Andriy Biletsky, un militare noto con l’appellativo di “Führer bianco” e sostenitore della purezza razziale della nazione ucraina. Il Battaglione Azoz è oggi un partito politico e un reggimento di forze speciali inquadrato nella Guardia nazionale e addestrato da istruttori NATO, che ha mantenuto le insegne che ricalcano gli emblemi delle Ss naziste sopra al cosiddetto sole nero, un altro simbolo caro a Hitler. Dopo il colpo di stato sono subito state emanate leggi antirusse che hanno portato a persecuzioni di ogni genere a civili russi in terra Ucraina. I dati OSCE (non russi, bensì europei) parlano circa di 14.000 morti fra civili e militari nel Donbass in 7 anni. Nel 2014 c’è stata la strage di Odessa, presso la Casa dei Sindacati, dove manifestanti pacifici che si opponevano al nuovo governo si erano rifugiati a seguito di scontri, linciaggi e violenze avvenuti in piazza da parte dei neonazisti e dove morirono 48 persone tra impiegati della Casa dei Sindacati, manifestanti contrari al nuovo governo, o favorevoli al separatismo, simpatizzanti filo-russi e membri di partiti di estrema sinistra. Poi è arrivato Trump, l’Ucraina è rimasta da sola (in quanto a lui non interessava) e le promesse fatte dagli USA negli anni precedenti non sono state mantenute. Gli scontri sono temporaneamente terminati e hanno portato agli accordi di Minsk, che prevedevano il riconoscimento da parte dell’Ucraina delle repubbliche del Dombass come regioni a statuto speciale. Purtroppo gli accordi non sono mai stati attuati e nessun politico, nonostante le pressioni russe per attuarle, le ha fatte mettere in atto. Si arriva così all’elezione di Biden, il cui figlio, Hunter, ha diversi gasdotti e affari milionari in Ucraina tramite la Burisma Holdings. Biden ha chiesto l’ingresso nella Nato dell’Ucraina, inaccettabile per la Russia. Inaccettabile perché i missili sarebbero puntati a 300 km da Mosca. Missili che sarebbero anche puntati su Pechino, da qui gli accordi tra Cina e Russia che ha portato alla stipulazione di contratti sul gas altissimi. Da dicembre Zelensky, pompato dagli Stati Uniti e con la promessa di aiuti militari, ha ripreso a bombardare di nuovo il Donbass. Purtroppo però nessun aiuto è arrivato e siamo a dove siamo oggi. La Russia si è seduta più volte al tavolo internazionale cercando un accordo politico ma nessuno ha mai voluto trattare, ribattendo che l’Ucraina ha diritto di entrare nella Nato. La Russia ha offerto di demilitarizzare l’Ucraina e farlo diventare uno stato cuscinetto fondamentale per il transito di gas e di merci, ma privo di armi. Gli è stato risposto di no. Su 30 richieste di Putin sono seguiti 30 no.
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