Da dottori in renzologia con pubblicazioni scientifiche all’attivo, ci sembra che la “lettera al figlio” messa agli atti del processo a Tiziano Renzi per bancarotta sia stata un po’ sottovalutata; invece è una miniera di riferimenti a quella antropologia di provincia […]

(DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano) – Da dottori in renzologia con pubblicazioni scientifiche all’attivo, ci sembra che la “lettera al figlio” messa agli atti del processo a Tiziano Renzi per bancarotta sia stata un po’ sottovalutata; invece è una miniera di riferimenti a quella antropologia di provincia disegnata dalla classe dirigente di giovanotti toscani, con relativi babbi, che innamorò analisti e psicoanalisti, giornalisti e imprenditori. Non vogliamo infierire su un padre, già avere quel figlio dev’essere dura, e i guai giudiziari se li vedranno loro; ma il conflitto famigliare, con relativi giudizi morali del padre sugli amici e quindi ministri e collaboratori di Renzi, è utile a decifrare ulteriormente quel fenomeno italiano che è stato il renzismo. Naturalmente i renziani (e altri di destra) strillano alla violazione della privacy (Renzi è il solito ottimista: pensa che qualcosa possa ancora minarne la reputazione), ma vedete voi se non è interessante questa silloge (non riportiamo gli scoramenti privati del signor Tiziano).
“A fronte… della banda bassotti (Bianchi, Bonifazi, Boschi) che hanno davvero lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi io sono stato quello che è passato per ladro prendendolo nel culo”, scrive Tiziano. Bianchi, presidente dell’associazione Open (accusato di finanziamento illecito e corruzione); Bonifazi, tesoriere del Pd (a processo per finanziamento illecito alla fondazione Eyu); Boschi (accusata di finanziamento illecito per Open), ministra, che voleva firmare una modifica della Costituzione col sostegno di Verdini, (ex?) amico del padre: paragonati ai tre malviventi di Paperopoli con la mascherina da ladro e la targhetta col numero di matricola carceraria. Non dovrebbe essere rilevante che quei giovani freschi, entusiasti, che volevano cambiare l’Italia (così li ritraevano i giornali in quei mesi gagliardi) erano considerati dal padre del loro capo un’accolita di trafficoni sleali, interessati, persino loschi? In che modo hanno lucrato “senza ritegno” alle spalle del presidente del Consiglio? Cos’hanno ottenuto in cambio della loro finta fedeltà?
Intanto uscivano le carte Consip: La Ve rità riferiva che Tiziano andava a parlare nel boschetto di ulivi per non essere intercettato, mentre Matteo al telefono con lui lo accusava di essere un bugiardo, poi però lo invitava a mentire ai magistrati in merito a un convegno al Four Season in compagnia di imprenditori tra cui forse Romeo (“Non dire che c’era mamma altrimenti interrogano anche lei”). Nel marzo 2017 ci fu il proliferare di babbi toscani sui giornali, ritratti nei circoli Pd, in pellegrinaggio a Medjugorje o a fare “braciate” in giardino con alti generali dell’Arma. Memorabile il padre di Luca Lotti, che interpellato dal Corriere a Montelupo fiorentino chiariva: “Anche io sono un babbo, ma credo di non essere minimamente messo allo stesso pari di altri babbi”, riferendosi forse a Tiziano, forse a babbo Boschi. Intanto Matteo gridava alla “gogna mediatica” e a Otto e mezzo disse che il padre, se colpevole, avrebbe meritato il doppio della pena. Tiziano gli dice che vuole querelare i giornali: “Tutta questa campagna di stampa orchestrata in sintonia dal falso quotidiano alla verità alla sette ha… creato un’immagine distorta della nostra azienda”. Con lo stesso senso della realtà (e dell’umorismo) del figlio, credeva che gli articoli riguardanti le indagini a carico del padre del presidente del Consiglio per presunte interazioni illecite coi vertici Consip (la centrale acquisti della Pubblica amministrazione) fossero una campagna tesa a screditare le sue aziende. Il figlio sosteneva invece che attraverso il babbo si voleva colpire lui. Si intravede l’antica lotta tra padre e figlio per il potere: “Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te”. Intanto emerge chi era il vero spin doctor di Renzi: “La gente è stufa dei signor no a prescindere”, scrive Tiziano; “Basta a chi dice no a tutto”, diceva Matteo. Tiziano lo invitava a epurare la minoranza Pd: “Democrazia non è anarchia. Se tu dessi un segnale cacciando coloro che minano all’immagine del partito con continue dichiarazioni di distinguo… Occorre depurare il Pd”. Matteo, mentre alla Leopolda si levava il coro “Fuori, fuori!”, minacciava il “lanciafiamme” e attaccava “i teorici della ditta quando ci sono loro e dell’anarchia quando ci sono gli altri”.
Chiudiamo volando in alto. Il prof. Recalcati, psicoanalista simpatizzante del renzismo, faceva diagnosi di “masochismo, conservatorismo e paternalismo” a chi votava No al referendum (20 milioni di persone: una pandemia), mentre Renzi era Telemaco, cioè “il figlio buono”. Noi spiegammo che Renzi era il contrario di Telemaco: garrulo, gaglioffo, circondato da “accoliti”, dove Telemaco è malinconico e solo; violento coi padri laddove Telemaco ne aveva nostalgia; e che semmai era più simile al capo dei Proci, che distrugge la casa dei padri condannandosi al nulla. Chiediamo a Tiziano chi aveva ragione.
Un sinonimo che la dice lunga.
BOMBA di Rignano
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“Non vogliamo infierire su un padre, già avere quel figlio dev’essere dura…”.
Ma anche “già avere quel padre…”.
Comunque, per tutti I pettegoli del blog, i voyeuristi di professione e psicologi d’accatto, amanti della saga di Rignano:
Matteo e Tiziano Renzi, “Edipo a Rignano”: quando la corsa al potere tribalizza la famiglia
di Filippo Ceccarelli
Già le famiglie sono un caos. All’interno di esse i rapporti tra padre e figlio possono degenerare in un coacervo di rancori e sensi di colpa. Se poi a tutto ciò si aggiungono le ambizioni, il potere, gli affari, il clima malsano della provincia e i processi di tribalizzazione in atto nel sistema politico, beh, le famiglie diventano il luogo della tragedia, come i classici greci insegnano, e come i leader di partito non possono permettersi di ammettere. Anzi, di solito sono abili a gestire i loro guai. Hanno stuoli di consiglieri, avvocati, spin doctor che ci mettono una pezza, anche se fin troppo vistosa. Nell’ottobre del 2018 babbo Renzi, allo stremo, comprò una intera pagina del Quotidiano Nazionale, il più venduto in Toscana, con un enorme titolo che diceva: “Oggi dico basta, vendo tutto”. Così cominciava quell’altra sua lettera: “Mi chiamo Tiziano Renzi, ho 67 anni e una meravigliosa famiglia con 10 splendidi nipotini”. Il senso era contenuto in una frase più sotto: “Mi arrendo”.
Ma siccome la politica è una roba atroce e selvaggia – come si dimentica troppo spesso sotto l’abbaglio delle telecamere e dei red carpet – non funziona così, che uno dica: “Non ce la faccio più”. La politica esige sacrifici umani e debitamente famigliari, e fino a quando ci sarà babbo Renzi, quel signore un po’ pasticcione con la barbetta caprina, e fino a quando Matteo figlio continuerà a stare da par suo nell’agone facendo e disfacendo governi, beh, nessuna pagina acquistata sui quotidiani servirà a interrompere il torneo delle perquisizioni, delle rivelazioni, delle intercettazioni, dei pizzini, delle imboscate giornalistiche per strada con crudeli ricadute nell’entertainment. Ecco. La lettera o pseudo-lettera di Tiziano babbo allora indagato, a Matteo figlio da poco sconfitto e disarcionato dal governo, è un documento tragico perché, a differenza di tantissimi altri, reca il crisma e un po’ anche il dannatissimo stigma della verità. Un osservatore politico non ci trova molto che attenga alla vita pubblica e ai destini collettivi, ma sul piano dell’umanità indica una catastrofe in atto e a suo modo rivela di che lacrime grondi e di che sangue la cieca rincorsa verso il comando quando le cose si mettono male – e non occorrono testi sapienziali per confermare che prima o poi, per tutti i potenti, si metteranno male.
Tra le risorse d’ “impiccioneria” che la scomparsa degli ideali e delle culture politiche hanno messo in campo, la psicanalisi, pure orecchiata, offre in questo caso una chiave d’interpretazione che con rispettosa ribalderia potrebbe richiamare un “Edipo a Rignano”. In mancanza di vere competenze si dirà, con un eufemismo, che Renzi e il babbo non sono mai andati troppo d’accordo, il che a prendere sul serio il canone un tempo vincente della rottamazione appariva del tutto coerente. Ma poi il quadro è divenuto quello che qui s’indovina: un figlio lanciatissimo che si sta scavando la fossa e un padre che un po’ vuol fargli capire che ci sa fare pure lui e un altro po’ cerca di approfittare della situazione e combina un sacco di guai.
Chi, con scrupolo degno di miglior causa, ha passato i suoi anni ad appuntarsi parole e paroline, fatti e fattarelli di una politica sempre più incentrata sulle umane debolezze, colloca agevolmente quest’ultimissimo passaggio all’interno di un vasto, straziante, ma ormai tutt’altro che inedito processo di simmetrici risentimenti emersi nelle inchieste; per cui se babbo Tiziano parlava del Giglio tragico come di una Banda Bassotti, Matteo figlio già gli aveva detto che il vecchio giro paterno che andava a Medjugorje era “di merda” e quello nuovo, degli affari, lo faceva testualmente “vomitare”.
In realtà, la pluri-esposizione dei panni sporchi non fa ridere, ma pensare, e anche sperare che passi presto. Quanto al fatto che tutto questo non si dovesse e non si debba sapere, può anche essere. Ma francamente è molto meglio ritrovarsi in quell’altra meraviglia che dice: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
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“Con lo stesso senso della realtà (e dell’umorismo) del figlio, credeva che gli articoli riguardanti le indagini a carico del padre del presidente del Consiglio per presunte interazioni illecite coi vertici Consip (la centrale acquisti della Pubblica amministrazione) fossero una campagna tesa a screditare le sue aziende. Il”
No, ma l’ambiente familiare e la mitomania paterna non hanno influenzato il figlio.
Sono entrambi malati di protagonismo (oltre a tutto il resto, eh!), ma è un caso.
P.s.
Freud è superato… ma a destra a giudicare dall’esperta laureata all’università della SUA vita de noantri.
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“Tiziano andava a parlare nel boschetto di ulivi per non essere intercettato” e poi scrive e lascia una lettera al figlio 5 anni fa
pronta per il momento giusto. Tirata fuori dal CDS e Repubblica per primi , l’abile mossa ha raggiunto lo scopo.
Renzi ” eroe” del giorno su giornali e Tv. Mi dispiace che Travaglio non ha colto l’inganno e si e prestato a leggere mi dicono
la lettera da Floris. Lui è abituato agli attacchi, però questa volta gli arrivano anche da cittadini ” drogati” in coma perenne.
Renzi ha colpito ancora e non è finita ancora.
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Veramente Floris l’ha letta lui e per tre volte (finché ho guardato ).
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Paola, non ho visto la trasmissione , ho letto che è stato Travaglio , comunque questa lettera è stata tirata fuori da giornali vicini a Renzi con uno scopo ben preciso e adesso accusano i magistrati di averla diffusa.
1471481,204Luciano Nobili@lucianonobili·Feb 15
Una magistratura al di sopra di ogni sospetto non fa pubblicare una lettera privatissima tra un padre e un figlio, risalente a cinque anni fa, proprio ieri.
Cioè subito dopo la scelta di @matteorenzi di denunciare i giudici.
Il diritto alla vendetta non è previsto in Costituzione.
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“mi dicono “ lui non lo ha guardato.
Ah ah ah!
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No no, sono sicura.
L’ha letta Floris, ma non solo, l’ha proprio messa a video. E per tre volte.
Ricordi quando mandò in loop il video di Grillo sul figlio? Ecco, così, ma molto meno.
Travaglio l’ha commentata: in realtà lui diceva che la parte letta da Floris non era interessante, ma che la ciccia era in altre parti in cui patlava delle sue società, bancarotta compresa.
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Mamma mia, ma Nobili è veramente un caprone ignorante.
Ma non l’ha mica depositata il magistrato, è stato il giudice.
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Vince questa:
“Renzi è il solito ottimista: pensa che qualcosa possa ancora minarne la reputazione”
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Spinoza?
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Ah, no, scusa… Ho letto prima il commento e poi l’articolo: non avevo visto che è di Daniela Ranieri…
La adoro: ironia feroce, persino più di Travaglio.
La frase è fantastica, ne convengo, sembra proprio “Spinoza” 😆🤣😂
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Tracia concordo, io vorrei sapere quanti in questi anni ipertecnologici scrivano ancora lettere, o magari è una mail, e pare quindi strano che chi parla fra gli ulivi per non essere intercettato scriva poi lettere o mail! Pare poi che in famiglia non esistano momenti di incontro, che so a pranzo di domenica, con le paste, fra gli ulivi per scambiare due chiacchiere, la notte di Natale quando i bravi cattolici vanno a messa….ci vuole la letterina ” caro povero figlio ti scrivo per metterti in guardia dalle cattive compagnie” e tutta l’ Italia a piangere sul nuovo libro Cuore da Rignano, dove fra un singhiozzo e l’ altro si dimentica che l’ autore è a processo per bancarotta fraudolenta di tre aziende, che il figlio ,ex pdc, è rinviato a giudizio per finanziamento illecito, che un componente della banda Bassotti è un ex ministro, che l’ uomo falso da cui prendere le distanze, sarebbe potuto diventare capo di settore delicato per la sicurezza del paese…insomma il figlio si libera dalle cattive compagnie rifilandole ai cittadini, che invece di incazzarsi versano lacrime per la nuova edizione di Pinocchio, dove il burattino di legno, dedito alla menzogna, chiede a babbo Geppetto Tiziano : babbo, babbino voglio diventare anch’io un bambino, un bambino vero! Risponde Geppetto Tiziano : se vuoi diventare un bambino vero allora allontana da te certa gentaglia, mettila nei ministeri, ai vertici del paese, alla presidenza di fondazioni, in parlamento, dove la fatina dell’ immunità potrà coprire ogni misfatto, tuo e loro! Gli italiani si sa amano le novelle e non faranno attenzione ai fatti….
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ma come si fa a leggere articoli di giornalisti al soldo (guinzaglio placato d’oro dei fessi?) di giornaloni nella proprietà di certi padroni, parassitariamente riccastri, che sfruttano e maltrattano quelli che non appartengono alle loro caste?
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@Alessandra
Bellissimo commento geppetto e pinocchio!
hahahha… però mancano na i carabinieri… speriamo arrivino!
Ciaooo!
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