Due dosi più infezione, per la legge italiana, è come tre dosi: si ha diritto al pass rafforzato senza limiti di durata. Eppure la ragazza è stata lasciata di notte in stazione a Pavia […]

(ALESSANDRO MANTOVANI – Il Fatto Quotidiano) – L’hanno fatta scendere dal treno, lasciandola alla stazione di Pavia alle 22 di sabato scorso. Il treno successivo, sempre che riuscisse a prenderlo senza problemi, sarebbe passato la mattina dopo. Il Green pass dava luce rossa, niente da fare. “I controllori sono stati anche gentili, mi hanno solo detto che dovevo scendere altrimenti avrebbero chiamato la polizia. E io non avevo voglia di discutere anche con la polizia”, racconta Anna Fossi, 21 anni, studentessa genovese di Economia internazionale. “È rimasta due ore alla stazione, di notte, mentre andavamo a prenderla in macchina”, protesta sua madre, che l’ha presa anche peggio di lei.

Il bello è che la ragazza, nella sostanza, era in regola. Aveva fatto due dosi di vaccino anti-Covid, la seconda ad agosto, poi è andata nel Nord della Francia per l’Erasmus e lì a fine gennaio si è presa il Covid. Due dosi più infezione, per la legge italiana, è come tre dosi: si ha diritto al pass rafforzato senza limiti di durata, così prescrive l’articolo 1 del decreto legge 5 del 4 febbraio, l’ultimo di una sequela indigesta di provvedimenti incomprensibili a chi non li legga tutti insieme. Nel frattempo, però, il pass italiano è scaduto, almeno risultava per quanto la seconda dose risalisse al 12 agosto e quindi sabato 12 febbraio era proprio il centottantesimo giorno. “In Francia è sempre stato valido, lo usavo per muovermi, ma mi hanno detto che per avere il nuovo certificato dopo la guarigione dovevo andare dal mio medico in Italia – racconta ancora Anna Fossi –. Così ho preso il treno per Bruxelles e poi da lì l’aereo per Malpensa, tutto con un tampone antigenico negativo, gratuito perché ho la tessera sanitaria francese”. Il certificato Covid Ue, che serve per viaggiare all’interno dell’Unione, dura 9 mesi e basta il test negativo. Quello italiano è più stretto, ma solo per gli italiani. Tra i non vaccinati c’è chi vola da Trieste a Cagliari via Parigi mentre gli stranieri vanno al ristorante a Roma con il tampone negativo con cui hanno passato la frontiera.

Per Anna anche da Malpensa a Milano è filato tutto liscio: “Nessun controllo”. Alla stazione centrale ha preso al volo l’Intercity per la Liguria, l’ultimo treno utile che parte poco dopo le 21 ed era in ritardo. “Non ho fatto in tempo a fare il biglietto, quindi appena salita ho cercato i controllori per farlo a bordo. Hanno controllato il Green pass e mi hanno fatto scendere alla prima fermata. Avevo i tamponi francesi, quello positivo e il successivo, negativo”. Forse non si sono fidati leggendo “Ministère de la Solidarité et de la Santé – Fiche de résultat de test virologique de la Covid-19” e poi “positif” e “négatif”? “No no, hanno detto che non volevano neanche vederli. Per loro contava solo il Qr code o al limite un certificato di guarigione”, racconta Anna. “Stanno diventando storie kafkiane anche per i vaccinati, non solo per quelli che chiamano no vax. Senza regoli comuni in Europa come si fa a tornare a casa?”, chiede sua madre.

È ancora più sconcertante, ma hanno tutti ragione, salvo chi scrive norme così astruse. I controllori facevano il loro lavoro. “Noi, per legge, dobbiamo controllare il Qr code. La certificazione cartacea vale solo per chi è esentato dal vaccino per motivi di salute. La ragazza aveva il pass scaduto, non era in regola”, spiegano da Trenitalia. Le macchine infernali quando le metti in moto ti portano ben al di là delle intenzioni dei singoli ingranaggi. “Aveva dei documenti, è inaccettabile che le dichiarazioni di un cittadino non valgano nulla”, dice la madre di Anna. C’è il rischio di frodi, spiega chi difende il Qr. Come se non ci fosse un mercato di Qr fasulli.

A volte prevale il buon senso: “Un mio amico, che era in treno per andare a fare la terza dose, non l’hanno fatto scendere perché ha fatto vedere l’appuntamento”, dice la studentessa ligure. Che ora, con quei referti dei tamponi in francese, ha un altro problema: “Il medico mi ha detto che forse non valgono per il Green pass. E poi ho fatto solo sei giorni di quarantena tra il test positivo e quello negativo”. Se così fosse si troverebbe come migliaia di guariti recenti, costretti a fare il booster subito dopo l’infezione, nel pieno dell’immunità naturale, con il rischio di farsi qualche altro giorno a letto se non peggio, solo perché non sono riusciti a fare un tampone, o il sistema Green pass non l’ha registrato, o i tamponi non si trovavano come è successo, sotto Natale, in Lombardia e non solo.