
(Liana Milella – repubblica.it) – Bonafede “Chi va in politica perde l’immagine di terzietà ma non vogliamo punizioni”
«L’impianto è quello della mia riforma. La nuova legge elettorale, però, non limita le correnti».
«Da ex ministro so quanto è importante nei ministeri il contributo dei magistrati».
D: Leggo su Fb che lei, Alfonso Bonafede, parla di “svolta storica” sul Csm e di “tanto lavoro che continua a dare i suoi frutti”. Parla del suo da Guardasigilli per 3 anni?
R: «lo e il M5S abbiamo lavorato tanto, e con determinazione, per arrivare a questo risultato perché abbiamo sempre pensato che il blocco delle “porte girevoli” fosse un principio di civiltà. Se ne parlava da decenni, e sono orgoglioso di aver inserito questa regola nella mia riforma del Csm, approvata nel governo Conte le confermata in consiglio dei ministri anche nel Conte 2, in piena pandemia. Oggi, dopo qualche tentennamento,gli emendamenti del governo confermano l’impianto originario della mia riforma».
D: L’M5S è sempre stato dalla parte dei magistrati. Perché, per le “porte girevoli”, non vuole più fargli rimettere la toga?
R: «La domanda è malposta. In realtà stiamo parlando di una regola che salvaguarda l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Un giudice che decide di dedicarsi alla politica può dare un grande contributo di esperienza e competenza, ma è evidente che a quel punto perde l’immagine di terzietà che è fondamentale nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali. Quindi è giusto che quella toga che entra in politica non possa più tornare indietro».
D: Voi siete stati sul punto di dichiarare guerra anche a questa riforma, dopo la vicenda deII’improcedibilità, perché volevate fuori anche chi assume ruoli di governo senza essere eletto. Una scelta che aveva nomi e cognomi, il caso Garofoli per intendersi. Non è una posizione troppo dura rispetto a chi non si candida con un partito?
R: «Assolutamente no. Voglio chiarire che il M5S non fa mai questioni personali e la riforma si applicherà peri casi futuri, ma mi sembra chiaro che se stabiliamo, per esempio, che un magistrato eletto in Parlamento non possa più tornare a vestire la toga, allora è evidente che la stessa regola debba valere per il magistrato che abbia incarichi di governo e che, quindi, definisce la linea politica del potere esecutivo».
D: Nella tagliola cadono pure i capi di gabinetto. E c’è la stretta sui fuori ruolo. Volete escludere le toghe dal governo del Paese?
R: «La riforma vuole ribadire la centralità della funzione giurisdizionale. Per raggiungere quest’obiettivo, vengono posti alcuni paletti, ma ci tengo adire, da ex ministro, che sono testimone di quanto, in alcuni uffici, possa essere importante il contributo dei magistrati».
D: Non la preoccupa che anche Berlusconi, protagonista di una call prima del consiglio dei ministri con i suoi, nonché Salvini, da sempre anti-toghe, siano d’accordo su questa stretta?
R: «Penso che nessuna forza politica possa sottrarsi a una regola di civiltà fortemente sentita da tutti i cittadini. Tutta la riforma è stata concepita a salvaguardia della credibilità e dell’autorevolezza della magistratura, messa in crisi dalle degenerazioni del correntismo. Quando ho lavorato alla stesura della prima versione della riforma nel 2019 ho pensato non solo agli italiani che hanno bisogno di una giustizia che funzioni bene, ma anche alla stragrande maggioranza dei magistrati che servono il nostro Paese, in alcuni casi anche rischiando la vita. Proprio loro sono indignati dalle manovre delle correnti».
D: Però i giudici già mugugnano per una legge elettorale “del tutto confusa e alla fine inutile”.
R: «Gli emendamenti del governo, per tutta la riforma, lasciano inalterato il mio impianto originario. L’unica parte completamente stravolta è proprio quella del sistema elettorale. Analizzeremo il testo e ascolteremo le audizioni. Ma la mia impressione è che questa legge non sia sufficiente a limitare le logiche spartitorie».
D: È l’annuncio che l’M5S chiederà un’altra legge elettorale?
R: «Lasci perdere gli annunci. La legge elettorale deve essere fatta subito perché a luglio vanno rieletti i togati. Va solo valutata con attenzione, ma senza cercare divisioni a tutti i costi. E dobbiamo anche ammettere che non esistono formule magiche per eliminare le distorsioni del passato. Adesso tocca al Parlamento lavorare con serietà e urgenza proprio come ci ha invitato a fare il presidente Mattarella. E’ il momento di essere coerenti con quegli applausi».
D: A tre anni dal caso Palamara la riforma non è solo punitiva?
R: «Io ho cominciato a lavorare alla riforma prim’ancora che il caso scoppiasse. Quella gravissima e inaccettabile vicenda ha dimostrato solo l’urgenza di una legge di cui si parlava già da anni. Per me la credibilità della giustizia è un valore irrinunciabile per la nostra democrazia».
D: L’attuale Csm scade a luglio. La legge arriverà in tempo?
R: «Io rispondo per l’M5S. E faremo la nostra parte. Spero che gli altri facciano altrettanto».
Bonafede è sempre un grande, per chiarezza di idee e capacità di concretarle e spiegarle
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