Declinato in “voi non sapete chi è papà” dai due rampolli del capo di gabinetto del sindaco Gualtieri fermati dai carabinieri della Capitale in piazza Euclide e multati perché privi di mascherina. Episodio ampiamente sbeffeggiato nelle cronache cittadine, ma su cui torniamo […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Nel nostro presente ritorno al passato (il Mattarella bis, forse anche il proporzionale Prima Repubblica, Gianni Morandi e Massimo Ranieri) affiora, direttamente dagli anni 60, il monito vintage del lei non sa chi sono io.
Declinato in “voi non sapete chi è papà” dai due rampolli del capo di gabinetto del sindaco Gualtieri fermati dai carabinieri della Capitale in piazza Euclide e multati perché privi di mascherina. Episodio ampiamente sbeffeggiato nelle cronache cittadine, ma su cui torniamo incuriositi dalla location (gli eterni, irredimibili Parioli), e dall’imperdonabile assenza di alcuni fondamenti filmici nell’educazione impartita in casa di Albino Ruberti.
Possibile che ai birbantelli non sia stata mai somministrata la visione di quel fondamentale trattato pedagogico che è Il vigile di Luigi Zampa (1960). Con lo zelante agente della stradale, Alberto Sordi-Otello Celletti, che intima l’alt al sindaco che lo ha promosso (Vittorio De Sica), colto in missione segreta presso l’amante, subendone le inevitabili rimostranze. Episodio tratto dalla vita reale: il vigile Ignazio Melone che aveva osato elevare contravvenzione per un sorpasso vietato nientemeno che al questore di Roma, Carmelo Marzano, quanto mai indignato per non essere stato riconosciuto. Purtroppo il Ruberti babbo non era nelle condizioni di impartire agli impertinenti pargoli edificanti lezioni di vita essendo stato a sua volta preso in castagna (anzi in porchetta di tonno e ostriche David Hervé) mentre, il Primo Maggio 2020, pasteggiava con la compagna e gli amici del Pigneto, lontano da casa, e dunque in palese violazione del lockdown. Multato dai tutori dell’ordine ebbe la stessa reazione alla De Sica (ma detta sessant’ anni dopo, degna, diciamolo, di un B-movie).
Intervistato dal Foglio, l’alto papavero capitolino racconta di aver fatto una bella lavata di capo ai monelli, naturalmente dopo aver pagato i 600 euro di multa. Poi “si congeda con gentilezza e torna al lavoro”. Infatti,“ a giorni ci sarà un’infornata di nomine”. Un linguaggio commestibile che si addice alla giunta Gualtieri che in quattro mesi dalla nascita non ha ancora dato tangibili segni di vita. Se non trattare febbrilmente posti e poltrone e attribuire le proprie manchevolezze alla “macchina ferma”, all’“abbiamo trovato cose incredibili”. Insomma, l’eterno scarico della monnezza su “quelli che c’erano prima”. Con il rischio, un giorno, chissà, di ritrovarsi a dire: lei non sai chi ero io.
tutto nella norma, mi sembra
‘aridatece la puzzona!!!
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Egregio Adriano59, nel “lei non sa chi sono io” cadde anche Eugenio Scalfari, si, quello di Repubblica. Fu sorpreso il 31 marzo 1971 a Milano dal vigile Gianfranco Baroni a guidare con la patente scaduta di validità. Così replicò : ” lei non mi ritira un bel niente, anzi, sarebbe meglio che facesse una cura ricostituente invece di fare contravvenzioni, lei etc., io sono l’onorevole Scalfari “. Era, infatti, eletto nel PSI.
FONTE:
Guida ai misteri e ai piaceri della politica
Autori:
Gianfranco Finaldi Massimo Tosti
Ed.Sugar, Milano, 1974
Un saluto
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paolo diamante Roma
ricordavo qualcosa del genere infatti…
“tutto nella norma”
il fatto che tu citi riguarda uno dei tanti scandali e trame oscure italiani:
Nel 1967 Scalfari pubblica con Lino Jannuzzi l’inchiesta sul SIFAR che fa conoscere il tentativo di colpo di Stato chiamato piano Solo. Il generale De Lorenzo li querela e i due giornalisti vengono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclusione, mentre il PM Vittorio Occorsio ne chiedeva l’assoluzione poichè era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di Stato.
Il Partito Socialista Italiano li candida così alle elezioni politiche del 1968 così Scalfari e Jannuzzi evitano il carcere grazie all’immunità parlamentare grazie al segretario MANCINI. Ecco come è diventato parlamentare.
Vittorio Occorsio MAGISTRATO che indagò anche sulla strage di PIAZZA FONTANA e la loggia massonica P2, fu ucciso il 10 luglio 1976 a Roma da una combinazione di fascisti, massoni italiani e stranieri, malavita organizzata e servizi segreti
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