
(Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini – corriere.it) – Comincia domani la nuova fase di uscita graduale dalla pandemia da Covid-19, con le riaperture e gli allentamenti previsti dal governo. Ecco il calendario delle nuove regole.
7 febbraio – Green pass
La scadenza delle certificazioni verdi Covid-19 rilasciate dopo la terza dose è illimitata, non sono richieste ulteriori vaccinazioni. Al regime di chi si è sottoposto alla terza dose è equiparato chi, dopo il completamento del ciclo primario, ha contratto il Covid ed è guarito. Il green pass rilasciato a chi ha avuto il virus e in seguito ha fatto due dosi vale invece sei mesi. Per ottenere la validità illimitata bisogna sottoporsi alla terza dose. Chi ha fatto due dosi ha il green pass valido sei mesi.
Il green pass «base» si ottiene dopo un tampone negativo e dura 48 ore se il tampone è antigenico, 72 se è molecolare.
Con il «base» si può entrare nei negozi (non serve per generi alimentari, farmacie, ottici, articoli per animali, distributori di carburante) e andare al lavoro, sempre che non si sia sottoposti a obbligo vaccinale.
Per gli over 50, per i quali è scattato l’obbligo vaccinale, basta avere la prima dose per poter accedere al luogo di lavoro, ma poi bisogna rispettare i richiami.
Il green pass «rafforzato» viene rilasciato dopo la vaccinazione completa o la guarigione ed è necessario per ristoranti e bar al chiuso e all’aperto, attività sportive, luoghi dello spettacolo (cinema, teatri, sale da concerto), mezzi di trasporto (treni, aerei, navi), trasporto pubblico locale (bus, metropolitane), musei e mostre, centri benessere, sale giochi.
Stranieri in Italia
Il nuovo decreto risolve il problema di chi arriva da uno Stato estero e vuole soggiornare in albergo, andare a sciare o partecipare a un evento (sfilate, etc). Chi è guarito — o si è vaccinato con un siero riconosciuto come equivalente in Italia — da più di sei mesi, può accedere ai servizi e alle attività per i quali è previsto il green pass rafforzato facendo un test antigenico rapido (validità 48 ore) o molecolare (validità 72 ore). Questo vale anche per coloro che hanno effettuato vaccinazioni con sieri non autorizzati o non riconosciuti come equivalenti in Italia.
Scuole e quarantene
Il governo ha chiarito che il periodo di quarantena di cinque giorni si applica anche agli studenti che «alla data del 5 febbraio 2022 siano già sottoposti a tale misura senza che questa sia ancora cessata, ovvero che si trovino in quarantena da almeno cinque giorni. Resta fermo che la cessazione della misura è condizionata all’esito negativo di un test antigenico rapido o molecolare eseguito alla scadenza di detto periodo».
Le nuove norme obbligano le scuole a rivedere le misure in corso. Le lezioni continuano in presenza fino a quattro casi di positività in classe. Quindi, se in una classe di scuola primaria con quattro o meno contagi era scattata la Dad nei giorni scorsi, domani 7 febbraio si torna a scuola con l’utilizzo delle mascherine Ffp2.
Zone rosse
Il nuovo decreto ha eliminato le restrizioni delle zone rosse per chi è in possesso del green pass rafforzato.
11 febbraio – mascherine
La mascherina all’aperto non sarà più obbligatoria. Resterà obbligatoria al chiuso con differenti modalità. Nei bar e nei ristoranti va indossata soltanto quando ci si alza dal tavolo. Nei cinema e nei teatri va indossata sempre. Nelle palestre e nei centri sportivi, soltanto quando si sta nelle aree comuni e si può togliere quando si fa attività sportiva. Su treni, aerei, navi e su tutti i mezzi del trasporto pubblico locale è obbligatorio indossare le Ffp2. I contatti stretti dei positivi con terza dose da meno di 120 giorni non fanno quarantena, ma devono indossare per dieci giorni la Ffp2 e rispettare l’autosorveglianza.
Riaprono le discoteche anche per ballare, ma si entra solo con il green pass rafforzato, quindi guariti o vaccinati. Se la discoteca è al chiuso è obbligatoria la mascherina, tranne quando si sta in pista a ballare. Il limite di capienza non può essere superiore al 75% all’aperto e 50% al chiuso rispetto a quella massima autorizzata.
15 febbraio – obbligo vaccinale
Gli over 50 anni che lavorano dovranno dimostrare di aver effettuato almeno la prima dose di vaccino. Oltre alla multa di 100 euro prevista per chi non è in regola ci sono altre sanzioni: sospensione dal lavoro senza retribuzione e multa da 600 a 1.500 euro se si è colti sul luogo di lavoro senza green pass rafforzato. In caso di reiterata violazione la sanzione è raddoppiata. Chi deve controllare rischia la multa da 400 a 1.000 euro.
31 marzo – stato di emergenza
Se la curva dei contagi continuerà a piegarsi, il governo è orientato a decretare il 31 marzo la fine dello stato di emergenza. In questo caso ci saranno dei cambiamenti nella gestione della pandemia. Le aziende dovranno ridiscutere gli accordi per lo smart working. La struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo agirà in regime ordinario, oppure dovrà essere fatto un decreto per assegnare poteri straordinari allo stesso commissario o alla Protezione civile.
15 giugno – fine obbligo vaccinale
Scade l’obbligo vaccinale per tutte le categorie di lavoratori: personale sanitario e dipendenti esterni delle Rsa, personale scolastico, forze dell’ordine.
“Al regime di chi si è sottoposto alla terza dose è equiparato chi, dopo il completamento del ciclo primario, ha contratto il Covid ed è guarito. Il green pass rilasciato a chi ha avuto il virus e in seguito ha fatto due dosi vale invece sei mesi. Per ottenere la validità illimitata bisogna sottoporsi alla terza dose.”
Tutto ciò in base a quale evidenza scientifica?
I guariti hanno un’immunità solida e duratura.
Senza bisogno di vaccini (aumentano la protezione solo di pochi punti percentuali).
Questo dice la scienza.
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Siete più al sicuro se frequentate dei terrapiattisti novax, ma guariti dal covid.
Piuttosto che persone con 3 dosi di vaccino.
Il prof. Galli lo sa.
Non si mettono fuori dal gregge le pecore con la migliore immunità.
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Ho scoperto su Facebook un’autentica perla che mi ha compensata del disagio di leggere su infosannio post privi di educazione e di intelligenza ma buoni solo all’insulto, alla derisione, alla supponenz, alla vanità egocentrica e asinesca. Spero andiate a leggerla su Facebook perché è nettamente superiore a qualunque articolo della cosiddetta stampa ufficiale.
Zory Petzova
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Dopo gli innamoramenti della “sinistra antagonista” nei confronti del lockdown, poi del vaccino e poi del Green pass, accolti come antidoto non solo alla Covid, ma soprattutto all’individualismo liberale (poco importa se si tratta di misure repressive e totalitarie), è arrivato il turno dell’ultima perversione ideologica – quella di invocare la sospensione delle cure gratuite per i non vaccinati. Il trend è stato lanciato dall’anestesista dell’ospedale di Cremona Mario Riccio, secondo cui, mentre prima del vaccino la contesa dei posti nelle TI veniva risolta a favore di chi aveva più possibilità di farcela, ora il criterio cambia a favore dei meritevoli, cioè dei vaccinati, anche se dovessero avere un’età molto avanzata e fattori di rischio importanti, perché, secondo l’anestesista, “dare più chance a chi può farcela significherebbe mettere i no vax davanti ai vaccinati”. Siamo di fronte a una logica e un triage etico agghiaccianti, che hanno confluito nelle ultime altrettanto incresciose restrizioni delle attività dei non vaccinati.
L’ennesimo estremismo pseudo-medico ha trovato subito sponda politica in un personaggio “insospettabile”, di solito prudente a rivelarsi senza i filtri dell’ipocrisia, alias Pierluigi Bersani, che giustifica la propria avversione per i no vax con il voler dare precedenza ai malati di tumore, ignaro del fatto che i vaccini sono controindicati proprio per i malatti oncologici. Lo stress emergenziale inizia a fare brutti scherzi anche a quelli che lo gestiscono. Ma il nervosismo di Bersani è comprensibile, visto che il suo pupillo, Roberto Speranza, cammina sul tetto incandescente di gravissime menzogne e abusi istituzionali che vengono allo scoperto. Di qui a poco tempo, Speranza potrebbe essere chiamato a svolgere il ruolo del capro espiatorio unico per i delitti dei due governi di cui ha fatto parte, ma anche per i reati affaristici dei presidenti delle Regioni leghiste, che, dopo aver soffiato sul fuoco dell’emergenza Covid, sarebbero capaci di spacciarsi per innocenti. Fra qualche mese potrebbe venire meno l’impalcatura della finta unità dell’edificio politico-parlamentare, il che farà generare fra i vari partiti uno scaricabarile senza fine.
La verità è che i criteri terapeutici selettivi erano già in uso, prima che tra vaccinati e non vaccinati, tra cittadini altolocati e cittadini comuni, come dimostra la storia dei monoclonali, i quali, nonostante siano stati acquistati in quantità abbondanti, sono stati usati pochissimo in fase iniziale d’insorgenza dei sintomi (solo su 2% dei positivi), e in seguito sono stati riservati come cura domiciliare solo a pochi (vedere il caso Galli). Il sentimento comune va ormai ben oltre la consapevolezza degli enormi tagli alla Sanità, fatti negli ultimi 10 anni, in quanto c’è la netta percezione che i protocolli terapeutici abbiano poco a che vedere con la medicina, bensì con un’ambigua volontà politica, che si copre con la competenza di un Comitato tecnico-scientifico di burocrati sanitari nominati dallo stesso governo. Fatto sta che vi è una diffusa tendenza di sottrarsi ai medici aderenti ai protocolli del governo, perché gran parte delle persone ha capito che è molto più sicuro curarsi da soli, con i soliti antibiotici e cortisone che fino a due anni fa quelli stessi medici somministravano senza problemi. La corsa a procurarsi l’azitromicina, un farmaco screditato dall’AIFA come rimedio anti-covid, fa capire come la pubblica opinione abbia intuito le giuste cure: una prassi che ha reso illegittimo il sinistro protocollo ministeriale della “tachipirina e vigile attesa”, prima ancora che la recente sentenza del TAR di Lazio lo dichiarasse nullo. Ed è proprio grazie alla messa in pratica dei protocolli non ufficiali che, in un mese critico per le malattie infettive come gennaio, le terapie intensive segnano un tasso di occupazione sotto i 20%, anche se ciò non impedisce ai media politicizzati di perpetuare l’emergenza e di riavviare il gioco delle Regioni a colori.
Certe derive non sono solo l’effetto di perversioni ideologiche, ma di uno stato di suggestione, come quello che solo una bolla finanziaria può provocare: il denaro non riesce a comprare tutti, ma a suggestionare tutti sì. Non è un caso che la Covid continua a essere un’emergenza prevalentemente nella Zona Euro, mentre il resto del mondo si avvia verso il suo superamento. Dobbiamo chiederci: come hanno fatto i governi, pur di alimentare l’emergenza sanitaria, a rinunciare con tanta disinvoltura ad un 10% del PIL e al relativo gettito fiscale per esattamente due anni? La risposta, che è mancata fra le notizie sulle prime pagine di giornali e Tg, è che nel marzo del 2020 la BCE aveva avviato il PEPP (il piano straordinario di acquisti di titoli pubblici e privati) per l’emergenza pandemica nella zona Euro: 750 miliardi subito nel 2020 e 1850 miliardi nel 2021. Il PEPP è un Quantitative Easing all’ennesima potenza. Si tratta di debiti contratti con la BCE, denaro che quest’ultima ha creato dal nulla, cui i governi sperano di non dover restituire mai. La quota d’Italia del PEPP è di circa 160 miliardi, la più alta fra i paesi comunitari. Come si è sottolineato in altra sede, le misure restrittive e le perdite economiche sono state possibili grazie a questo stupefacente Quantitative Easing, accompagnato alla digitalizzazione: sono i due strumenti che hanno cambiato la psicologia dei governi, fino al punto che questi si sono illusi di poter fare a meno dei proventi del fisco, per cui hanno agito come se potessero fare a meno dell’economia e persino del popolo, ridotto a cavia per esperimenti sociali. Solo in tempi di Quantitative Easing poteva affermarsi la frase demenziale che “la salute è più importante dell’economia”, come se l’economia non fosse ugualmente primaria per la sopravvivenza degli esseri umani.
L’emergenza ha coinciso con una pioggia di liquidità monetaria che ha consentito ai governi Conte/Draghi non solo di sopperire alla diminuzione del gettito fiscale, ma di investire in una politica di potenza, finanziando i nodi più strategici, fra cui media, forze dell’ordine, esercito. Mentre i media cercavano di distrare l’opinione pubblica con dibattiti su un Recovery Fund piuttosto magro, era in realtà il PEPP della BCE a gonfiare i sogni di grandezza dell’establishment italiano, che ha investito il denaro non secondo la logica del benessere sociale (sanità, scuola, ambiente, inclusione), ma esclusivamente in una prospettiva di pressione e controllo sociale. In tal senso, non dovrebbe sorprendere il fatto che tra il 2020 e il 2021 il governo abbia registrato il maggiore aumento nella storia italiana della spesa militare (circa 20% rispetto a prima della pandemia). Lo stesso Green pass non è altro che un progetto di militarizzazione sociale, che parte dal campo fiscale per coprire successivamente ogni aspetto della vita. Ma visto che nel mese di marzo il PEPP si concluderà, lo Stato dovrà ritornare a contare sul vecchio sistema del gettito fiscale, aumentandone la pressione. Con un’economia indebolita, però, potrebbero prevalere le spinte per il commissariamento del paese, ossia quello che è stato il modello greco. Il paradosso è che sia il QE che quest’ultima prospettiva sono fra le competenze massime di quello che probabilmente sarà il nuovo Presidente della Repubblica.
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