
Il discorso di ieri di Sergio Mattarella ha chiuso definitivamente la partita per il Quirinale. I partiti si sono affidati al bis del Capo dello Stato e hanno messo in sicurezza il Paese per i prossimi 7 anni. Ma le polemiche sulle trattative per la partita del Colle non sono mai finite e le conseguenze sono le enormi spaccature interne che si sono create. Oltre a quella nel centrodestra, ormai sempre più diviso, c’è anche la questione Conte-Di Maio all’interno del M5s, con l’ex premier che ha chiesto al ministro degli Esteri di avere un chiarimento pubblico.
Proprio le parole del leader dei grillini – si legge sul Corriere della Sera – hanno fatto emergere un retroscena che ha del clamoroso. “Se il nome della Belloni è rimasto sul tavolo fino a venerdì sera, è perché aveva superato il vaglio di tutti». La sua affermazione è sorprendente, perché lascia intendere che l’accordo non si limitava alla sfera dei partiti. “Si stava per chiudere. Anzi era di fatto chiusa. Poi c’è stato un fuoco di sbarramento di esponenti politici e ministri: Renzi, Guerini. E purtroppo anche Di Maio. Non so… Magari all’inizio a palazzo Chigi ritenevano che la candidatura della Belloni fosse impercorribile. Magari si sono resi conto dopo che l’operazione potesse realizzarsi e scombinare i piani di Draghi. “Andrebbe indagato per capire meglio. Di certo venerdì notte è iniziata la bagarre contro la Belloni“.
La versione di Conte: sbarramento dal governo contro Belloni
La candidatura dell’ambasciatrice e capo dei Servizi Elisabetta Belloni sostenuta fino alla notte di venerdì quando si è scatenata una bagarre

(di Francesco Verderami – corriere.it) – Conte è un formidabile incassatore, perciò non sorprende se resiste sulle sue posizioni anche quando tutto (o quasi) gli è avverso. Compreso il risultato. È il caso della candidatura al Colle del capo dei Servizi su cui l’ex premier si è soffermato l’altra sera, vigilia del giuramento di Mattarella in Parlamento: «Peccato. L’ambasciatrice Belloni è donna di grandissima levatura che sarebbe stata apprezzata dal Paese. Parla cinque lingue, è uno dei massimi esperti di politica internazionale, con una conoscenza dei dossier che molti ministri non hanno».
La Belloni è la soluzione che il capo del Movimento ha coltivato e sostenuto fino alla notte di venerdì, quando «si è scatenata una bagarre» a causa della precipitazione con cui il segretario della Lega ha annunciato ai media che si stava puntando «su una donna» per il Quirinale: «Salvini… Avesse subìto meno la pressione delle telecamere…». Perché fino ad allora il disegno di far eleggere la guida del Dis alla presidenza della Repubblica «non aveva registrato ostacoli particolari. Era un’operazione costruita davvero bene, insieme a Letta», leader del Pd. E non solo. Secondo la versione che propone Conte, «pure Speranza era d’accordo: diceva di avere delle resistenze interne a Leu, e che però sarebbe riuscito a superarle». Ma non basta, l’ex premier sottolinea come il fronte del consenso fosse assai più ampio, nonostante nei giorni precedenti — alle prime indiscrezioni — si fossero levate voci di dissenso tra i democratici e i centristi, che sembravano aver posto fine alla faccenda.
«Non era così». Ed è il modo in cui rafforza questo concetto che stupisce: «Se il nome dell’ambasciatrice è rimasto sul tavolo fino a venerdì sera, è perché aveva superato il vaglio di tutti». Quel «tutti» è la porta che si apre su risvolti inediti e non ancora chiari della trattativa sulla Belloni. Come indirizzasse la luce di una torcia, con il suo resoconto l’ex premier illumina probabilmente solo alcuni punti della scena. Ma la sua affermazione è sorprendente, perché lascia intendere che l’accordo non si limitava alla sfera dei partiti. «Si stava per chiudere. Anzi era di fatto chiusa. Poi c’è stato un fuoco di sbarramento di esponenti politici e ministri: Renzi, Guerini. E purtroppo anche Di Maio». In effetti il giorno prima il ministro degli Esteri, aveva pubblicamente invitato i leader impegnati nella trattativa a non bruciare «un alto profilo» come la Belloni. Però non si era opposto, purché su quel nome convergessero anche gli altri partiti.
Accostare Guerini e Di Maio, considerati favorevoli all’elezione di Draghi al Colle, non deve essere casuale. Infatti non lo è. Perché Conte sposta la torcia: «Non so… Magari all’inizio a palazzo Chigi ritenevano che la candidatura della Belloni fosse impercorribile. Magari si sono resi conto dopo che l’operazione potesse realizzarsi e scombinare i piani di Draghi. Pare che a palazzo Chigi si stessero preparando per entrare in campo sabato, che fosse pronta la procedura di avvicendamento, che la data del giuramento per il Quirinale fosse già stata fissata per mercoledì». Il capo del Movimento toglie la spoletta e lascia che l’ordigno deflagri: «Andrebbe indagato per capire meglio. Di certo venerdì notte è iniziata la bagarre contro la Belloni». L’avvocato del popolo respinge le obiezioni sul fatto che il capo del Dis non possa salire al Colle: «Negli Stati Uniti fior di presidenti provengono dall’intelligence», per quanto alla Casa Bianca ci si arrivi dopo aver vinto le elezioni. «E comunque nessuno aveva avuto da ridire quando il nome della Belloni era circolato come possibile premier. La verità è che hanno usato questa motivazione solo per affossare la sua candidatura». Della successiva telefonata con Letta, quando il progetto è ormai fallito, si conosce solo l’incipit di Conte: «Mi state prendendo per il (biiip)?». E non si conosce nemmeno chi sia stato il regista, chi abbia cioè suggerito di puntare sull’autorità che controlla i Servizi, diciamo.
Piuttosto il capo dei grillini ritiene necessario un «chiarimento pubblico» con Di Maio, che nel racconto appare come una sorta di sabotatore. Lo s’intuisce dal modo in cui — intervistato su La7 — l’ex premier ieri ha specificato che il contrasto con il ministro degli Esteri non è «una questione privata tra me e lui», semmai «va a toccare punti centrali: l’essere comunità, l’ appartenenza, il senso comune verso comuni obiettivi». Il processo è pronto, il verdetto sarà (forse) online. Il tema non è la linea politica o l’azione di governo, ma quello che è successo venerdì notte.
Fateci votare, Di Maio deve andare fuori dal Movimento, ed è anche assurdo che io debba scriverlo qui e non possa farlo sul blog del Movimento che praticamente non ammette i commenti.
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Pur di nascondere la verità, ora passa “Conte alleato di Salvini” – Sorge e compagnia bella di Formigli, il quale non contento
ci propina l’analisi di Pietro Raffa: mostra come l’hashtag Di Maio Out sia stato parte di un’azione di tweet bombing interna al M5S.
E Padallaro cosa fa ? Zitto zitto non disturbare Formigli
Dal Fatto il giornale di Padellaro:
“A smentire l’accusa di tweet bombing da parte di account fake lanciata dall’analista Pietro Raffa – e ripresa da tutti i giornali – sono arrivati in poche ore i massimi esperti italiani del settore. Alex Orlowski: “Tweet dagli Usa? Fantasie, non risultano da nessuna parte. È il frutto di un software di analisi scadente”. Anche per DataMediaHub di Pier Luca Santoro gli utenti sono persone in carne e ossa. E i “top influencer” dell’hashtag rispondono direttamente alle accuse: “Macché bot, siamo elettori delusi dal ministro”
Tox Ale
@ToxMagato
Questi sono maledettamente Pazzi…io ho lanciato
#DiMaioOut da elettore deluso, altri mi hanno seguito
ma dico io ci siete con la testa ma quale Bombing!!!
E CHI E’ STO RAFFA ? Quello che scriveva
Pietro Raffa
@pietroraffa
#DiMaio:”Draghi mi ha fatto un’ottima impressione”.
Rileggete attentamente.
Luigi Di Maio.
Proprio lui.
Ci fa sapere che Draghi, ex presidente Bce, ex Governatore di Bankitalia etc. gli ha fatto “un’ottima impressione”.
Sentivamo davvero bisogno del suo parere 😁
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1:25 PM · Jul 13, 2020·Twitter Web App
Formigli e Padellaro sentivamo ancora bisogno di sentire ancora Raffa e non sentire le smentite anche di chi ha dimostrato
il contrario ?
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“Della successiva telefonata con Letta, quando il progetto è ormai fallito, si conosce solo l’incipit di Conte: «Mi state prendendo per il (biiip)?»”
Ecco a questo ci credo, e spero per Conte che sia dimostrabile
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La ciliegina sulla torta l’ha messa ieri Mariolina Sattanino a Otto e mezzo. Che squallore: mai sentito tante “leccaggini” così camuffate da fatti assodati. Non sono riuscito ad arrivare alla fine: avrei salvato solo Tomaso Montanari che purtroppo non ha replicato a dovere alle manipolazioni della Sattanino.
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A me pare che abbia replicato e l’abbia ridicolizzata ben bene.
Poi sono 4 ospiti e a turno devono parlare tutti non è che poteva rispondere a ogni scemenza che diceva.
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Ha replicato abbastanza bene, d’altronde non è uno sprovveduto, ma una volta lei ha stravolto le sue parole e lui non l’ha riportata sul punto importante, ma ha giocato sul terreno che lei aveva scelto. Quella donna è una abile manipolatrice e non era in buona fede.
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“Trentotto min di discorso per indicare che non c’è futuro senza lotta alla disuguaglianza e alla povertà ” MA CHE IPOCRITA DEL CAXXX…SONO DECENNI.CHE RIPETONO LA SOLITA LITANIA E VA SEMPRE PEGGIO …TRANNE CHE PER LORO!!!
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Il Corrire dei piccoli. Strano che riporti, una volta tanto, i fatti e non le opinioni. Strumentalmente e non ci si può stupire,è la diattriba all’interno del m5s che a Cairo interesa e non il fatto in se stesso. Bisognerebbe interessarsi all’episodio increscioso dell’elezione del pdr per farne un trattato sul nostro regime e della sua capacità di far marcire anche le mele buone. Invece si approfitta per demolire o far schiattare quelli dell’unico campo avverso o da loro ritenuto tale.
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