(Claudio Bozza – corriere.it) – Faccia a faccia per oltre un’ora, con l’obiettivo (non dichiarato) di rafforzare un asse interno al Movimento Cinque stelle e cercare di arginare il leader Giuseppe Conte. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha incontrato a lungo, stamattina, l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi.

Alla Farnesina, davanti a un caffè, i due esponenti pentastellati si sono dati appuntamento per iniziare a tirare le fila di un quadro politico piuttosto ingarbugliato. Di Maio e Raggi sono entrambi «governisti»: la seconda, addirittura, aveva espresso il proprio appoggio a Draghi prima di quello ufficiale del Movimento , salvo poi crollare politicamente alla prova per il bis al Campidoglio.

Il ministro e l’ex prima cittadina, pur ben diversi, hanno un discreto rapporto; ma in questa fase convulsa, ad unirli, c’è soprattutto la contrapposizione all’ex premier, che in una intervista a Il Fatto ha bacchettato duramente Di Maio: «Dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi. Ai nostri iscritti e alla nostra comunità». E poi, prosegue l’ex premier: sul nome di Elisabetta Belloni «c’è stato «un blocco trasversale», ma «mi fido di Letta».

Secca la replica dell’ex compagno di partito Alessandro Di Battista: «Io Giuseppe, comunque, di Letta non mi fido proprio. Io non dimentico nulla». E poi: «La Casellati si è proposta presidente della Repubblica — aggiunge “Dibba” —, ha fatto campagna elettorale su di sé dall’alto della sua carica istituzionale, ha telefonato urbi et orbi mendicando un voto, si è messa a disposizione solo di una coalizione politica andandosi a schiantare ed infangando la carica che ricopre.

Carica che aveva già ampiamente delegittimato con comportamenti poco etici (seppur, legali) come il bulimico utilizzo dei voli di Stato in pandemia o i 270.000 euro fatti spendere alla Prefettura per la ristrutturazione di un palazzetto di sua proprietà».

Schermaglie pubbliche a parte, dopo la rielezione di Sergio Mattarella, la vera partita per il timone dei Cinque stelle si sta giocando dietro le quinte. È una questione politica, ma anche di cavilli e regolamenti: Di Maio, Raggi e Roberto Fico sono i tre membri del comitato di garanzia e, a norma di statuto interno, hanno tecnicamente i poteri per sfiduciare il presidente del Movimento .

Se il ministro e l’ex sindaca potrebbero avere anche la volontà di un redde rationem, è difficile che il presidente della Camera, governista pure lui, voglia arrivare a tanto. È però innegabile che il M5S sia già nel pieno di una nuova bufera per la leadership. E stavolta bisognerà capire da che parte si schiererà il fondatore Beppe Grillo.