Il rapporto Iss sulla mortalità. Dopo due anni, molte domande restano inevase: quali i numeri effettivi, quante vittime per e con Covid, il mistero dei ricoverati in t.i. L’età media dei decessi per Covid-19 resta 80 anni anche se dall’inizio della pandemia si è assistito a una diminuzione, fino a raggiungere i 72 anni nella seconda settimana dello scorso luglio […]

(DI NATASCIA RONCHETTI – Il Fatto Quotidiano) – L’età media dei decessi per Covid-19 resta 80 anni anche se dall’inizio della pandemia si è assistito a una diminuzione, fino a raggiungere i 72 anni nella seconda settimana dello scorso luglio. Poi, ecco la risalita seguita da un’altra diminuzione, fino ad arrivare ai 79 anni dei primi sette giorni del 2022. Fin qui nessuna novità. Così come non c’è nulla di nuovo nel fatto che le persone morte a causa del Covid finora presentassero nella maggior parte dei casi (67,8%) tre o più patologie. E si va dall’ipertensione arteriosa alla cardiopatia ischemica, dalla fibrillazione atriale al diabete: quelle più ricorrenti.

Sono alcuni dei dati che emergono dal nuovo report sui decessi conseguenti all’infezione aggiornato al 10 gennaio (quello precedente si fermava al 5 ottobre del 2021) diffuso ieri dall’Istituto superiore di sanità. Report molto atteso, dopo essere stato annunciato almeno 15 giorni fa, poi rinviato, poi di nuovo dato per imminente e ancora nuovamente posticipato. E, nel frattempo, limato, riguardato, soppesato per tentare di schivare critiche e polemiche.

68 anni l’età media In t.i. chi muore e dove?

Il rapporto per analizzare le patologie più comuni concomitanti ha preso in esame oltre 8.400 cartelle cliniche. Da queste si evince che le complicanze più frequenti che hanno portato ai decessi sono state l’insufficienza respiratoria acuta e la sovrainfezione, seguite dal danno renale acuto e dal danno miocardico. Ora però sappiamo anche che l’età media dei ricoverati in terapia intensiva successivamente stroncati dalla malattia è di 68,2 anni, mentre quella di chi è morto in rianimazione è di 82,4. E qui arriviamo alla novità, che qualcuno, come il microbiologo dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, in realtà ripeteva da giorni. “Ci sono tanti pazienti – ha osservato in più occasioni, anche parlando con il Fatto –, che non vengono ricoverati in terapia intensiva. A mio avviso si tratta quasi sempre delle persone più anziane e fragili, sicuramente vaccinate”.

E in effetti sembra essere proprio così. Nel 2021 le persone che sono morte nei reparti di terapia intensiva nella stragrande maggioranza avevano meno di 80 anni. Sempre con percentuali non inferiori al 37% e fino a un massimo del 57,22. Al contrario i pazienti di età superiore sono quasi tutti deceduti in aree mediche: parliamo quasi sempre di oltre il 70% dei casi.

Over 80 e under 80 Chi finisce in rianimazione?

Nel rapporto precedente, quello aggiornato al 5 ottobre, l’Iss non aveva fatto questa analisi. Perché avviene questo? “Probabilmente quando la prognosi è infausta il paziente non viene nemmeno trasferito in rianimazione”, dice Graziano Onder, responsabile della raccolta dei dati sui decessi dell’Iss. Vero, come conferma Alessandro Vergallo, presidente di Aaroi-Emac a cui fanno capo 11 mila anestesisti-rianimatori. “C’è un criterio generale in base al quale se non c’è una possibilità di sopravvivenza non si ricorre alle cure intensive”, spiega Vergallo. “Il Covid – prosegue – non stravolge le regole di appropriatezza delle cure”.

L’Istituto superiore di sanità ci dice insomma qualcosa in più, quindi. Ma restano molti interrogativi. E la risposta o non c’è o è del tutto parziale.

Chi non muore nei reparti Pronto soccorso? Rsa?

Il report, infatti, fa riferimento anche al fatto che tanti – in una percentuale l’anno scorso mai inferiore al 12% – non sono deceduti né in una terapia intensiva né in un altro reparto di ospedale. E tra questi, in maggioranza, ci sono sempre gli anziani, con un tasso che supera sempre il 17% (per arrivare anche al 25,77% nel mese di gennaio di un anno fa). Dove sono deceduti? Nei Pronto soccorso? Nelle Rsa? Sappiamo che l’Iss raccoglie anche i dati sui decessi per Covid che avvengono nelle residenze assistenziali per gli anziani ma, almeno per ora, nulla di più.

L’antico dilemma “Per Covid o con Covid”?

L’Italia, che con la prima ondata pandemica è stata la Wuhan d’Europa, ieri ha contato con 426 morti un totale finora di 144.770 decessi. Grandi numeri. E resta aperta anche un’altra questione: quanti effettivamente muoiono a causa del Covid e quanti con il Covid? Domanda ricorrente. Se lo è chiesto dagli Stati Uniti, dove lavora da tre decenni sui vaccini, l’immunologo Guido Silvestri. “È importante chiedersi quanti dei morti comunicati nei bollettini siano effettivamente deceduti per questa infezione e non semplicemente con essa”. Del resto, come comunicato proprio ieri da Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere che ha redatto il proprio rapporto degli ospedali sentinella, oggi nei reparti ordinari di malattie infettive e medicina interna Covid la percentuale di pazienti in cura per altre patologie (ma positiva al virus) è salita al 35%, vale adire un paziente su tre. E se una persona ha gravi patologie non è facile stabilire se il Covid-19 è stato la causa del decesso. Servirebbe, dicono i medici, un’analisi che è quasi da medicina legale.

Bollettino e realtà Il vero numero di vittime

C’è poi un altro aspetto che riguarda il numero dei morti effettivi. “Soprattutto in Lombardia prima ancora che scoppiasse il focolaio di Codogno e l’Italia scoprisse di essere stata investita dalla pandemia – dice Enzo Marinari, fisico teorico dell’Università Sapienza di Roma –, ci sono stati molti casi di polmonite. E tanti, soprattutto i più anziani, possono essere morti in casa o nelle Rsa senza essere diagnosticati come Covid”. Non sapremo, almeno per ora, nemmeno quanti sono uccisi dalla variante Delta e quanti dalla variante Omicron. Questo perché le Regioni mandano all’Iss solo campioni di dati relativi alla tipizzazione. Oggi molti sanitari fanno anche riferimento alle statistiche Istat per capire qualcosa di più sul conteggio dei morti. Confrontano cioè i dati sui decessi nel 2020 e nel 2021 con la media dei cinque anni precedenti. “Non credo però che ci sia una grossa discrepanza tra il bollettino giornaliero e la sovra mortalità rilevata da Istat – dice Matteo Villa, ricercatore dell’Isp –, anche se probabilmente le Regioni riportano i numeri in modo forse approssimativo. È possibile, invece, che almeno un quinto delle persone morte fino a questo momento per Covid sarebbero morte lo stesso per altre gravi patologie che accusavano”. Ma questa è un’altra storia.