Candidati sulle montagne russe, il martedì nero del Migliore. L’ascesa al Colle di Mario Draghi (per il momento) sembra sepolta, con giubilo trasversale: da sinistra a Forza Italia passando per il M5S. La sfida è Casini vs. Casellati […]

(DI FABRIZIO D’ESPOSITO – Il Fatto Quotidiano) – Esse bi. Le iniziali di scheda bianca, la più votata per il secondo giorno consecutivo.

Il peone ignoto, con le mani in tasca, proclama fiero e sarcastico: “Ho votato esse bi. Esse bi come scheda bianca o Silvio Berlusconi”. Accanto a lui, nell’angolo del cortile riservato ai viziosi del fumo, altri due grandi elettori ridono. È l’ennesimo sberleffo al de cuius Pregiudicato, ovviamente in senso politico (lunga vita al Caimano), che sulle montagne russe dei grandi elettori riuniti da lunedì non è riuscito neanche a salire.

Benvenuti al luna park di Montecitorio. Dove sovente si festeggia alla caduta rovinosa di un quirinabile e il caos non è mai calmo, ma corre nervoso tra il Transatlantico, i corridoi della Camera, il cortile coperto per l’occasione e la fatidica buvette.

E ieri sul catafalco funebre, non quello del voto, è toccato stare, incredibile dictu, a Mario Draghi, il favorito dei favoriti. Per lui, un martedì nero, in completa picchiata. Il senatore Sandro Ruotolo, libero, uguale ed ecosolidale del Misto, unisce indice e medio della destra e disegna una croce nell’aria, il gesto che indica che una persona non c’è più. “Sconcertante quello che ha fatto, si è messo a fare la campagna presidenziale da Palazzo Chigi”. Qualche metro più un parlamentare pentastellato annuisce: “Draghi si è ucciso da solo”. Idem il noto azzurro Giorgio Mulè: “Un suicidio in piena regola”. Ma perché tutta questa gioia per la presunta dipartita del quirinabile Migliore? Ancora il grillino: “Perché in questo Parlamento azzerato dalla pandemia, deputati e senatori hanno ritrovato l’orgoglio di stare qui. E non è una questione di stipendio, basta con questa storia, nella vita di un politico non ci sono solo i soldi”. Sarà. In ogni caso questa ferocia anti-draghiana è degna del parlamentarismo truculento di Oliver Cromwell, nell’Inghilterra monarchica del Seicento.

Quando manca un quarto d’ora alle cinque, Primo Di Nicola, altro parlamentare del M5S, profetizza: “Contro Draghi oggi arriverà un altro segnale: aumenteranno i voti per Mattarella”. Di Nicola è un teorico della processione supplice verso Palermo, dove l’attuale capo dello Stato si trova: “Non bisogna chiedergli se è disponibile, bisogna andare da lui e dirgli: noi ti votiamo”. E così, alla otto di sera, il vaticinio si avvera: dai sedici voti di lunedì, Mattarella sale a 39, quando il candidato dei fuoriusciti a cinque stelle, Paolo Maddalena. Ma nel luna park di Montecitorio il pomeriggio che muore (e dàgli con questi paragoni da cimitero) inizia a risplendere la stella di Maria Elisabetta Alberti Casellati, la Queen Elizabeth di Palazzo Madama, novella Cornelia dei Gracchi che dell’amore materno ha fatto la cifra della sua carica istituzionale.

Sono quasi le sei della sera quando Daniela Santanchè, la ex Pitonessa berlusconiana oggi camerata meloniana, si avvicina a Loredana De Petris, capogruppo del Misto al Senato e donna di sinistra, e le dice: “Voi femministe dovreste essere contente se giovedì eleggiamo una donna”. La forzista Casellati, of course. Il nome rimbalza di bocca in bocca e si fa largo tra quei democratici e quei grillini che non si fidano di Enrico Letta. In pratica, se il segretario del Pd non molla pubblicamente Draghi, c’è il rischio che il primo nome della destra si ritrovi al Colle già giovedì, giusto per non correre rischi. Ed è per questo che Queen Elizabeth per almeno un paio d’ore diventa la nuova e virtuale presidente della Repubblica. Dalle parti di Forza Italia però non c’è molta euforia. Anzi. Da un capannello azzurro: “È una che per quattro anni si è dimenticata di noi e ha favorito solo la Lega”.

Sim Sala Bim, la presidente del Senato salta fuori dalla rosa che non c’è, la rosa invisibile della destra. È uno di quei trucchi antichi della politica italiana. I nomi veri si tengono coperti e se ne fanno altri a mo’ di scudo. È il caso della rosa offerta da Salvini, Meloni e Tajani. Cioè Moratti, Pera e Nordio. Tra i grandi elettori nessuno ci crede e tutti continuano a rimanere concentrati su Casellati, come se nulla fosse successo. Al punto che si sparge il panico tra i sostenitori dell’altro nome coperto che aleggia da due giorni. Quello di Pier Ferdinando Casini, centrista senza partito nonché voltagabbana senza pari, dalla Casa delle libertà al collegio più rosso di Bologna grazie al Pd di Matteo Renzi. I credenti di Casini sono numerosi a destra. Tra questi l’ex ministro Gaetano Quagliariello, oggi senatore schierato con Toti e Brugnaro, che ripete felice il saluto tipico di Casini: “Fratello nella fede”. Attenzione però. Tra i fedeli del rito casiniano si cela qualche potenziale Giuda di alto rango. Un nome per tutti: Matteo Renzi. Quelli del Pd si divertono a seminare zizzania: “Renzi è tentato dalla Casellati, si libererebbe la poltrona di presidente del Senato e lui potrebbe farci un pensierino”. Come no. Ci manca solo Renzi seconda carica dello Stato. Nei luna park incubi e sogni si sovrappongono nel caos di giostre e luci. A dire il vero, anche nel Pd c’è la fila per prendere il posto di Queen Elizabeth: Roberta Pinotti, Valeria Fedeli, Luigi Zanda. La somma delle ambizioni individuali può dare risultati imprevedibili.

Ma i renziani non sono tutti uguali. Giacomo Portas è un moderato sabaudo e si trova iscritto al gruppo di Italia Viva per non finire nel Misto. In tutti e due le votazioni ha scritto il nome di Pier Luigi Bersani sulla scheda. Sì, Bersani, che nel segno dell’anti-renzismo è uscito dal Pd e ha fondato un altro partito. Sostiene Portas: “Voto Bersani perché è un mio amico e gli voglio bene”. Ma lui lo sa? “Sì”. Roberto Fico sta completando lo spoglio e nell’angolo fumatori si forma uno strano terzetto. Due socialisti e un grillino. Non è una barzelletta. Il primo è Riccardo Nencini, peraltro insofferente alla mascherine. Se la toglie in continuazione e un commesso gli ha persino dovuto fornire una Ffp2 bianca per sostituire quella azzurra chirurgica. Poi ci sono Bobo Craxi e il senatore pentastellato Andrea Cioffi. Parlano della Casellati e di un presidente che dovrebbe arrivare venerdì.

Previsioni e speranze si mischiano. Tutto fuorché Mario Draghi. È la voce possente di gran parte di un Parlamento che rivendica il primato della politica. Sembra un paradosso, in un quadro così scomposto, caotico e frammentato. Può darsi che nei prossimi giorni il Migliore risorga all’improvviso. Ma ieri la valanga di schede bianche ha edificato un mausoleo funebre alla sua candidatura.

Oggi si ricomincia e tutto può cambiare. Benvenuti al luna park di Montecitorio. Le montagne russe non sono una metafora.