Un paio di mesi dopo, ad aprile, Amato anticipa che a ottobre si dimetterà dall’Antitrust e si ritirerà di nuovo dalla vita pubblica: “Torno all’insegnamento a tempo pieno, non potrò avere altri incarichi”. Anche stavolta, dura meno di un anno […]

(MARCO TRAVAGLIO – Il Fatto Quotidiano) – Poi Craxi ricorda maligno “le sue campagne elettorali sempre finanziate dal partito, tanto in sede nazionale che locale… Non credo che il tutto avvenisse tramite assegni e trasferimenti bancari documentati”. E qui pare proprio che Craxi alluda alle storie del 1983, alla colletta e agli assegni dei vecchi amici Rolando e Coda-Zabet: “Resta da considerare se, per far fronte alle spese delle sue campagne elettorali, furono organizzate, come pare, raccolte di fondi che non rientravano nel controllo dell’amministrazione centrale… senza che mai Amato esternasse le sue perplessità per il sistema generale su cui si imperniava il finanziamento del partito, parte del quale in aperta e risaputa violazione della legge”. Ma “di tutto ciò si può tornare a parlare più nel dettaglio”.

Il secondo ritiro. Un paio di mesi dopo, ad aprile, Amato anticipa che a ottobre si dimetterà dall’Antitrust e si ritirerà di nuovo dalla vita pubblica: “Torno all’insegnamento a tempo pieno, non potrò avere altri incarichi”. Anche stavolta, dura meno di un anno. Nell’ottobre ’98 D’Alema, premier al posto di Prodi, lo richiama in servizio come ministro delle Riforme. Nel 1999, scaduto Scalfaro, si elegge il nuovo presidente. E Berlusconi, guarda un po’, punta su Amato. Ma passa Ciampi. E Amato lo rimpiazza al Tesoro. Nel 2000 muore Craxi e lui è l’unico ex big socialista a disertare il funerale. Però gli ha scritto qualche giorno prima per assicurargli che si stava prodigando per farlo rimpatriare con un salvacondotto. “Giuliano scrive bene – ha commentato Craxi morente nell’ospedale militare di Tunisi – ma non dice nulla. È quello che s’è comportato peggio”. Insieme al suo cuore, si ferma anche il suo fax. E Amato può rientrare in politica. “Io al posto di D’Alema? Per me il problema non esiste” (7-11-1999). Infatti, il 25 aprile 2000, a sette anni dal suo primo ritiro dalla politica, torna a Palazzo Chigi.

Il Dottor Purtroppo. Nell’anno e poco più che resta alla fine della legislatura, il governo Amato riesce a varare alcune leggi vergogna che non erano riuscite neppure a B.. Una è quella del guardasigilli Piero Fassino contro i pentiti di mafia, proprio ora che cominciano a parlare della Trattativa avviata sotto il governo Amato. L’altra è la legge penale tributaria, che fissa soglie altissime di non punibilità per l’evasione e la frode e depenalizza l’uso delle false fatture, per la gioia di molti imputati eccellenti, tra cui B., Dell’Utri e Romiti. Memorabile la sua dichiarazione sul Gay Pride del 2000, nell’anno del Giubileo: lui avrebbe tanto voluto impedire il corteo omosessuale nella Città Santa, ma non può perché “purtroppo c’è la Costituzione”. Un ottimo viatico per la Corte costituzionale.

Lo Sceriffo. Nel 2001, siccome ha lasciato la politica, Amato è rieletto senatore dell’Ulivo e nel 2002 diventa vicepresidente della Convenzione europea che riscrive la Costituzione Ue. Nel 2006 passa alla Camera. Allo scadere di Ciampi, è di nuovo il candidato di B. al Colle, ma vince Napolitano e lui deve accontentarsi del Viminale. Come ministro dell’Interno dovrebbe dire qualcosa sull’indulto extra-large, ma non dice una parola. Poi, quando la frittata è fatta e 26 mila detenuti sono usciti di galera, tornando perlopiù a delinquere, fa sapere di aver votato l’indulto “con grande sofferenza”. E, visto che la criminalità riesplode, diventa sceriffo: non contro i delitti dei colletti bianchi, ma contro lavavetri, ambulanti, mendicanti. Ai clienti delle prostitute vuole mandare la multa a domicilio, i graffitari sogna di punirli per “porto non autorizzato di bomboletta spray”. Poi va a Palermo a commemorare Falcone e uno studente gli ricorda i 25 condannati in Parlamento e lui lo zittisce: “Sei un piccolo capetto populista, sono reati minori”. Tipo mafia, corruzione, bancarotta, frode, cosette così.

Il Poltronissimo. Nel 2008 Berlusconi torna premier per la terza volta e Amato si ritira dalla politica per la terza volta. Il tempo libero lo dedica ai suoi due hobby preferiti. Uno è il tennis (di cui ha dato prova in una memorabile puntata di Porta a Porta con Panatta). L’altro la collezione di poltrone: 77 in 37 anni. Presidente della Treccani, membro del Comitato nazionale e del Coordinamento del Pd, presidente della “commissione Attali” creata a Roma dal sindaco nero Alemanno, consulente della Deutsche Bank, presidente onorario della Fondazione Ildebrando Imberciadori per la ricerca storica ecc. Roba da far invidia a “Divani & Divani”. Nel 2010 sponsorizza Giuseppe Mussari, l’avvocato che presiede il Mps (coi risultati a tutti noti), al vertice dell’Abi; ma anche per ottenere da lui un finanziamento al Circolo Tennis Orbetello, di cui è ovviamente presidente onorario. Eccoli al telefono, intercettati dai pm di Siena il 1° aprile 2010. Amato: “Mi vergogno a chiedertelo, ma per il nostro torneo a Orbetello è importante perché noi siano ormai sull’osso, che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione. Ciullini ha fatto sapere che il Monte vorrebbe scendere da 150 a 125”. Mussari: “Va bene, ma la compensiamo in un altro modo”. A: “Guarda un po’ se riesci, sennò io non saprei come fare”. M: “La trovo, contaci”. Nel 2011 è presidente del Comitato dei Garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia e consulente di Monti per i tagli ai finanziamenti pubblici ai partiti (in qualità di intenditore). Nel 2012 è presidente della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e dell’International advisory board di Unicredit. Nel 2013, come sempre, è il candidato di Berlusconi (e Napolitano) al Colle, ma alla fine Re Giorgio fa il bis. Sulle polemiche per le sue mega-pensioni (una è sostituita dallo stipendio alla Consulta, l’altra – assicura lui – va in beneficenza), scrive una lettera strappalacrime a Repubblica: “Io non faccio parte della Casta”. Nel 2013 Napolitano gli trova finalmente un posto a sedere: giudice della Corte costituzionale. Nella speranza che quel trampolino di lancio, alla tenera età di 77 anni, 23 dopo le sue prime dimissioni, lo proietti sull’amato (o Amato) Colle. Re Giorgio lascia nel 2015 e Berlusconi, tanto per cambiare, tifa per lui. Ma Renzi frega entrambi e fa eleggere Mattarella. Il Caimano grida al tradimento, rompe il Patto del Nazareno e rivela (o millanta?): “Amato mi aveva promesso la grazia per Dell’Utri”. Oggi, a quasi 84 anni e a 29 dal suo primo addio irrevocabile alla politica, è di nuovo in corsa. Pare disposto a restare lì solo un annetto, per tenere in caldo la sedia a Draghi. Come sempre, il suo sponsor più attivo è un vecchio amico dai tempi della Torino degli scandali, siculo-subalpino come lui: Ignazio Moncada, ex agente segreto, consulente, manager, lobbista e tante altre cose, ancora ascoltatissimo da giornaloni e siti di gossip. Un altro che sa tutto, ma è senza polpastrelli.

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