
(ansa.it) – I partiti continuano il confronto in vista delle votazioni per eleggere il nuovo capo dello Stato che partono lunedì alle 15 con la Camera convocata in seduta comune.
Un incontro di primo mattino, a Palazzo Giustiniani, si è svolto tra il segretario del Pd Enrico Letta e il leader di Iv Matteo Renzi. Ieri il segretario Dem ha incontrato il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli.
Lunedì mattina sono convocati i grandi elettori di Forza Italia, circa 150 fra senatori, deputati e delegati regionali, per coordinare il lavoro in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica e per rafforzare il coordinamento con le altre forze politiche del centrodestra.
Lo si apprende da fonti di FI.
Intanto il leader della Lega Matteo Salvini sollecita una soluzione rapida. “Il caro-energia è un’emergenza nazionale: famiglie, artigiani e imprese vanno difese con interventi rapidi e immediati. Servono almeno 30 miliardi.
È doveroso che la politica ragioni sul Quirinale per trovare una soluzione rapida e soddisfacente, ma non deve diminuire l’impegno per risolvere un problema concreto e drammatico come quello delle bollette”. Lo dice in una nota, che allega al comunicato foto della bolletta raddoppiata per un caseificio di Caserta: “843 euro nel dicembre 2020, schizzati a 1.797 nel 2021”.
“Se va Draghi va al Quirinale, c’è contestualmente un nome già deciso come premier che ha Salvini agli interni e Di Maio agli esteri, come al primo Conte. Con la differenza che questa volta è una maggioranza di centrodestra e M5S senza il PD. Altrimenti, se Draghi impone, anche il PD. Non c’è possibilità che Draghi faccia sciogliere nulla perché la sua indicazione è contestuale all’indicazione del Presidente del Consiglio. È chiarissimo”.
Lo ha detto Vittorio Sgarbi questa mattina a RTL 102.5. “Forza Italia ha varie possibilità – ha detto ancora Sgarbi – Berlusconi potrebbe fare un nome nell’area di Forza Italia rimanendone leader. Quel nome, mettiamo la Casellati, è un nome che è espresso da Forza Italia e contemporaneamente lascia a lui il partito.
Se il nome è esterno, come potrebbe essere Draghi, allora si può dire che può uscire perfino una votazione. Mi pare che se lui ragiona riesce ad uscire dalla partita vincitore perché di fatto in questo momento si parla solo di lui. Anche se non si candida ha tenuto fin qui e può decidere. Domani o dopodomani deve dire il nome che propone agli altri. Una volta fatto la partita è chiusa e lui in qualche modo l’ha guidata”, conclude Sgarbi.
“In caso Draghi vada al Colle ci sono due opzioni: un Governo che sostituisca Draghi con un altro tecnico di garanzia e allora non faccio nomi per non fare danni ad amici che siedono al Governo, magari rafforzato con l’ingresso di alcuni ministri politici. Oppure un Governo politico in cui i leader si impegnano direttamente”. Così il governatore Giovanni Toti a Rainews24. Secondo Toti “è più difficile” la seconda opzione di un “Governo politico, in cui i partiti si impegnano in modo sostanziale e allora ci sarebbe una riduzione dei tecnici e un premier scelto all’interno del mondo politico con un riequilibrio ad altri esponenti di maggioranza di altri partiti, in modo da valorizzare la presenza al Governo in vista delle prossime elezioni. Queste sono le due strade”.
Italia Viva ago della bilancia. Da tempo ormai comandano le minoranze. E non solo in politica.
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La eventuale elezione di draghi a PdR rappresenterà il vero spartiacque per Conte: ha capito tutto oppure non ha capito di una mazza. Nessun governo post-draghi può essere salutare per il (fu) m5*, poiché oggi non è in grado di competere con le altre forze politiche in quanto a coesione interna. Ormai è chiaro che gli interessi dei singoli sono totalmente divergenti dall’interesse collettivo e, con un anno di campagna elettorale davanti, questa mortale anomalia è destinata ad acuirsi: pur di salvare le chiappe va bene anche distruggere il poco che resta. Il (fu) m5* ancora non si è reso conto che i partiti possono commettere qualsiasi oscenità, avranno sempre una bella fetta di sistema mediatico a sostegno.
Il (fu) m5* no. Conclusione: o draghi rimane dov’è, oppure il (fu) m5* si sganci in fretta, costi quel che costi. E riparta da lì.
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Dimenticavo: un mandato è poco, due sono troppi. Il risultato è ben visibile.
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