Al netto del colpo di teatro di quel giorno e di quel che andò in scena nei 335 successivi, fino a oggi, si prendeva atto che nessuno dei 915 parlamentari era in grado di sedersi in cima a Palazzo Chigi per governare le banane sottostanti […]

(DI PINO CORRIAS – ilfattoquotidiano.it) – Concordo con le banane di Tomaso Montanari, coerenti al paesaggio istituzionale almeno da quando Sergio Mattarella ha trasformato i partiti in datteri. Avvenne, come ho raccontato nel mio “Le banane della Repubblica” (che cito per fratellanza botanica) il 2 febbraio dello scorso anno, quando il presidente annunciò alla nazione che la mattina dopo avrebbe ricevuto “il dottor Draghi”, per affidargli l’incarico esplorativo di un governo che non voleva nascere, ma doveva, escludendo l’intralcio e la confusione delle urne, che poi bisogna sempre pulire.

Al netto del colpo di teatro di quel giorno e di quel che andò in scena nei 335 successivi, fino a oggi, si prendeva atto che nessuno dei 915 parlamentari era in grado di sedersi in cima a Palazzo Chigi per governare le banane sottostanti. E neppure lo erano i 16 partiti presenti nelle due Camere. Né tantomeno i 13 datteri cresciuti al di fuori dei velluti dei Palazzi, nel regno della Società civile. Con quell’annuncio e quell’incarico, il presidente certificava che solo lontano dai partiti c’era il pezzo di ricambio adatto a rimettere in sesto la macchina del governo per incassare e distribuire i 209 miliardi di pasti caldi in arrivo da Bruxelles.

Un paio di mattine fa a “Omnibus”, Deborah Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera, si lamentava di non avere avuto abbastanza tempo per leggere la legge di Bilancio che di lì a qualche minuto avrebbe dovuto votare. Le suggerii di dirlo al suo partito, alla sua maggioranza, al suo governo e persino al suo presidente del Consiglio, non alla tv. E intanto di leggere “addirittura sui giornali” le indiscrezioni trapelate, così si sarebbe portata avanti col lavoro. Si è offesa. “Lei rispetti il mio lavoro” ha detto. Sfuggendole che forse era il dottor Draghi, re dei datteri e imperatore delle banane, a non rispettare il suo.