(Mattia Feltri – la Stampa) – Con un articolo sul Foglio, Luigi Di Maio ha chiesto scusa della disdicevole e grottesca – l’ ha definita così – campagna organizzata cinque anni fa contro il sindaco di Lodi, allora arrestato e pochi giorni fa assolto. In realtà erano scuse alla carriera, alla decina abbondante d’ anni vissuti a portata di manette,

e ho pensato al Pd che, sulle inchieste di procura e sulla differenza antropologica, tira a campare da trenta, ma di chiedere scusa non se ne parla. Un po’ come la Lega sebbene periodicamente, da Bossi a Salvini, proclami l’ intenzione di massaggiare col randello la schiena dei magistrati.

Ecco, la Lega e il Pd, i duellanti di questi tempi spensierati nei quali – mentre Draghi prova a tener su il Paese coi tiranti – si sfidano alla ritrovata purezza, e se la battono bandiera contro bandiera, flat tax contro tassa sui ricchi, immigrati no contro immigrati sì, tutela degli imprenditori contro tutela dei lavoratori. E intanto i cinque stelle tacciono. Partecipano ai vertici di governo opponendo, se lo oppongono, non più di un delicato dissenso, pendono dalle labbra del premier e dei suoi ministri, compresi quei tecnici alla Franco di cui un tempo volevano fare piazza pulita, e accettano nomine, riforme, governance del Recovery.

Non vorrei essere troppo ottimista, ma mi pare di vederli prendere appunti, abbagliati dalla competenza che li fa arrossire della loro incompetenza. Mi gioco il jolly e lo dico: degrillizzati, i cinque stelle sono oggi il partito meno populista che ci sia, ed è imbarazzante soprattutto per gli altri, attaccati a quel po’ di populismo come alla bombola dell’ ossigeno.