(di Wanda Marra – Il Fatto Quotidiano) – “Non ne sapevamo assolutamente nulla”. Un ministro dei Cinque Stelle commenta così la decisione di Mario Draghi di sostituire Domenico Arcuri, commissario all’emergenza Covid. Comunicata con una nota di Palazzo Chigi e non preceduta da alcun commento dell’interessato. Mentre Matteo Renzi e Matteo Salvini cantano vittoria, la reazione della maggior parte dei membri del governo è il silenzio. Nell’era Draghi, si parla il meno possibile. Anche quando le decisioni arrivano dall’alto e senza troppa condivisione. Questa è la regola numero uno. Si comincia a percepire una certa insofferenza latente da parte dei partiti, ma non è ancora venuto il momento di farla venire a galla. Perché una cosa è ormai chiara: uno dopo l’altro, Draghi sta sostituendo tutti i super tecnici scelti da Conte. E la continuità con il governo precedente (nonché le caselle assegnate ai suddetti partiti) è garantita da alcuni politici, sempre più depotenziati.

Se è per la gestione del Recovery Plan, le Commissioni Bilancio e Politiche europee sentiranno Daniele Franco, ministro dell’Economia, in Senato lunedì prossimo. Sarà forse uno dei primi momenti in cui si capirà come il governo Draghi sta gestendo il dossier. Per adesso, l’unica certezza è la decisione del premier di gestirlo attraverso il suo uomo di fiducia (Franco), non senza qualche struttura di supervisione a Palazzo Chigi. Il Mef dunque avrà il coordinamento del Recovery, attraverso la Ragioneria dello Stato, con un’unità di missione, guidata da Carmine Di Nuzzo. In considerazione dell’istituzione del nuovo dicastero della Transizione ecologica, presso la presidenza del Consiglio dei ministri si istituisce il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite). E poi, è stato istituito il Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd), con il compito di assicurare il coordinamento e il monitoraggio dell’attuazione delle iniziative di innovazione tecnologica e transizione digitale delle diverse pubbliche amministrazioni. Come sottosegretario alla presidenza del Consiglio per il coordinamento della politica economica la scelta è caduta su Bruno Tabacci, che con il premier ha un rapporto antichissimo. I sottosegretari hanno giurato ieri e le deleghe non sono ancora state attribuite, ma a Tabacci dovrebbe andare anche quella di coordinare il Cipess, Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (il nuovo Cipe), da cui dipendono il programma delle infrastrutture strategiche e i piani di investimento pubblico. Anche Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari europei, non ha ancora avuto le deleghe. Ma vista l’organizzazione complessiva del dossier, non avrà il compito che aveva nel governo Conte bis, ovvero una sorta di supervisione su tutto, ma continuerà a gestire i rapporti con Bruxelles. Manca ancora qualche casella: tra Cite e Citd ci sarà una struttura di raccordo. Mentre si lavora anche alla tempistica.

Nel frattempo, Draghi continua a rafforzarsi a Palazzo Chigi. Si sta completando la squadra e lo staff dei consulenti. Oltre a Francesco Giavazzi per l’economia e al giurista Marco D’Alberti sono in arrivo anche una serie di altre figure. Si parla di Alessandro Aresu, consigliere di Limes e direttore della Scuola di Politiche di Enrico Letta. Proprio per quest’ultimo a Palazzo Chigi faceva un’attività di speech writing: la stessa cosa potrebbe farla forse oggi per il governo Draghi. Della squadra comunicativa fanno già parte sia la portavoce Paola Ansuini, che Federico Giugliano, incaricato del rapporto con i media stranieri.

Tra i consulenti in arrivo su questioni più giuridiche si fanno i nomi di Serena Sileoni, vicedirettore di quell’Istituto Bruno Leoni che spicca per il pensiero liberal e Simona Genovese, già capo della segreteria tecnica di Andrea Martella all’Editoria, in passato tra i consiglieri politici di Paolo Gentiloni premier, via Luigi Zanda.