(di Marco Palombi – Il Fatto Quotidiano) – Il rito tribale detto dibattito pubblico ha raggiunto un livello di astrazione tale per cui le cose non hanno più alcun rilievo: stabilito quale bandierina vuoi sventolare, ti viene fornito l’argomento o il fattoide corrispondente, spesso grazie al lavoro di una buona agenzia di marketing. È una settimana, per dire, che sui siti di primarie testate nazionali (Messaggero, Stampa, Corriere della Sera) compaiono notizie sulle vite felici di professionisti che fanno i rider guadagnando cifre assurde (tra due e quattromila euro al mese, 14 euro l’ora) invece di starsene con le mani in mano – o sul divano – come quelle sanguisughe che ricevono sussidi pubblici. Che poi, pure lo stipendio, ma a che serve? Rispondendo a una giovane lettrice che lamentava di non poter seguire le lezioni universitarie, un paio di settimane fa Aldo Cazzullo sul CorSera buttava lì una sua proposta: “Borse di studio, stage, esperienze nella P.A., nelle aziende pubbliche e private, nei cantieri (…) Anche senza stipendio; basta dare a questi ragazzi una prospettiva”. In attesa di “anche senza stipendio”, lo “stipendio da fame” è già la regola per milioni di lavoratori, anche pubblici. Quanto è successo ieri mattina al Tribunale di Palermo è come una piccola parabola di questa Italia che non si vuole vedere: Vincenza Gagliardotto, una giudice onoraria, s’è accasciata a terra durante un’udienza; è debole perché da 16 giorni, con una sua collega, fa lo sciopero della fame. Contro cosa protesta? La riforma del 2017 della magistratura onoraria – migliaia di persone che tengono in piedi il sistema giudiziario – prevede una retribuzione (73 euro lordi) solo per le attività delegate esplicitamente (tipo andare in udienza), ma non per un altro compito specifico, pure previsto da quella legge: predisporre “tutti gli atti preparatori utili” al lavoro del magistrato di ruolo. Lo Stato fa il caporale e, non senza involontaria ironia, lo fa dentro i tribunali in cui i cittadini vanno a reclamare diritti e lo fa a svantaggio di chi dovrebbe garantirli, quei diritti. Certo, in quel rito tribale detto dibattito pubblico – semmai questa notizia arrivasse sui media, cosa che escludiamo – qualcuno potrebbe dire che alle toghe onorarie basterebbe fare i rider per tirare su 4mila euro al mese.