(Carlo Tarallo – la Verità) – «Sono vicino a Matteo Renzi. Rispetto per la magistratura ma in questi anni abbiamo visto troppe indagini finite in nulla che lo hanno riguardato»: Carlo Calenda, leader di Azione, è l’unico esponente politico che commenta la notizia dell’inchiesta che vede indagati a Firenze tra gli altri Matteo Renzi ed Maria Elena Boschi (peraltro in modo capzioso: il Bullo è indagato per la prima volta: quali sarebbero le altre indagini «finite nel nulla»?) .

Unico e solo: da Pd, M5s e Leu, neanche una parola. Renzi in questo momento è colui il quale tiene in piedi il governo guidato da Giuseppi Conte, dopo essere stato il principale artefice della sua nascita. Dunque, silenzio assoluto da parte degli alleati di governo.

Un autobavaglio, quello sull’inchiesta fiorentina, che sorprende soprattutto per quel che riguarda il M5s. I grillini, lo sappiamo tutti, hanno nel loro Dna la cultura iper-giustizialista. Sono stati dal primo istante della loro apparizione sulla scena politica italiana, i primi a intervenire in maniera durissima ogni volta che un protagonista politico è stato coinvolto in una inchiesta giudiziaria.

Non hanno mai risparmiato attacchi violentissimi, attraverso i social, le tv, i comunicati stampa, a chiunque finisse anche solo sfiorato dalle indagini della magistratura. Oggi, di fronte a una inchiesta che riguarda Renzi e il giglio magico, tacciono.

Una conversione al garantismo? Assolutamente no: trattasi piuttosto di mero opportunismo, di ipocrita doppiopesismo: visto che l’inchiesta riguarda un loro alleato di governo, i grillini si mettono il bavaglio e aspettano che le acque si plachino. Renzi è oltretutto un alleato difficile da gestire, già in situazioni «normali»: figuriamoci cosa accadrebbe se qualche pentastellato si lasciasse andare a dichiarazioni urticanti nei suoi confronti.

Abbiamo aspettato per l’intera giornata che dalle parti del M5s arrivasse un comunicato, una dichiarazione, un post su Facebook, un tweet, un segnale dell’esistenza in vita dei pentastellati in relazione all’inchiesta che vede coinvolti Renzi e la Boschi: nulla di nulla, neanche un «si faccia chiarezza» d’ordinanza. Parola d’ordine: far finta di niente. Dal Pd? Neanche a dirlo, zero commenti. Zero dichiarazioni. Zero valutazioni.

Dal Nazareno nessuno si è neanche sognato di dire qualcosa in relazione a questa inchiesta, ma, va sottolineato, nemmeno sono arrivate parole di solidarietà. Renzi indagato, Renzi ignorato: eppure, quando a finire sotto inchiesta sono protagonisti politici del centrodestra, i dem non si lasciano certo imbavagliare, e vanno regolarmente all’attacco degli avversari politici, seppure in maniera più sfumata e politicamente corretta rispetto agli alleati a cinque stelle. Ieri, però, nulla di nulla: silenzio totale sull’inchiesta di Firenze.

Questa è l’Italia ai tempi del governo giallorosso: anche i commenti alle inchieste vengono autocensurati dai protagonisti delle forze dei maggioranza quando si rischia di far saltare tutto. Il trionfo dell’ipocrisia, la non reazione degli alleati di governo alla notizia dell’inchiesta su Renzi.

Il ledaer di Italia viva sembra ormai dominare, dal punto di vista psicologico, gli alleati, pur essendo in termini numerici l’ultima ruota del carro parlamentare della coalizione giallorossa. Renzi viene considerato uno pronto a tutto, capace di far saltare il banco per un punto percentuale in più nei sondaggi, una mina vagante sul percorso che dovrebbe portare, nelle speranze dei parlamentari, il governo Conte a durare fino alla fine della legislatura. Nessuno tocchi il fiorentino: il motto di Pd e M5s.