(di Alessandro Mantovani – Il Fatto Quotidiano) – Per le forze di polizia sarà molto più complicato del lockdown di marzo-aprile. Un conto, spiegano al Viminale, è chiudere tutto riducendo in maniera drastica il traffico su strade, autostrade e treni; tutt’altra cosa saranno le chiusure su base locale, settoriale e oraria che si preparano con il nuovo Dpcm e le ordinanze del ministro della Salute, Roberto Speranza. Per quanto si possa incentivare lo smart working, molti andranno a lavorare, perfino nelle zone cosiddette rosse resteranno aperte le fabbriche e altre attività, in quelle arancioni o verdi, anche una parte delle scuole. Basta pensare alle stazioni: le maggiori hanno un traffico giornaliero medio di centinaia di migliaia di passeggeri che durante il lockdown si era ridotto a poche migliaia e quindi era possibile controllare le autocertificazioni quasi per tutti e fare le multe a chi non l’aveva o aveva scritto cose campate per aria, tipo “devo vedere la fidanzata” o “non posso fare a meno di comprare droga”. Ora invece ce ne saranno decine di migliaia: “Non si potrà nemmeno pensare di chiudere tutti gli accessi in stazioni come Roma Termini, Milano o Napoli Centrale senza creare code. Lo stesso vale per le strade, urbane e non. “Immagini tra il Lodigiano, chiuso, e il Piacentino, che invece dovrebbe rimanere aperto”, spiega un questore con una certa esperienza. A ogni modo si torna all’autocertificazione, di notte e anche di giorno a seconda delle Regioni, per giustificare spostamenti consentiti solo per motivi di lavoro, salute o assoluta necessità. Dal Viminale suggeriscono di compilarla a casa, metterla in tasca, nella borsa o nel portafoglio e poi firmarla.

Ovviamente nessuno immagina di cinturare le zone “rosse” con i carabinieri o anche i soldati dell’Esercito come se si trattasse di Codogno (Lodi) o Vo’ Euganeo (Padova) nel febbraio scorso. I posti di blocco ci saranno, ma “i controlli potranno essere solo a campione”, spiegano al ministero dell’Interno. Le modalità, non appena saranno emanati i provvedimenti, le stabilirà una circolare del capo di gabinetto, prefetto Bruno Frattasi, d’intesa con la ministra Luciana Lamorgese. Poi il capo della polizia Franco Gabrielli le tradurrà in indicazioni operative per le questure.

Peraltro, le forze di polizia sono alle prese con diverse emergenze: dal terrorismo islamista che è tornato a colpire in due Paesi che confinano con il nostro come la Francia e l’Austria ai barchini carichi di migranti che continuano a sbarcare sulle coste della Sicilia e a Lampedusa, soprattutto dalla Tunisia. Per non dire delle manifestazioni di piazza che si susseguono in varie realtà italiane, nei giorni scorsi anche con incidenti non drammatici e tuttavia impegnativi: il Viminale è già stato costretto a rifiutare ai sindaci di Firenze e Genova l’impiego dei reparti mobili (ex Celere) per controllare le zone cittadine chiuse con provvedimenti locali secondo il Dpcm che già lo prevede dalle ore 21 per evitare assembramenti. E naturalmente i reati ordinari sono tornati ai ritmi normali, non è come ai tempi del lockdown. Ieri si è riunito il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dalla ministra Lamorgese, sono stati potenziati i controlli alle frontiere e sulle realtà da cui è possibile che un pazzoide esaltato o peggio una cellula decida di colpire nel nostro Paese. Le forze di polizia non hanno organici infiniti e il Covid-19 colpisce anche poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili urbani – circa 280 mila persone in tutto, più i circa 50 mila delle polizie locali – che sono a contatto con la popolazione. Si ipotizza di coinvolgere anche l’Esercito, che tuttavia non dispone di grandi risorse: 8.000 uomini e donne sono già impegnati nell’operazione Strade sicure; se anche ne fossero disponibili altrettanti non risolverebbero il problema.