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(di Ste. Ver. – Il Fatto Quotidiano) – Tutto è iniziato dai 49 milioni di euro, dalla truffa firmata Bossi-Belsito e dalla condanna a restituire allo Stato i soldi dei rimborsi elettorali ottenuti falsificando i bilanci. Dopo il via libera ottenuto dalla procura di Genova per ripagare il debito in quasi 80 anni (rate da 600 mila euro all’anno), oggi la Lega può dormire sonni relativamente tranquilli. Prima del settembre del 2018, data dell’ok alla rateizzazione, i conti del Carroccio erano però a rischio. Sequestrare i soldi “ovunque siano”, aveva infatti stabilito la Cassazione nel luglio dello stesso anno. In pratica, qualsiasi euro riconducibile al partito doveva essere confiscato. Un rischio che in via Bellerio tutti sapevano di correre già da parecchio tempo, visto che la sentenza di primo grado era del luglio 2017 e l’inizio dell’inchiesta è del 2012. E infatti già da tempo le casse padane si erano svuotate.

Quando è iniziata l’indagine per truffa, nel 2012, la Lega aveva 31 milioni di euro tra liquidità e titoli finanziari. Alla fine del 2017, con Salvini al comando e Centemero tesoriere, erano rimasti solo 41 mila euro. Un’emorragia finanziaria sospetta fin da subito per i magistrati di Genova, che hanno aperto un’inchiesta per riciclaggio ipotizzando il trasferimento in Lussemburgo di una parte del tesoro padano. Ma come ha fatto la Lega di Salvini in tutti questi anni a finanziarsi? Come ha fatto a pagare le martellanti campagne sui social, i continui comizi del suo leader in giro per l’Italia, se sui conti c’erano pochissimi soldi? Davanti a questa domanda l’ex ministro degli Interni ha sempre detto che il suo partito è andato avanti grazie ai fondi dei piccoli sostenitori, dei militanti, oltre che a quelli dei parlamentari che devolvono ogni mese parte del loro stipendio. Inchieste giornalistiche e giudiziarie in questi anni hanno però messo in dubbio questa versione.

Le procure di Milano e Roma hanno messo sotto indagine il tesoriere del partito, Giulio Centemero, per finanziamento illecito. Secondo gli investigatori, Centemero avrebbe creato un’associazione ufficialmente slegata dal partito, la Più Voci, per incassare donazioni private: 250 mila euro da un’azienda del costruttore romano Luca Parnasi, e altri 40 mila euro dalla catena di supermercati Esselunga. Un modo per finanziare occultamente la Lega, sostengono le due procure. Ci sono però altre operazioni sospette che riguardano il partito dell’ex ministro dell’Interno. Innanzitutto la creazione di Lega Salvini Premier, dotato di codice fiscale autonomo, che dal 2017 ha iniziato a incassare buona parte delle donazioni dei parlamentari leghisti e del 2 x 1000, i soldi che ogni contribuente può regalare a un partito. Oltre a questo ci sono poi decine di bonifici e assegni che da quando Salvini è segretario hanno svuotato le casse del partito con la motivazione “saldo fatture”. Soldi che dai conti della Lega Nord, di Radio Padania e di Pontida Fin (la cassaforte immobiliare del Carroccio) sono stati trasferiti su quelli di fornitori e società collegate ai commercialisti Di Rubba e Manzoni. Qualche nome? Studio Dea Consulting, Cld, Studio Sdc, Barachetti Service. Esattamente le stesse società che hanno beneficiato del denaro pubblico speso dalla Lombardia Film Commission per comprare l’immobile di Cormano.