
(di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano) – Non può respirare, Giuseppe Conte, e figurarsi se può stare sereno. Perché il presidente del Consiglio incontra, smussa, promette. Ma mentre si discute dell’utilità degli Stati generali, i due partiti di maggioranza sono scossi dai rispettivi congressi: i Cinque Stelle dagli Stati generali che ci saranno tra ottobre e novembre, il Pd dall’assemblea tutt’altro che certa ma già fonte di guai.
E se ai dem un possibile avvento di Alessandro Di Battista alla guida dei grillini fa paura, nel M5S sospettano: “Nel Pd sono pronti a presentare il conto a Nicola Zingaretti se le alleanze con noi non funzioneranno a livello locale”. Anche se non si sa neppure dove, visto che ieri ballava anche l’accordo che pareva chiuso in Liguria. Ma conta il (cattivo) pensiero: l’ennesimo, dentro una maggioranza che non riesce a trasformarsi in coalizione. E Conte ovviamente sa tutto. Non a caso ha elogiato Zingaretti, consapevole che se il segretario venisse dimezzato, per lui sarebbe una pessima notizia. Nel contempo cerca provvedimenti da rivendicare, e il primo resta il taglio dell’Iva. “Costa moltissimo, e allora pensiamo a un lieve intervento momentaneo”, ha spiegato ieri a il fattoquotidiano.it. Una misura a tempo con cui togliere argomenti agli avversari evidenti (Confindustria) e a quelli meno rumorosi, anche nel governo. Conte pensa di inserire il taglio dell’imposta già nel prossimo decreto semplificazioni, con entrata in vigore a luglio. Un taglio selettivo, spiegano, che varrà per “alcuni prodotti dell’indotto”, a partire da quelli per il turismo. Magari da abbinare a incentivi al pagamento digitale, come ha ventilato sempre ieri il premier. E il meccanismo sarebbe quello del cashback (si restituisce parte della somma a chi paga in via elettronica). Di certo per la riduzione dell’Iva spingono Luigi Di Maio e quindi il M5S, convinti che debba entrare in vigore già dal 1° luglio. E infatti ieri su Repubblica una dimaiana di ferro come la viceministro all’Economia, Laura Castelli, ha rilanciato sul taglio dell’imposta e anche su uno scostamento di bilancio da 10 miliardi, aprendo inoltre all’abolizione dello split payment, la misura anti-evasione che consente allo Stato di trattenere l’Iva quando acquista un bene. Un passaggio, quest’ultimo, che è un segnale ai renziani di Italia Viva, perplessi sul taglio dell’Iva (“meglio ridurre l’Irpef”).
Ma nutrono dubbi anche gli altri partiti di maggioranza. Quindi LeU, che con il capogruppo alla Camera Federico Fornaro avverte: “Serve una riforma del fisco, non misure spot”. E soprattutto il Pd, che ha vissuto gli annunci di Conte sul Fisco come un’altra fuga in avanti del premier. “Si tratta di un’operazione decisamente complessa, che richiede risorse ingenti” ha precisato sul Messaggero Antonio Misiani, il viceministro all’Economia dem. In sostanza quanto avrebbe voluto dire il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: preoccupato dal reperimento delle risorse come dal rischio di reiterata “annuncite” per il governo. Ma i 5Stelle insistono. “Per il taglio dell’Iva serve una cifra tra un miliardo e mezzo e quattro miliardi” sostengono. E puntano i piedi anche sullo scostamento di bilancio subito “perché dopo l’estate sarà già il tempo di legge di stabilità e non potremo più muoverci”. In questo scenario, ieri al Viminale c’è stato un nuovo vertice di maggioranza sui decreti sicurezza. Una priorità per il Pd, che vuole cambiare i provvedimenti di Matteo Salvini ripristinando lo Spar (il sistema di protezione per i richiedenti asilo) e riducendo i tempi per la concessione della cittadinanza. Mentre Italia Viva si è presentata con richieste in 15 punti, tra cui lo ius culturae. Troppo per il M5S, alla riunione con il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, vicino a Roberto Fico (assente per motivi personali il reggente e viceministro all’Interno Vito Crimi).
Perché i 5Stelle hanno un’altra linea: chiedono interventi non troppo ampi sui dl Salvini e soprattutto di aspettare settembre per il nuovo decreto. Un rinvio che il resto della maggioranza, dem in testa, non è propensa a concedere. Ed è un altro problema per Conte.
Conte Santo subito…Santo Patrono della Pazienza.
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