
(Tommaso Labate – il Corriere della Sera) – «Ti sei sempre definito un grillino, giusto? Ecco, sappi che io sosterrò Giuseppe Conte qualsiasi cosa faccia. Dillo in giro. Se qualcuno si mette in testa di tornare alle urne, il Movimento scompare». Telefonate in fotocopia, di quelle che non ammettono repliche, come quando non c’era bisogno di formule come «capo politico», «padre nobile» o «garante» per imporre la propria volontà; tanto il nome, beppegrillo.it , stava addirittura nel simbolo e quindi non c’erano margini per intavolare discussioni contro la volontà del capo. Allo stesso modo, qualche settimana fa, Beppe Grillo è uscito dalla tana ed è tornato a fare sentire la propria voce.
Dall’altro capo del telefono, e in alcuni casi gli interlocutori non lo sentivano da mesi se non da anni, una serie di deputati e senatori pentastellati di ogni ordine e grado, più o meno visibili, più o meno importanti, più o meno di peso. Per Grillo uno vale uno. E ogni voto in Parlamento deve essere ricondotto nel pallottoliere dell’«elevato» (il copyright è suo) presidente del Consiglio «qualsiasi cosa faccia».
Dove il «qualsiasi», è la lettura che hanno dato in tanti, comprende anche l’eventuale ricorso al Mes, su cui il co-fondatore del Movimento Cinque Stelle aveva già iniziato a dare segnali di apertura il 24 aprile scorso. Era la sera in cui l’Eurogruppo aveva cominciato a imboccare la strada del Recovery fund e la voce del comico si era fatta sentire con un tweet decisamente eurofilo: «Forse l’Europa comincia a diventare una comunità. Giuseppi” sta aprendo la strada a qualcosa di nuovo. Continuiamo così!».
Per riscrivere la geopolitica interna al M5S bisogna ripartire da quei giorni. In piena fase 1, due personaggi chiave che non si erano mai incrociati, Grillo e Conte, iniziano a tessere la loro trama. Il secondo sa che il Mes, come la Tav, è un moloch che soltanto il primo può sconsacrare; il primo, come aveva fatto per la Tav, si allinea alle indicazioni di Palazzo Chigi e inizia a scavare la trincea. Potrebbe non essere necessario ma, di fronte a un voto in Parlamento, meglio tenersi pronti.
L’assicurazione sulla vita della legislatura la siglano in due. Conte, che dice in pubblico e in privato che non prenderà la tessera del Movimento; e Grillo, che considera il simbolo e il nome della sua creatura orpelli ormai desueti e tranquillamente rinunciabili. Come rinunciabile, ed è la chiave su cui tutti i parlamentari al secondo mandato si sono trovati d’accordo, è anche la regola del doppio mandato.
Il tandem ultra-governista ha l’appoggio di tutta la delegazione ministeriale di prima fascia, da Patuanelli a Spadafora, da Fraccaro e Bonafede; oltre al disco verde della vecchia guardia delle pasionarie della prima ora, da Paola Taverna a Roberta Lombardi, pronte a rientrare in gioco nel caso in cui alcuni ministeri (tra cui l’Istruzione) dovessero necessitare di un rimpasto.
Anche Di Maio sottoscrive il patto, pur mantenendosi in una posizione che gli consente ancora di mediare con il correntone guidato ispirato da Davide Casaleggio e guidato virtualmente da Alessandro Di Battista, che ha il sostegno di Barbara Lezzi e degli eurodeputati anti-Mes Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e Rosa D’Amato. Grillo-Conte sostenuti da Di Maio da un lato; Casaleggio (che ieri ha lanciato Level Up , una specie di Rousseau 2.0) e di Battista dall’altro. Aperti a «qualsiasi cosa» pur di tenere in piedi il governo e l’alleanza col Pd i primi; contrari al Mes e alla prospettiva di un nuovo centrosinistra col Pd i secondi.
Di fronte a loro, né un congresso né gli stati generali. Ma una guerra fredda destinata a scaldarsi se e quando i 37 miliardi per la sanità del meccanismo salva-Stati andranno all’ordine del giorno del Parlamento. E a diventare «guerra nucleare», se l’autunno non presenterà tensioni sociali, alla fine dell’anno. Quando, come spiegano da dentro il governo, «Conte e Grillo battezzeranno il cantiere comune col Pd trovando un accordo sul nome con cui sfidare il centrodestra nella partita simbolicamente più importante dell’anno prossimo: quella per il Comune di Roma». L’avviso di sfratto a Virginia Raggi è già partito.
il pagliaccio ha deciso di andare avanti con l’alleanza col PD a tutti i costi: anche a quello di spazzare via tutte le battaglie storiche dei 5S, e quelle con cui si sono presentati alle elezioni (il MES il Movimento lo voleva liquidare, ora accetterà di prendere i 37 miliardi e di ingabbiare l’Italia alle condizionalità future). chissenefrega di quello che era stato detto in passato: il Movimento è cambiato, ora bisogna essere “de sinistra”, europeisti, ordoliberisti, fare i cantieri, fare il ponte sullo stretto, aprire a tutti i migranti, allo ius soli, magari anche ripristinare la prescrizione, eliminare la spazzacorrotti, e perché non rivedere il RdC? insomma bisogna diventare PD, punto.
e questo l’ha deciso il pagliaccio, da solo: è lui il Capo Supremo, come B. è il Capo Supremo di FI. se qualcuno (Dibba) dice: ci vuole un congresso per discutere, viene mandato a quel paese, è uno che vive nel passato. qui decide il clown.
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Qauanto scrivono i giornali sono, notoriamente, caxxate, balle, bugie, propaganda. Invito gli increduli a rileggersi la rassegna stampa degli ultimi due anni: più precisamente dal 1 giugno 2018. La stragrandissima maggioranza delle notizie che riguardavano il governo e, in particolare, il presidente del consiglio si sono rivelate balle, bugie, spropositi, gossip malinterpretato.
mvffncl
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@paolo diamante Roma
Scasa, Paolo, ma quel mvffncl che chiude il tuo commento che vuol dire?😇🙄
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Egregio Piero, a causa dell’impietoso trascorrrere del tempo, a volte ho difficoltà nello scrivere le VOCALI.
Un saluto.
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Grillo appoggia la ricandidatura della Raggi la quale ha cominciato a muoversi proprio dietro beneplacito, il Movimento cederà su altri campi pur di tenersi Roma, Labate che sta a dì, ne sappiamo più noi che te
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Questo Labate, che si spaccia per “persona informata dei fatti”, deve passare notti popolate da incubi se poi la mattina seguente
si sveglia e mette nero su bianco ciò che ha sognato la notte.
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Ma quanti patti fa questo Conte…oramai ho perso il ….Conto
questo è il penultimo che avrebbe siglato..
“Conte ha progetti ambiziosi (che vanno oltre la permanenza a Palazzo Chigi): e pur di realizzarli ha stretto un patto con Renzi sulla legge elettorale. Che guarda alle prossime elezioni”
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Trovo, da attivista prima e da cittadino poi, l’uscita di Beppe Grillo un terribile autogol, irridere Di Battista è stato un atteggiamento di quasi censura nei riguardi di Di Battista in relazione alla sua democratica richiesta di poter esporre le proprie idee e sentire quelle altrui in un’assemblea congressuale.
In questa difficile fase in cui il M5S è attaccato da tutti (opposizioni e renziani, poteri forti, mass media, giornali, Finanza d’assalto, servizi segreti nazionali ed esteri, Confindustria, poteri criminali, ecc.), sarebbe importante che il Garante promuovesse l’UNITÀ del Movimento fra i portavoce, gli attivisti e gli iscritti.
La partitocrazia corrotta (compresa una parte del Pd) non aspetta altro che disgregare il Movimento e logorare il governo Conte.
Beppe Grillo, cofondatore del Movimento 5 Stelle, che ha sempre lottato lo strapotere delle multinazionali e della partitocrazia corrotta, da un anno sta facendo delle uscite poco comprensibili e contestabili; con il suo via libera di partecipazione al sistema partitocratico e consociativo dei partiti, ha di fatto esposto il Movimento alle pressioni classiche dei poteri forti e oscuri, dediti al malaffare e alle tangenti.
Grillo dovrebbe spiegare quali sono stati i motivi che gli hanno fatto cambiare opinione.
I portavoce, gli attivisti, gli iscritti, i simpatizzanti e gli elettori hanno tutto il diritto di sapere poiché ci mettono la faccia sui territori e la matita nella cabina elettorale.
Beppe dovrebbe essere il Garante del Movimento 5 Stelle e non un maestro pronto a bacchettare i suoi allievi.
Anche Di Battista dovrebbe essere più accorto a manifestare il suo dissenso, evitando posizioni estreme che possono portare a rotture insanabili.
Tutti dobbiamo capire che quando si sta al governo con altri partiti occorre mediare, naturalmente non a tutti i costi, cercando di riuscire a far approvare quanto più possibile del nostro programma, evitando di far varare leggi impopolari contro le famiglie meno abbienti e il ceto medio.
Inoltre evidenzio che Di Battista, con il quale non sempre sono d’accordo, ha tutto il diritto come qualsiasi altro portavoce di chiedere un “congresso” (finalmente è stato sdoganato il linguaggio organizzativo dei partiti) per discutere e decidere una nuova linea politica, di cui il Movimento ha impellente bisogno, gli attivisti sono confusi e demotivati delle scelte politiche di questi ultimi due anni. C’è stretta necessità di avere dei chiarimenti sulle linee guida.
Di Battista chiede solo di potersi confrontare con gli altri portavoce e attivisti, come del resto chiedono in tanti nelle varie Regioni e nei Comuni.
Ciò non significa picconare il governo Conte o qualcuno del Movimento o voler diventare Capo politico.
Il Movimento 5 Stelle che è stato il fautore della partecipazione dal basso dei cittadini non può porre alcun ostacolo ad un “congresso/assemblea/stati generali”, neanche in presenza della pandemia e della crisi economica e sociale.
Il Movimento 5 Stelle, a mio modesto parere, se non vuole essere inglobato dal Pd, dalla Lega o dal probabile partito di Conte, deve continuare ad avere la sua identità politica, proseguendo e rilanciando con più impegno la partecipazione dal basso dei cittadini, evitando di “tornare alle origini” e restare imprigionato nelle regole statutarie tassative e dogmatiche.
Pertanto, occorre che il M5S sia equidistante dalle politiche del Pd e della Lega, in special modo con questa legge elettorale proporzionale al 75%, ancor di più deve essere equidistante se la futura legge elettorale si baserà interamente sul proporzionale con sbarramento ai partitini del 4-5%.
Il M5S non dovrebbe aver il timore di promuovere ed attuare una NUOVA ed ALTA POLITICA che si basi realmente sulla realizzazione dei valori e dei bisogni primari delle persone e della società, coinvolgendo, nel progetto democratico di ampio respiro governativo, il Pd o la Lega senza avere reminiscenze politiche da contrapporre.
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