(Carlotta Scozzari – it.businessinsider.com) – “Niente resterà come prima – L’Italia dopo il Coronavirus: pensieri per capire come cambierà il nostro futuro”: si intitola così il documento realizzato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio che, raccontando i dieci cambiamenti irreversibili nella vita delle persone dopo l’avvento del Coronavirus, mette in fila i dieci punti su cui secondo l’associazione si deve agire per rilanciare il Paese dopo la pandemia. Sono 36 gli esperti provenienti da differenti campi che sono stati interpellati e che si sono resi disponibili, alcuni con nome e cognome e altri in forma anonima, a condividere le loro idee per realizzare il progetto dell’Associazione Gianroberto Casaleggio. Tra questi, il sociologo Domenico De Masi, lo scienziato Giorgio Metta e l’economista Innocenza Cipolletta.
“Nel 2020 bisogna investire nell’economia oltre il 15% del Pil per sostenerla e rilanciarla – spiega Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Gianroberto Casaleggio oltre che presidente e fondatore dell’Associazione Rousseau, la piattaforma di voto del Movimento 5 Stelle – Dieci anni di finanziarie tutte concentrate in un solo anno che devono creare valore da redistribuire in futuro. Lo studio ha dimostrato che occorre digitalizzare il Paese, efficientare le risorse, sostenere la liquidità per il reddito e le aziende, investire in ricerca e sviluppo, nuova energia, sanità. Il territorio deve essere resiliente e va rivisto l’approccio sulle infrastrutture puntando sulla manutenzione e non su nuove grandi opere. L’approccio al lavoro sta cambiando e così anche la formazione”.
“Un punto sul quale tutti gli esperti si sono trovati d’accordo è sulla necessità di investire nella digitalizzazione del Paese e in ricerca e sviluppo – continua Davide Casaleggio – Abbracciare l’innovazione è sempre stato un processo lento per motivi culturali, economici e persino di comprensione della sua importanza. Il 2020, tuttavia, ha obbligato ad accelerare e oggi la concorrenza internazionale metterà fuori mercato chi non lo avrà fatto”.
Ecco, in sintesi, i 10 cambiamenti irreversibili post Covid-19 che emergono dallo studio e da cui secondo Casaleggio occorre ripartire per rilanciare il Paese:
#1 Riorganizzare il lavoro oltre il tempo e lo spazio
“Se la crisi scatenata dal Coronavirus – si legge nel documento – ha accelerato i processi di digitalizzazione delle imprese, è l’organizzazione stessa ad essere entrata in una fase di evoluzione dalla quale non tornerà indietro. Offrendo a dipendenti e collaboratori maggiore autonomia e un maggiore investimento nella vita al di fuori dall’ufficio, si costruisce un habitus slegato dal concetto di tempo e spazio, dove nessun timbro del cartellino potrà mai sostituire l’ottenimento dei risultati. Nei prossimi 10 anni, il mondo del lavoro cambierà molto più di quanto non sia cambiato negli ultimi 50: le persone potranno scegliere dove e quando lavorare; nessuno avvertirà il controllo pedissequo sulla propria quotidianità. Saremo singoli imprenditori all’interno della stessa azienda. Robot, computer e macchine svolgeranno un ruolo ancora più importante, eseguendo quei compiti manuali che oggi tolgono tempo alle scelte ragionate degli individui. In parte lo vediamo già: machine learning e IA prevedono blocchi di sistema e interruzioni operative, lasciando intervenire l’uomo solo quando necessario, se necessario, liberandolo per sforzi intellettuali maggiori, scelte strategiche migliori, supportate, non sostituite dai software predittivi. Probabilmente, nel 2030 ci guarderemo indietro e ci chiederemo come abbiamo potuto lavorare seduti ad una scrivania per otto ore, pensando solo alla fine della giornata e non al traguardo che avevamo dinanzi”.
#2 Consumi: Il digitale trasforma il retail
“Se fino a qualche tempo fa, la sfida digitale per i retailer era quella di offrire maggiore valore ai consumatori rispetto alla sola visita in negozio, oggi non è più così. Molto si gioca sulla paura di andare in giro, sul rischio del contagio in luoghi chiusi e affollati ma sulla voglia di spendere, che tornerà a far girare l’economia. Ed è un aspetto fondamentale quando si guarda al prossimo decennio. Non sorprende che dopo 25 anni di e-commerce, il fisico rappresenti ancora circa l’80% di tutto il commercio al dettaglio, anche se, soprattutto negli Stati Uniti, l’elettronico ha preso il volo, con più di un quarto di tutte le vendite al dettaglio nel mese di aprile 2020 condotte online (un balzo dal 16% di inizio anno). Entro il 2030, i negozi non saranno più progettati principalmente per vendere prodotti. La via principale vede l’ascesa dello showroom e degli spazi espositivi nati per essere “instagrammabili”. I rivenditori rivaluteranno le loro priorità e i modi in cui si collegano ai loro clienti e un modo sarà quello di capovolgere il concetto stesso di store, che diventerà uno spazio condiviso, un luogo per il co-working, dove il brand si fa promotore di tante iniziative, in cui la vendita è opzionale, accessoria, e non il fine unico. Già nel 2019 le grandi catene del retail stavano iniziando a chiudere a partire dall’elettronica di consumo alle librerie, il 2020 ha tirato una linea tra quello che era abitudine e quello che era necessario. Da qui a un ventennio oltre il 70% degli acquirenti farà parte della categoria tra i Millennials e la Gen Z. E’ evidente che il modo in cui spendiamo oggi non potrà essere lo stesso domani”.
#3 Una società touchless
“La società odierna è, di fatto, a ‘zero contatti’. Bar, ristoranti, negozi di qualsiasi genere, prediligono pagamenti contactless, senza contanti, meglio se con lo smartphone o lo smartwatch, per ridurre al minimo il rischio di infezione. Seppur sia molto difficile trovare aspetti positivi nella diffusione del Coronavirus, è innegabile che la pandemia abbia accelerato le metriche del digitale più di quanto abbiano fatto i manager delle aziende nell’ultimo decennio. Diverse strategie seguite da compagnie cinesi potrebbero funzionare, anche in Italia, come surrogato trainante verso una nuova fase di operatività delle imprese. Dalla crisi al cogliere le nuove opportunità il passo è breve, in modo particolare quando si riesce a convertire l’assenza della prossimità in una presenza digitale che valica i confini”.
#4 Smart mobility: dalla crisi del trasporto pubblico alla deurbanizzazione
“Se le realtà affollate della vita urbana, come il trasporto di massa, sono particolarmente sensibili alle pandemie, è plausibile che gli anni a venire vedano una riscoperta delle periferie, con una netta deurbanizzazione delle metropoli. Chi vorrà fuggire da una città pericolosa e afflitta dai virus avrà molte opzioni a disposizione. Le nuove tecnologie rendono più facile per le aziende lavorare lontano dalle dense megalopoli e l’ulteriore impulso arrivato dal Coronavirus ha reso il processo ancora più veloce, sottolineando i pericoli degli spazi urbani affollati sia per i lavoratori che per i cittadini. Negli anni ’90 le aziende dedicavano 16 metri quadrati di spazio per nuovo dipendente, un numero che è sceso a 11 metri quadrati alla fine degli anni 2000 e a 4,5 metri quadrati oggi. Nel 2030 non ci sarà più spazio per un dipendente perché quel dipendente lavorerà da casa”.
#5 La sfida delle nuove povertà
“Il Pil globale pro capite è diminuito solo quattro volte: nel 1954, nel 1982, nel 1991 e, più recentemente, nel 2009, come conseguenza della crisi finanziaria. Gli effetti della pandemia sono già molto forti, ma probabilmente non interesseranno tutti allo stesso modo. Senza rifarsi necessariamente ai numeri, basti pensare che qualora il declino proseguisse a farsi sentire negli Stati Uniti e in Europa più che altrove, il divario tra i paesi più ricchi e quelli più poveri si ridurrebbe. Questa è la tendenza principale che ha portato alla riduzione della disuguaglianza socio-economica a inizio 1990. Quindi possiamo aspettarci uno scenario simile? Un declino delle nuove povertà, non attraverso forze “benigne” ma per la decrescita dei paesi ricchi? I filoni da seguire sono due. Il primo: a livello macro, la risposta alla domanda precedente potrebbe essere “si”. Una flessione delle economie internet di Usa ed Europa appiattirebbe il gap con paesi dal grande potenziale, finora inespresso (Colombia, Vietnam). Dall’altro, con un focus particolare alle singole realtà, è chiaro che per i motivi elencati prima, la distanza tra chi vive sotto la soglia di povertà e i più facoltosi non potrà che aumentare”.
#6 La ricerca di un equilibrio tra privacy e controllo (delle emozioni)
“Videochiamate sul telefonino, richieste di localizzazione via GPS, invio di foto con data e orario, sono solo alcuni degli scenari che avremo dinanzi quando la necessità di minimizzare il contagio delle nuove pandemie sposerà la diffusione della tecnologia. La rete di sorveglianza globale vedrà il suo fulcro in tecniche di riconoscimento facciale con cui identificare miliardi di cittadini in pochi secondi. È Orwell avvolto in Kafka all’interno di John le Carré: la sicurezza sopra ogni cosa. Avendo imparato a monitorare la temperatura corporea a distanza, così come pressione sanguigna e battito cardiaco, i governi sono arrivati a identificare le emozioni degli individui sia quando sono in ufficio che nei luoghi pubblici, ma anche quando indossano smartwatch e altri oggetti connessi. Rabbia, gioia, noia e amore sono fenomeni biologici proprio come la febbre e la tosse quindi la stessa tecnologia che identifica il Covid-19 nel 2030 sa identificare le risate o la tristezza. Una volta che le aziende hanno stretto collaborazioni con governi e organizzazioni sanitarie, possono raccogliere i dati biometrici in massa, per conoscerci meglio, predire e manipolare i nostri sentimenti, per venderci tutto ciò che vogliono, sia esso un prodotto o un politico. Il monitoraggio biometrico all’improvviso ha reso le questioni più calde dell’ultimo decennio qualcosa appartenente all’età della pietra. Quei paesi che erano autoritari lo sono diventati ancora di più, facendo indossare ad ogni cittadino un braccialetto non solo come mezzo di tracciamento fisico ma anche delle emozioni”.
#7 Centralizzazione e delocalizzazione dell’healthcare tra casa e ospedale
“Se nel 2015 il progetto Google Genoma aveva dei contorni alquanto distopici e post-umani, nel 2030 chiunque poggi il suo piede sulla Terra avrà ottenuto il sequenziamento del proprio genoma. Già cinque anni prima, ossia nel 2025, avremo un numero compreso tra i 2 e i 40 exabyte di informazioni genomiche disponibili, ovvero un miliardo di miliardi di dati riguardanti il DNA umano. Una piattaforma globale farà da contenitore per tale mole di elementi, con oltre un miliardo di persone che avrà deciso di condividere il genoma online. Dal 2021 al 2031, la quantità dei dati genomici prodotta quotidianamente sarà raddoppiata ogni 12 mesi, tale da richiedere la costruzione di data center dedicati e gestiti da un’intelligenza artificiale superiore che, nel contempo, assicuri l’incorruttibilità delle sequenze e la difesa da parte di intrusioni terze”.
#8 Il nuovo paradigma della formazione
“Scuole e aziende faranno un uso sempre maggiore degli strumenti educativi online. L’adozione di dispositivi personali coprirà una fetta molto più ampia di popolazione, sebbene rimarranno delle carenze nelle aree più povere del mondo, dove si dovrà prediligere ancora la metodologia classica, anche per l’assenza delle infrastrutture. Le famiglie si abitueranno al nuovo processo di formazione anche se si svaluterà, in parte, il ruolo stesso di educatore, con genitori e parenti che si vedranno delegare il compito di “supervisori” delle attività svolte a casa. Tuttavia, l’homeschooling non avrà sostituito del tutto l’aula o gli spazi dedicati alla formazione. Questi hanno ancora troppi vantaggi per essere rimpiazzati in ogni loro forma. Se volessimo trarre un beneficio rilevante nell’affermarsi dell’online anche in ambito formativo, questo può essere riassunto nella personalizzazione dei percorsi di apprendimento. Coach virtuali seguono ogni singolo studente (scolastico o lavoratore da aggiornare) per analizzare il suo grado di preparazione e colmare le singole lacune rispetto alla media della classe. Un simile tutoraggio sarebbe stato reso possibile, in passato, solo dedicando tempo extra al livellamento del gap formativo, mentre, ad un decennio dallo scoppio del Coronavirus, la conoscenza ‘tailor made’ darà i suoi frutti a livello globale”.
#9 Cerchie sociali che uniscono il digitale: la nuova prossemica
“Il cambiamento causato dal Covid-19 lo porteremo dentro di noi ancora per un po’. Al di là dell’emergenza sanitaria, a cui i sistemi mondiali hanno dovuto rispondere celermente, vi è un’altra crisi, interna, che ha mutato modi di fare particolarmente cari agli italiani. Lo stop improvviso a strette di mano, baci e abbracci tra familiari, amici e colleghi, ha avuto un impatto devastante sulla quotidianità di tutti”.
#10 Una catena di approvvigionamento resiliente
“Lo shock per l’economia mondiale causato dall’emergenza sanitaria di Covid-19 è stato pesante in misura di quanto oggi i vari sistemi economici nazionali siano interdipendenti tra di loro. Se chiudere le frontiere e applicare le restrizioni commerciali è stata una prima risposta alla pandemia, si è presto rivelata una soluzione non praticabile. Non quanto agire in modo coordinato, bilanciando le esigenze e le capacità di produzione dei singoli Paesi. Il calo del commercio è stato inevitabile, visto che le aree più colpite sono state proprio quelle al centro del mercato globale: Cina, Unione Europea e Stati Uniti. Queste tre macroaree generano più della metà di tutto il tessuto commerciale mondiale; pertanto il rallentamento si è fatto sentire ovunque. È importante ricordare però che queste catene di produzione, sebbene abbiano reso più interdipendenti le diverse economie, hanno generato importanti elementi di efficienza in moltissimi settori e reso disponibili beni a prezzi che hanno favorito la diffusione di massa.
In che modo adottare una maggiore resilienza dei sistemi? Ad esempio con le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale e l’elaborazione in linguaggio naturale, che permettono di monitorare la situazione delle forniture in base a come cambiano gli indici di accessibilità all’estero”.
Il cofondatore del M5S versione 2^ (e figlio del fondatore della Versione 1^) dichiara anche che non è cambiata la regola dei due mandati…
mandando un avviso di “sfratto” alle sindache di Roma e Torino, a Di Maio e Crimi ecc…
Ovvero, dice chiaramente, non solo scrivo il programma per il possibile “Conte n. 3” ma… vigilo anche sulle regole del M5S.
Ovviamente tutto è “trattabile”: si possono ridiscutere le regole per il 3^ mandato, chiaramente in cambio nessuno deve mettere in discussione il suo potere in Rousseau (di cui è presidente a vita, oltre che proprietario del “sistema” in uso al Mov) e nel M5S.
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