
(Gian Micalessin – il Giornale) – Più che un ministro degli Esteri sembra Dory, la pesciolina dalla memoria corta del film Alla ricerca di Nemo. Le amnesie di Luigi Di Maio sono una costante della politica italiana. Quando viene alla luce il caso del dipendente fatto lavorare in nero dall’azienda del padre lui dimentica d’essere titolare al 50 per cento della società. Nel caso Gregoretti continua a scordare d’essere stato vice-presidente del Consiglio con l’inquisito Matteo Salvini. Confessa di non sapere se sia stato pagato un riscatto per la liberazione di Silvia «Aisha» Romano. Ma l’ultimo lapsus è ancor più clamoroso.
Mercoledì, di fronte al dilagare delle notizie sulla vendita all’Egitto delle fregate Spartaco Schergat ed Emilio Bianchi del valore di 1 miliardo e 200 milioni, il ministro degli Esteri fa sapere che l’affare è tutt’ altro che concluso in quanto «manca la valutazione politica, che è in corso al livello di delegazioni di governo sotto la guida del presidente del Consiglio». Insomma, scarica tutto su Conte e sul resto dell’esecutivo. Dimentica, però, due dettagli.
Il primo è la dichiarazione con cui ha promesso ai genitori di Giulio Regeni di mettere fine a qualsiasi compromesso con un Egitto colpevole, a suo dire, di nascondere la verità. «Lo stallo con l’Egitto sull’omicidio di Giulio Regeni non è più tollerabile – garantisce lo scorso ottobre il ministro -, per noi la verità sull’assassinio di Giulio è una priorità che non può subire alcuna deroga».
Data per buona la patologica smemoratezza del ministro, la mancata promessa potrebbe anche venire considerata irrilevante. Meno irrilevante è fingere d’ignorare una trattativa sottoposta alla valutazione della Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), l’Autorità nazionale in tema di esportazioni belliche che fa capo al ministero degli Esteri.
Quella valutazione, come spiega il sito della Farnesina, «coinvolge previamente vari Ministeri ed Enti italiani nell’analisi del merito della singola operazione, sin dalla comunicazione societaria sull’avvio delle trattative commerciali, indirizzata, oltre che al Ministero degli esteri, a quello della difesa». Insomma, Di Maio non può fingere di non sapere perché la Uama, e con lei il ministero degli Esteri, devono valutare – sin dall’avvio delle trattative – la vendita di materiale bellico a Paesi extra europei.
E, nel caso di un’operazione così politicamente scottante, l’avvio della trattativa ha necessariamente coinvolto lo stesso ministro. Ma a rendere ancor più inconciliabili le promesse fatte alla famiglia Regeni e gli affari con Il Cairo s’ aggiunge la fornitura all’Egitto avviata nel 2019 – di 32 elicotteri AW149 e AW189 della Leonardo, per un valore di circa 872 milioni di euro.
La fornitura, certificata dalla Uama, è elencata nella «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento» e rappresenta la commessa più importante di tutto il 2019. Insomma, mentre prometteva ai Regeni il massimo rigore Di Maio era ben consapevole di avere già dato il via libera agli affari con l’Egitto. Ma proprio questo è l’aspetto più scandaloso della vicenda.
Per un ministro non è soltanto legittimo, ma doveroso fare prevalere l’interesse pubblico rispetto a quello umanamente straziante, ma pur sempre singolare, della famiglia Regeni. Da questo punto di vista, il ministro avrebbe ragione da vendere. L’Italia non può compromettere un rapporto con l’Egitto, cruciale per la difesa delle nostre posizioni in Libia e nel Mediterraneo.
E, tanto meno, rinunciare ad una commessa da 1,2 miliardi che promette, con la vendita di ulteriori unità navali e armamenti, di superare i dieci miliardi. E, tanto meno, dimenticare gli affari dell’Eni, protagonista della scoperta, in acque egiziane, di uno dei giacimenti di gas più importanti del Mediterraneo. Ma un ministro deve in questi casi assumersi le responsabilità delle proprie scelte. Altrimenti le promesse alla famiglia Regeni non rientrano più nella categoria della solidarietà umana, ma dello sciacallaggio politico.
Quando il Giornale vuole fare l’ingenuo e l’innocentino che non sa nulla, non ci riesce.
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No ma sopratutto scrivono quelli che ad Al sisi gli venderebbero pure la bomba atomica se l’Italia la producesse.
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Ok camerata Micalessin. Le faremo sapere
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IL GIORNALE non è da considerare …. sveglia!
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Il Giornale non fa testo – sparute eccezzione “ad orologeria” – ma non si fa cosi’. Sorrisi e salamelecchi, capisco che si tratta del mestiere, ma e’ indegno stringere la mano a simili personaggi.
Per me l’Egitto ha tutti i mezzi per fare quel che gli pare alla faccia dell’Italia, se ne sbatte – poi i leghisti di Ferrara, figurati, che staccano lo striscione votivo per Regeni e ne festeggiano la rimozione dopo le elezioni.
Ma i 5S non avrebbero dovuto votare. Ricordo quando la Russia invase l’Afghanistan e Natta disse che il PCI aveva votato una “mozione di condanna”, che tristezza, resa totale.
Per me pure di Maio non e’ da considerare. Si e’ sporcato. E io non saro’ mai ambasciatore, facile da dire.
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https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/11/miliardi-di-volte/5831387/ Vergogna totale.
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Chiedo scusa, volevo aggiungere questo: Nella stessa maniera in cui praticamente nulla successe a quei piloti ed avieri statunitensi dopo aver ucciso decine di persone nella strage del Cermis, l’Egitto puo’ contare su impunita’ totale grazie al ruolo chiave nello scacchiere locale, Mediterraneo e Nord-Africa: serve agli USA, serve a Israele, protegge Suez, gioca sulla competizione italo-francese nella vendita delle armi e nello sfruttamento petrolifero, e a quest’ultimo riguardo potrebbe permettersi di fare l’ago della bilancia nella contesa Turco-Greca per i giacimenti al largo di Cipro. Eccetera. Aiutato dalla Francia – che non vuole l’ENI tra i piedi – l’Egitto ha sempre sponsorizzato Haftar, Dalla scorsa settimana forse questo equilibrio assumera’ tinte nuove.”
Ma se uso<> viene ignorato quello che segue il primo segno. Qualche htmlista che me lo spiega?
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