SI PAGA PER RECUPERARE QUALSIASI OSTAGGIO
(Lettera di “Agente Segreto” a la Verità) – Tutti i governi trattano per la liberazione dei loro cittadini presi in ostaggio in teatri esteri: offrono denaro, aiuti umanitari, liberazione di propri prigionieri, importanti fette dei loro interessi nazionali; ma lo fanno in silenzio, attraverso sotterfugi e percorrendo vie tortuose.

Si avvalgono di società finanziarie (i cui rappresentanti ricordano fisicamente più ex appartenenti a corpi speciali delle Forze Armate che oscuri impiegati da scrivania), o di grandi enti di importanza strategica (che vengono poi ricompensati con trattamenti di favore non necessariamente in linea con le leggi del libero mercato); stringono patti scellerati con governi di Stati confinanti con quello di interesse (sorvolando sullo scarso rispetto dei diritti umani esercitato da tali governi); forniscono a Stati terzi materiale bellico, anche di armamento, in spregio ad eventuali embarghi che impedirebbero tali trasferimenti.
E le trattative a volte non riguardano solo ostaggi ancora in vita, ma anche resti di persone decedute durante la detenzione: perché anche il recupero di una salma può apportare beneficio politico al governante di turno.
L’ Italia è comunemente additata come uno Stato che paga, solo perché non usa sotterfugi né persegue procedure che possono esporre a futuri ricatti il governo, ma utilizza i fondi riservati che sono destinati alle attività di intelligence.
Ma è anche la nazione che per le negoziazioni seleziona attentamente i propri rappresentanti e gli interlocutori, per non rimanere vittima di raggiri: infatti, sinora, le trattative sono andate sempre a buon fine, e non risulta che somme di denaro siano state elargite senza avere in cambio quanto pattuito, né che abbiano raggiunto destinazioni diverse da quelle verso cui erano dirette.
Non va poi sottovalutato come l’ opzione militare (liberazione con la forza) sia sempre esclusa; nei sequestri operati in danno di petroliere dai pirati somali (argomento stranamente poco trattato dalla stampa), anche quando si sarebbe potuto intervenire con la forza si è sempre optato per la soluzione pacifica, nel solco di una tradizione ormai consolidata.
Solo nel caso del sequestro di due operativi del Sismi in Afghanistan (settembre 2007) fu dato il consenso all’ azione di forza dei reparti speciali britannici che avevano individuato il nascondiglio: in quel caso, evidentemente, la scelta politica si fondò sul fatto che si trattava di agenti governativi, e come tali «sacrificabili» a differenza dei civili.
Nessuna polemica, allora, nessuna protesta: chi mette in gioco la propria vita per lo Stato mette in conto di poterla perdere.
Nel discettare di rapimenti e liberazioni, la Rete svolge purtroppo un’ opera nefasta, lanciando parole d’ ordine di condanna ed esecrazione che prescindono solitamente dalla conoscenza di luoghi, situazioni, circostanze.
I particolari di una negoziazione sono giustamente tenuti riservati, e pochissimi ne conoscono asperità ed umiliazioni; per cui ci si aspetterebbe che almeno i giornalisti, quali professionisti dell’ informazione, moderassero i termini, anziché accendere micce di maldicenza che vanno poi ad innescare esplosivi la cui potenza distruttiva è ignota; e tutto ciò solo per solleticare la pancia della popolazione, quando non per servire le manovre dei loro referenti politici.
Purtroppo, infatti, l’ Italia è anche la nazione dove la liceità dell’ azione di governo in casi delicati viene ciecamente avallata dalla maggioranza, ed altrettanto ciecamente contestata dall’ opposizione, per cui il comportamento adottato da una compagine governativa in un determinato momento storico diventa illecito, criticabile, iniquo agli occhi delle stesse forze politiche che tale compagine rappresentavano ma che nel frattempo sono passate all’ opposizione.
La mancanza di equilibrio politico nel trattare questioni attinenti all’ interesse nazionale sottopone gli operatori della sicurezza (agenti dei Servizi ed elementi della Polizia Giudiziaria) ad una continua altalena emotiva, che finisce per incidere sull’ operatività degli stessi, ed inficia gravemente l’ immagine del Paese nei contesti internazionali.
Ogni cittadino italiano rapito all’ estero ha lo stesso valore per lo Stato, che non distingue le circostanze in cui si è verificato l’ evento; è singolare, però, come i motivi della presenza della vittima in un determinato luogo incidano poi sulle reazioni politiche che seguono alla sua liberazione: i cooperanti, come spesso anche i giornalisti, vengono additati come incoscienti avventurieri, mentre i turisti vengono inspiegabilmente assolti; per pietà cristiana, i religiosi vengono generalmente «perdonati».
Sarebbe piuttosto opportuno che fosse fatto espresso divieto a cooperanti e turisti di recarsi in aree pericolose, prevedendo sanzioni per i trasgressori, anche se tale misura incontrerebbe certamente l’ ostracismo dei liberali ad ogni costo.
Mentre appare impraticabile la via della polizza assicurativa, dato che sarebbe difficile trovare una compagnia che si assumesse tale oneroso impegno, se non a fronte di premi proibitivi.
Quanto infine alle passerelle mediatiche organizzate da rappresentati del governo in occasione dei rientri in patria degli ostaggi liberati, va sottolineato che raramente i politici riescono a sottrarsi al fascino della sovraesposizione; prova ne sia il teatrino approntato per salutare il rimpatrio di un terrorista da anni latitante all’ estero, dimentichi dei ripetuti pronunciamenti della Corte Costituzionale in merito alla dignità del detenuto.
E chi ieri sorrideva in favore di telecamera, oggi si erge a giudice di chi abbraccia la giovane liberata.
MA POI NON SI PRESTANO A UN MEGA SPOT PRO TERRORISTI
(Maurizio Belpietro – la Verità) – Caro 007, come da sua richiesta mantengo il riserbo sul suo nome. Di regola non pubblico lettere senza firma, ma in questo caso capisco i motivi per cui è meglio non rivelare la sua identità: un agente segreto per poter svolgere il proprio compito lavora nell’ ombra, senza che nessuno possa risalire a lui, se no che agente segreto sarebbe?
Detto ciò, condivido molte delle cose che lei scrive, ma non tutte. Comincio dalle prime, così sgombriamo il campo dagli equivoci. So benissimo che molti Paesi offrono denaro, aiuti umanitari o altro in cambio della liberazione dei propri prigionieri. Ma, come dice lei, lo fanno in silenzio, evitando di dare pubblicità alla cosa. Sono ipocriti, come lei fa intendere perché schermano le operazioni dietro società finanziarie o associazioni umanitarie? Può essere, ma quanto meno non fanno pubblicità alla faccenda, evitando di stimolare altri a rapire e chiedere un riscatto. Non pensa che lo spot governativo, cioè una ragazza vestita con lo jilbab, la tunica che sono costrette a indossare le donne islamiche, sia stata una bella propaganda per i terroristi islamici di Al Shabaab?
La foto di Silvia Romano sorridente con accanto Giuseppe Conte e Luigi Di Maio ha fatto il giro del mondo, ma soprattutto ha fatto il giro dei Paesi islamici, divenendo la sintesi efficacissima del successo di una banda di tagliagole che inneggiano alla jihad. Quanti proseliti farà quello scatto? Quanti altri integralisti convincerà ad impugnare le armi e a rapire un occidentale minacciando di ucciderlo se non verrà versato un riscatto?
Io non dico che si debba ricorrere a sotterfugi o, peggio, a opzioni militari, perché purtroppo l’ intervento in zone sconosciute, dove i ribelli sono armati fino ai denti, può risolversi in una catastrofe, con la perdita degli ostaggi e a volte anche la morte dei soccorritori. Ricordo ancora quando un gruppo di teste di cuoio cercò di liberare i 52 diplomatici americani che l’ Iran aveva sequestrato dopo aver invaso l’ ambasciata a Teheran: otto militari morirono nello scontro fra uno degli elicotteri impiegati nell’ operazione e un C130. Sì, in missioni così pericolose, c’ è sempre qualche cosa che può andare storto e la vita di un agente governativo non può essere considerata sacrificabile. La morte di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi che liberò la giornalista Giuliana Sgrena, dovrebbe far riflettere, soprattutto chi si avventura in zone a rischio senza pensare alle conseguenze.
E qui vengo al tema che più mi vede in disaccordo con lei.
È ovvio che ogni cittadino ha lo stesso valore per lo Stato italiano. Ci mancherebbe. Ma un conto è essere rapiti mentre si è impegnati in una missione e un conto è fare la missionaria e andarsi a cercare il pericolo. Conosco bene la storia di Gino Pollicardo, uno dei quattro tecnici che furono sequestrati in Libia anni fa. Gino non era in Africa per sentirsi più buono: lavorava in un campo petrolifero per mantenere la sua famiglia e la lontananza da moglie e figli gli costava. La sua non era una gita turistica, in mezzo ai bimbi e ai poveri: era un viaggio con qualche rischio, per questo doveva essere scortato e l’ azienda per cui lavorava doveva prendere una serie di precauzioni per la sua sicurezza.
Proprio per questo la società per cui lavorava è stata condannata, perché non rispettò le regole nei trasferimenti e questo è costato la vita a due dei quattro tecnici rapiti. Accostare chi va alla ventura convinta che il mondo sia un paradiso e poi quando si trova all’ inferno chiede aiuto allo Stato con chi va a lavorare per portare a casa uno stipendio e far arrivare il gas in Italia non è solo sbagliato: è profondamente ingiusto.
Lei però su un punto ha ragione ed è che non si possono accusare i cooperanti e assolvere i turisti. È vero, gli uni e gli altri vanno ugualmente condannati, perché i primi sono turisti in cerca di buone intenzioni e i secondi vanno invece a caccia solo di buoni scatti fotografici. Sì, caro il mio 007, gli uni e gli altri li tratterei allo stesso modo in cui si trattano in certi Paesi gli sciatori scellerati che fanno fuori pista. Vai alla ricerca di emozioni forti e poi, quando capita qualche cosa chiedi l’ intervento del soccorso alpino? Beh, paga il conto dell’ elicottero e della squadra di soccorritori.
Mi faccia poi dire due ultime cose. La prima è che in Italia esiste una legge che impedisce di pagare il riscatto, consentendo alla magistratura anche il sequestro dei beni della famiglia del rapito. Ma se un cittadino italiano che paga i rapitori rischia l’ arresto, perché un presidente del Consiglio che versa milioni ai sequestratori che useranno i soldi per armarsi e per fare altri sequestri merita l’ applauso? Infine, mi spieghi un po’, lei che è del mestiere: come mai gli 007 negli altri Paesi hanno licenza di uccidere e qui invece l’ unica licenza di cui dispongono è quella di pagare delinquenti e terroristi?
Ps. Naturalmente queste ultime domande mi piacerebbe che il Copasir le rivolgesse anche a Giuseppe Conte. Visto che il premier si è tenuto la delega sui servizi segreti, perché non spiega al Parlamento l’ operazione di cui a quanto pare va tanto fiero, al punto da precipitarsi all’ aeroporto ad accogliere Silvia Romano quando non accorse nemmeno a Bergamo a salutare le bare dei morti di Covid che venivano portati via dai camion militari?
Molto più bella la lettera che la risposta. Un punto resta completamente inevaso, certa stampa soffia sul fuoco per sollecitare l’opinione pubblica su argomenti estremamente delicati che non si possono trattare con la solita semplificazione usata per imboccare la gente con le solite cose terra terra
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La “storia” dei rapimenti pilotati è una verità per pochi….se volete capire perché l’Italia paga i riscatti ai terroristi basta “unire i puntini”,e come per “magia” appare il disegno completo…Vi do un indizio,come può uno stato “democratico” finanziare delle formazioni terroristiche alla luce del sole…appunto non può quindi… immagina.
In più aggiungo che se dichiaro di aver pagato diciamo 2 milioni di euro,ma ne verso ai “rapitori” soltanto 1 milione e l’altro milione dove va a finire? A cosa può servire l’altro milione incassato in “nero”…(o meglio…che cosa posso finanziare con il restante milione?).
https://it.wikipedia.org/wiki/Irangate
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Questo della lettera non firmata di una ipotetica persona “dal di dentro” e della risposta per piegare gli argomenti e ribadire le proprie opinioni, magari anche offendere senza pagare dazio, è un vecchio trucco di marpioni del giornalismo come le frasi tra virgolette dei retroscenisti senza retroscena.
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Lettera ineccepibile, Belpietro si conferma il solito paraculo.
Lui “non dice che si debba ricorrere a opzioni militari”, no, ci mancherebbe, però subito dopo chiede “come mai gli 007 negli altri Paesi hanno licenza di uccidere e qui invece l’ unica licenza di cui dispongono è quella di pagare?” Ma se è palesemente a favore delle teste di cuoio come nei film americani, con annessi rischi per l’ostaggio, santoddio, lo dicesse e basta, che almeno abbia il buon gusto di risparmiare ai lettori la sua ipocrisia.
E prosegue: “È ovvio che ogni cittadino ha lo stesso valore per lo Stato italiano. Ci mancherebbe”. Peccato che poi parta coi distinguo, “accostare chi va alla ventura convinta che il mondo sia un paradiso (semmai sarà vero il contrario, ci va proprio perchè si rende conto che non lo è, ndr) e poi quando si trova all’ inferno chiede aiuto allo Stato (mai chiesto, ndr) con chi va a lavorare per portare a casa uno stipendio (diciamo anche che di solito è ben lauto, giustamente commisurato al rischio, ndr) e far arrivare il gas in Italia non è solo sbagliato: è profondamente ingiusto”.
E qua potrei quasi essere d’accordo, ma non lo sono perchè io sono davvero convinto del pari valore che lo Stato debba attribuire ad ogni cittadino; qualora, ragionando per assurdo, non lo fossi, però il mio rispetto andrebbe più agli idealisti che ai mercenari.
Sembra di sentire il classico ritornello ipocrita “io non sono razzista, ma…”.
Riguardo l’esempio degli sciatori e dell’elicottero (peccato denoti scarsa conoscenza dell’argomento, maggiori informazioni qui: https://www.ilpost.it/2019/09/05/come-funziona-soccorso-alpino/), sarebbe bello se valesse per tutti, potremmo fare così: quando capita un incidente in macchina, l’autista dell’ambulanza accerta il motivo per cui l’incidentato era in giro: se era per lavoro lo tira su, se era per fare il coglione con la macchina lo lascia a morire per strada, questa sì che sarebbe la civiltà.
Si potrebbe applicare anche agli incidenti sul lavoro: se cadi da un tetto e muori perchè non avevi il caschetto, sei un coglione e non ti pago, se poi era il tuo capo a dirti di fare così non si saprà mai, perchè tanto i morti non parlano. E se ti rimane la mano in una pressa? Te lo avevo detto di stare attento, coglione, adesso sono cazzi tuoi e non ti pago, anzi potremmo proporre una nuova una legge per imponga al al monco il pagamento dei danni alla pressa. O alla famiglia, se gli rimane dentro la testa.
Infine, finge di non sapere che la legge sul blocco dei beni ai familiari dei sequestrati riguarda i privati, non certo le istituzioni, oltretutto il reato riguarderebbe solo l’utilizzo di beni sottoposti a sequestro, l’eventuale pagamento non costituisce, di per sè, reato. Inoltre, la legge è stata emendata, e attualmente il magistrato può disporre il dissequestro e autorizzare il pagamento del riscatto ai rapitori.
Con lo stesso tono saccente, potremmo anche chiederci: come mai se un cittadino italiano che presta dei soldi rischia l’arresto, perchè una banca che presta milioni a tasso di usura e che userà i proventi per fare altri prestiti merita l’applauso? E vale per mille altre cose. Ma Belpietro è troppo furbo per non cogliere certe sottigliezze, non è credibile che davvero non ci arrivi con la sua testa. E’ proprio il classico paraculo.
E’ davvero un mondo schifoso, quello in cui uno parte armato unicamente dell’intenzione di fare del bene al prossimo a proprie spese, finisce prima rapito, e poi, quando finalmente fa ritorno in Patria, viene prima spernacchiato da buona parte della stampa, poi additato all’opinione pubblica come terrorista nientemeno che dal pulpito del Parlamento, infine (per ora) qualcuno è già passato dalle parole ai fatti, con tanto di bottiglie tirate all’indirizzo di casa.
E tutto per cosa? Fuor di ipocrisia, la vera e unica ragione è che la ragazza in questione ha la gravissima colpa di essersi convertita all’Islam, come se la libertà di culto non sia costituzionalmente garantita, e ognuno non fosse libero di adorare chi cazzo gli pare. Si rispettano di più gli adoratori di Satana che di Maometto, come se esistesse un nesso di causalità islam=terrorismo, che, anche a far finta per un solo istante che sia vero, una conoscenza basilare della Storia porterebbe immediatamente dopo a concludere che, allora, cristianesimo=superterrorismo.
Con tutti i problemi che ci sono in Italia, quello della religione di Silvia Romano che posto dovrebbe occupare? Il sessantamilionesimo?
Riguardo alla vicenda in generale, trovo davvero becero che le accuse di aver sperperato 4 milioni siano partite proprio dai banchi di chi se ne è appena fottuti quarantanove. Quelli rubati allo Stato dalla Lega, non erano soldi sprecati?
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Scusi belpietro, : la verità, il suo giornale, beneficia di sovvenzioni pubbliche? Spero vivamente di no e che nessuno lo legga, saluti
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Versione breve: no, non ne beneficia.
Versione media: i contributi diretti ai giornali di partito e a tutti i grandi quotidiani nazionali sono stati soppressi nel 2017 (governo Gentiloni). Permangono i contributi indiretti (ed es. sconti sull’acquisto della carta e tariffe agevolate per le spedizioni in abbonamento postale), ma questi ultimi sono stati ridotti di molto nel corso degli anni.
Versione lunga: https://www.ilpost.it/2019/12/23/giornali-contributi-pubblici/
Interessante notare come, tra le testate di medie dimensioni, gli unici che sono riusciti a mantenere finanziamenti cospicui (oltre 5 milioni di euro per il 2018, ultimo anno disponibile) sono stati Avvenire (i vescovi) e Libero (quel vecchio volpone di Feltri), anche se su quest’ultimo c’è una vicenda giudiziaria in corso.
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Più interessante leggere i vs commenti che l’articolo
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