(Davide Lessi – la Stampa) – «Hai visto i fuochi ieri notte?». La lunga barba non riesce a nascondere il sorriso di Jürgen Wirth. È orgoglioso del blitz avvenuto tra sabato e domenica: sulle montagne altoatesine sono comparse delle scritte incendiare a illuminare il buio: «Los Von Rom». «Via da Roma». Una provocazione. Replicata anche alla luce del sole sugli striscioni appesi tra i vigneti della strada del vino di Caldaro, il paese di Jürgen.

E lui, dal porticato del giardino di casa, la spiega così.

«Perché via da Roma? Non è possibile che l’ Austria abbia chiuso tutto dieci giorni dopo l’ Italia e abbia riaperto dieci giorni prima. Il virus ha messo in quarantena la nostra autonomia, non possiamo permetterlo».

Quando dice “noi” parla dei circa seimila altoatesini iscritti all’ associazione Südtiroler Schützenbund, di cui lui è presidente. Persone convinte che il doppio passaporto (italiano e austriaco) dovrebbe essere già realtà.

Un assembramento estremistra, si direbbe. Se non fosse che oggi, a sessant’ anni dalla stagione del terrorismo secessionista, tutto il Südtirol sembra essere in fermento.

La legge provinciale Per capirlo bisogna spostarsi a Bolzano. Dove il governatore della provincia autonomia Arno Kompatscher ha sulla scrivania il disegno di legge «per la fase di ripresa delle attività». Un provvedimento già approvato dalla sua giunta che prevede la riapertura di bar e ristoranti dall’ 11 maggio, mentre nel resto d’ Italia bisognerà aspettare il primo giugno.

Sempre tra una settimana dovrebbero riaprire anche musei e biblioteche nonché parrucchiere e centri estetici. Il 25 maggio sarà la volta degli alberghi. «Non vogliamo dare un ultimatum a nessuno – ci aveva assicurato il presidente Kompatscher prima di firmare la delibera -. Ma a Roma devono capire che qui non accettiamo più che le regole per la fase 2 siano uguali per tutti i territori. Ci diano delle linee guida ma ci lascino margini di manovra, altrimenti troveremo una nostra via».

Appunto. In pochi giorni la legge provinciale è diventate realtà. Con il rischio che il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, proprio oggi in visita a Bolzano per tentare una mediazione, impugni il provvedimento come ha già fatto con l’ ordinanza della Calabria.

Il modello di Vienna Ma sarebbe sbagliato mettere Kompatscher nella lista dei governatori ribelli del centrodestra (da Zaia a Santelli).

Tant’ è che il suo partito, la Südtiroler Volkspartei, appoggia in Parlamento i provvedimenti del governo Conte. La questione è più profonda. «Sì, qui si è registrata qualche insofferenza per i controlli della polizia. Del resto la popolazione crede molto nell’ autogoverno e nella responsabilità personale», ragiona dal palazzo del Comune il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi. «Il punto è che circa il 68% dei 550 mila altoatesini, essendo di appartenenza linguistica tedesca, si informa con i media austriaci. In Italia il virus occupa il 100 per cento degli organi d’ informazione in una continua narrazione d’ emergenza, oltre confine non è così». Il Brennero è a appena 80 chilometri, il modello di Vienna vicino. «Capisco che Kompatscher abbia dovuto forzare – spiega il primo cittadino – le pressioni degli imprenditori e di chi opera nel settore turistico erano troppe».

“L’ Italia ci trascina nella crisi” Per un territorio che solo lo scorso anno ha contato 33,6 milioni di pernottamenti, chiudere alberghi e garnì significa perdere ricchezza. Un dato aiuta a capire: il Pil turistico dell’ Alto Adige, nel 2018, valeva 16 mila euro pro-capite (più di Venezia e Rimini) e oltre il 30% del prodotto interno lordo dell’ intera regione.

«Con la nostra attività si fermano anche gli investimenti e i lavori di manutenzione che intendevamo fare nelle strutture», spiega Franz Staffler, titolare dello storico hotel Laurin nel centro di Bolzano. «Quello che rimprovero a Roma è di non averci dato delle indicazioni chiare sulla riapertura. Non si rendono conto che stanno mettendo in ginocchio un intero settore e tutto quello che gli gravita attorno».

Cento chilometri più a nord, in una deserta Villabassa (la tedesca Niederdorf), anche Herbert Campidell e la moglie Brigitta Stauder scuotono la testa.

«Il nostro albergo, l’ hotel Emma, è stato tra i primi ad aprire nell’ Ottocento. La signora Emma era considerata una pioniera del turismo e chiuse una sola volta quando arrivò il tifo. Ma lei dopo un anno riaprì, noi ce la faremo?». Si fa sera. Le luci illuminano la Val Pusteria: «Los Von Rom». Via da Roma.