(Alessandro D’Amato – nextquotidiano.it) – A partire dal 18 maggio il governo consentirà ad alcune Regioni di riaprire bar, ristoranti e altre attività sulla base delle curve di contagio. Più basse saranno, più sarà possibile concedere deroghe rispetto al calendario nazionale della «fase2». Al contrario, se l’indice R0 dovesse tornare a salire e negli ospedali non ci fossero abbastanza posti di terapia intensiva, potrebbero scattare nuove zone rosse.
Regioni: le riaperture differenziate dal 18 maggio
Il tema è quello della divisione dell’Italia in zone rosse, gialle, verdi e arancioni a seconda dell’attuale diffusione del contagio regione per regione. Il piano del governo è che dal 4 all’11 maggio la situazione dei contagi da coronavirus sarà sottoposta a monitoraggio, sulla base dei parametri contenuti nella circolare inviata alle Regioni. Se i dati saranno positivi, a partire dal 18 maggio si potranno valutare riaperture differenziate su base territoriale. Spiega oggi Monica Guerzoni sul Corriere della Sera che c’è una circolare del ministero della Salute che ne spiega i criteri:
L’oggetto della circolare è il «monitoraggio del rischio sanitario connesso al passaggio dalla fase 1 alla fase 2», per poter intercettare prima possibile eventuali nuovi focolai di trasmissione del virus. «In assenza di un vaccino o di un trattamento farmacologico efficace e a causa del livello di immunità della popolazione ancora basso — si legge nel testo —può verificarsi una rapida ripresa di trasmissione sostenuta nella comunità». Ma quali sono i parametri,fissati con il supporto di tecnici e scienziati? Le categorie di indicatori considerate sono tre: la capacità di monitoraggio, la capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti e, terzo criterio, la stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari.

Il documento riconosce come le misure restrittive che hanno consentito di contenere i danni del virus «hanno determinato impatti economici e sociali non sostenibili nel medio-lungo periodo». Riaprire gradualmente quindi si deve, ma servono regole chiare a livello nazionale. La circolare «disegna alcuni indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati, attraverso sistemi di sorveglianza coordinati a livello nazionale, al fine di ottenere dati aggregati nazionali, regionali e locali». L’intesa con i governatori prevede che la classificazione aggiornata del rischio per ciascuna Regione avvenga «almeno settimanalmente» e che il ministero della Salute raccolga le informazioni «tramite apposita cabina di regia» con l’Istituto superiore di sanità.
Ecco perché il governo ha deciso di fare una retromarcia e di annunciare così dal 18 maggio aperture «territoriali» a patto che ci sia il via libera del ministero della Sanità che ha fissato rigidi paletti. La strategia del «logoramento» del centrodestra, che guida 12 regioni, ha ottenuto il risultato desiderato. La fuga in avanti della Calabria, non ancora fermata ufficialmente dall’esecutivo, ha avuto gli effetti sperati.
Dal 18 maggio sì a parrucchieri e ristoranti
E c’è anche un’altra accelerazione in preparazione: quella che vuole una riapertura di parrucchieri e ristoranti anticipata al 18 maggio invece di attendere fino al primo giugno. Spiegano Giovanna Vitale e Alessandra Ziniti su Repubblica:
Sarà la settimana dal 4 all’11 maggio quella decisiva per capire se l’Italia è davvero entrata nella Fase 2 — potrà cioè riaprire, almeno nei territori a basso contagio, le attività ancora vietate — oppure sarà costretta a premere di nuovo sul freno per un’impennata dei contagi (come gli scienziati temono). Cinque milioni di tamponi, un ospedale Covid ogni milione di abitanti e 150 mila test sierologici è il piano nazionale del governo. Ma per le Regioni tutto dipenderà dall’esito del monitoraggio che inizierà lunedì.

Se a distanza di una settimana il fattore R0 sarà sotto controllo, sarà possibile progettare una ripartenza differenziata già dal 18 maggio. Nelle zone meno colpite dall’epidemia, potrebbero riprendere parrucchieri, estetisti, bar e ristoranti, attività per le quali era stata indicata informalmente la data del primo giugno. Le Regioni però devono avere i requisiti richiesti dal ministero della Salute: l’indice di contagio, i posti nelle terapie intensive, la capacità di monitorare l’andamento del coronavirus. Se dovessero ripresentarsi nuovi focolai, il governo potrà imporre chiusure e zone rosse.
E qui il decreto del ministro Speranza elenca 21 indicatori per valutare l’epidemia e gli strumenti delle Regioni per contenerla. Posti letto, tamponi fatti, personale per le indagini epidemiologiche, numero di riproduzione del contagio, gli indici principali da valutare. Le amministrazioni devono comunicare periodicamente, in alcuni casi ogni giorno, oppure ogni settimana, i vari dati.

Il Messaggero spiega che in totale sono 21 gli indicatori elencati nella circolare allegata al decreto, ma i più importanti riguardano la capacità di vigilare sul territorio e tracciare i contatti dei pazienti positivi, riuscire a eseguire i tamponi entro cinque giorni dall’inizio dei sintomi, stabilizzare il numero dei contagi (significa che scatta l’allerta se per cinque giorni consecutivi viene registrato un incremento del numero dei nuovi pazienti positivi rilevati e comunicati alla protezione civile). Nei casi in cui dal monitoraggio emerga un aggravamento del rischio sanitario, il presidente della Regione propone tempestivamente al Ministero della Salute le misure restrittive necessarie e urgenti per le attività produttive delle aree del territorio regionale specificatamente interessate dall’aggravamento. Se il presidente della Regione non ottempera a questa indicazione, è possibile un intervento diretto del Governo. D’altro canto nella settimana tra il 22 e il 29 aprile l’80 per cento delle nuove infezioni e dei nuovi decessi è avvenuto in cinque regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria. Quattro hanno un aumento dei casi di contagio superiore alla media italiana. Tutte le altre regioni del centro-sud, ad esclusione delle Marche, hanno indici al di sotto della media nazionale.
Che vi piaccia o no… 🙂
Leonardo Cecchi.
Zero decessi causa covid in tutta la Campania nelle ultime ventiquattr’ore. Aumentano i guariti. E in molte città siamo anche a zero contagiati.
Mentre la giunta della Regione Lombardia delira sul fare causa alla Cina e continua ad accampar scuse, mentre la Lega perde tempo ad insultare questo governatore come ha fatto ieri, in Campania arrivano allora questi risultati.
Arrivano con questo annuncio straordinario, di una regione e di un governatore che non devono ringraziare nessuno. Che hanno combattuto giorno dopo giorno con tenacia per portare a casa il risultato, ottenuto anche grazie all’impegno ed al sacrificio di quei campani che qualcuno insultava e scherniva. Ma che oggi, alla faccia di quel qualcuno, raggiungono questo traguardo.
Così risponde allora De Luca oggi a chi ieri lo scherniva. Lui e i campani.
Siatene allora orgogliosi. Noi, con voi, lo siamo.
Perché se è vero che l’emergenza non è finita, questo successo di oggi è qualcosa: è la speranza che ci sia davvero la luce in fondo a questo periodo. Ed è la certezza che, qualunque sia l’opinione su di lui, quest’uomo qui, assieme a milioni di campani, il suo dovere lo sta facendo.
Eccome se lo sta facendo.
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