(Andrea Malaguti – la Stampa) – Seduto nel suo ufficio alla Farnesina, il ministro degli esteri Luigi Di Maio usa il tono impersonale di un matematico che enuncia un teorema, ma, se potesse, direbbe che l’ Italia è stanca di essere trattata dall’ Europa come l’ unghia rotta di una mano sporca. Il coronavirus è un problema di tutti causato da nessuno, certamente non da noi, e al Paese servono soldi, tanti e subito, per non finire in briciole.
Il Pil è destinato a sprofondare di otto punti, il deficit a salire di oltre dieci. Notando che Bruxelles fa quasi sempre in tempo a non arrivare all’ ora prevista, l’ ex capo politico del Movimento 5 Stelle non chiude al Mes senza condizionalità, concedendo che «con l’ Europa la battaglia è appena iniziata». E in questa intervista a La Stampa reclama tempi certi e rapidi per il Recovery Fund. L’ alternativa è il disastro. Non italiano.
Dell’ intera Comunità.
Ministro Di Maio, oggi è il 25 aprile, festa della Liberazione dal fascismo. Come ci liberiamo dalla crisi?
«Oggi è festa nazionale, festa di tutto il Paese e dovremo saper raccogliere l’ impegno, lo spirito e il sacrificio che furono dei nostri nonni. Perché quella che abbiamo di fronte, anche se non è una guerra ne ha le sembianze. E provoca gli stessi effetti».
L’ Italia paga più degli altri.
«Le previsioni sono negative per tutti i Paesi colpiti. Noi abbiamo un alto debito pubblico, ma l’ obiettivo è uno: rimettere in moto il Paese. Il fallimento non è una opzione. Le nostre imprese devono ripartire, i lavoratori devono mantenere la loro occupazione, le famiglie devono vivere tranquille. All’ Europa abbiamo ricordato che ogni Paese è legato al destino dell’ altro e che nessuno ha colpe per questa pandemia. Non siamo davanti alla crisi del 2008. L’ Italia ha già pagato un prezzo altissimo con i suoi morti, sarebbe ingiusto aggiungere carichi ulteriori».
Perché l’ Europa dovrebbe darci soldi a fondo perduto?
«Ma guardi che un finanziamento “a fondo perduto” non significa soldi regalati.
Significa entrare in un circuito in cui le risorse finanziarie della Commissione vanno comunque restituite. Francia, Spagna e Portogallo sono sulla stessa posizione. Stiamo solo chiedendo una forma concreta di solidarietà».
Regalerebbe soldi a fondo perduto all’ Austria o alla Spagna?
«Lei sta usando un verbo inappropriato, non è un regalo. Qui si tratta di individuare un piano finanziario che permetta di non aumentare i divari tra Paesi e di fare ripartire tutti insieme il più rapidamente possibile. Se proprio vuole, è un regalo che l’ Europa fa a se stessa».
Improvvisamente non siete più contrari al Mes?
«Sul Mes faccio una riflessione più ampia. Abbiamo da una parte chi tifa contro l’ Italia, e io lo trovo sconcertante. Dall’ altra abbiamo chi considera il Mes la salvezza nazionale. Non è vero neanche questo. Dobbiamo essere pragmatici. Questa è la partita della vita per noi. E non è ancora finita. Anzi, è appena iniziata».
L’ ordine del giorno di Giorgia Meloni, che chiedeva di bocciare il salva Stati, ha messo il Movimento di fronte alle sue contraddizioni?
«Nessuna contraddizione, l’ ho trovato una messinscena. Il Parlamento ha un valore assoluto, non può essere trattato come il palcoscenico mediatico di qualcuno».
Grecia e Spagna al Mes dicono di sì.
«Dicono sì a uno strumento che, ancora sulla carta, sembrerebbe senza condizionalità. Per ora siamo nel campo delle intenzioni».
Cito il presidente Conte: le risorse del Recovery Fund sono urgenti e necessarie.
«Conte ha ragione. Oggi gli aspetti fondamentali sono due: la quantità di soldi e i tempi dello stanziamento. Soprattutto i tempi, che devono essere certi. L’ Italia non può aspettare. Così come non dobbiamo fare l’ errore di pensare che siamo usciti dall’ emergenza coronavirus, non dobbiamo pensare di aver già vinto in Europa».
Come userete i fondi europei?
«Ridare ossigeno alle imprese sarà prioritario, servirà a garantire la nostra competitività. L’ export diventerà cruciale di fronte a una possibile flessione della domanda interna. Poi bisognerà sostenere lo Stato sociale, aiutando chi non arriva a fine mese».
Il debito salirà al 155% del Pil. Un omaggio ai nostri figli?
«Nessuno deve pagare gli effetti di questa pandemia. Né i figli né le generazioni attuali che hanno già vissuto la crisi del 2008. L’ Europa lo deve sapere».
Qual è il ruolo di Colao, super ministro o consulente?
«Colao è un grande manager e un grande professionista, sta supportando il governo nella fase 2, quella più complicata».
Vederlo premier dopo l’ estate la stupirebbe?
«Ecco, dopo Draghi ora si inizia con Colao, quale sarà il terzo nome che verrà usato solo per buttare giù Conte? In quale altro Paese del mondo colpito dalla pandemia il dibattito mediatico si sta concentrando sulla possibilità di un nuovo governo?».
A chi andranno i 55 miliardi del decreto aprile?
«Lo scostamento approvato ieri dal Consiglio dei Ministri è una delle più grandi manovre di sempre. I 55 miliardi serviranno a dare nuove risorse alle imprese, a finanziare gli ammortizzatori sociali a favore dei lavoratori, a sostenere il sistema sanitario e a introdurre strumenti di tutela per tutti i cittadini in difficoltà, specie per gli autonomi e le partite Iva».
Giusto insistere sul reddito d’ emergenza?
«Sì. E c’ è ampio consenso nella maggioranza. Ho voluto e firmato la legge sul reddito di cittadinanza, grazie alla quale oggi quasi 3 milioni di persone riescono a mangiare. Vede, a volte non ce ne rendiamo conto, ognuno vive nel proprio mondo e fatica a pensare, nonostante lo sappia, che in Italia ci sono moltissime famiglie che non possono permettersi nemmeno di comprare la carne al supermercato».
Bisogna dare soldi a chi lavora in nero?
«Da ministro e da uomo dello Stato le dico che chi lavora in nero compie un reato.
Da essere umano aggiungo che è inimmaginabile che un padre possa trovarsi nella condizione di non poter sfamare i figli».
Ministro, nelle residenze per anziani in Italia i morti di coronavirus si contano a migliaia. Si poteva evitare?
«Probabilmente sì, anzi sì sarebbe dovuto evitare, ma non lo dico per fare polemica, non voglio. Ci sono delle indagini in corso e stabilirà tutto la magistratura. Ma vedere morire così i nostri nonni, spesso persone fragili, fa davvero male».
Quanti anni hanno i suoi genitori?
«Mio padre 70, mia madre 65 e se li portano bene».
Il 4 maggio li inviterà a restare in casa?
«Li inviterò a seguire le regole che fisserà il governo».
che ci si poteva aspettare da un traditore…?!?!
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Fumata grigia al vertice dei leader europei. Il vertice si è chiuso con un pacchetto di misure straordinarie, il cosiddetto Recovery fund (fondo per la ricostruzione post coronavirus), cioè un fondo in grado di avere maggiori risorse da impiegare per combattere la crisi economica dopo la pandemia da coronavirus. La creazione di questo fondo è stato voluta fortemente dall’Italia e sostenuta da tutti i paesi europei dell’area mediterranea compresa la Francia. Il problema emerso e rinviato alla prossima assise è di come, in che misura, e in che tempi sarà finanziato il pacchetto, con soli prestiti con tanto di garanzie a margine come prospettato dalla Svezia e dai paesi baltici compresa l’Olanda e a cui si oppongono Spagna e Italia, che preferirebbero un finanziamento sotto forma di sussidi, tutt’al più con entrambe le soluzioni. In sostanza si tratta di fornire ai paesi in difficoltà dei prestiti a lunga scadenza ed in parte a fondo perduto che si discostano nettamente dai debiti attuali di ogni singolo paese. Sul tavolo europeo riaffiora così il gioco dei tre compari, al volto rigido e intransigente dell’Olanda, della Germania e dell’Austria fa seguito ora quello della Svezia, della Finlandia e della Danimarca che si schierano con i cosiddetti falchi del rigore. A unire il fronte dei rigoristi è esclusivamente il discorso economico sotto il cui ombrello siedono i paesi del vecchio continente che detengono la maggiore ricchezza nazionale pro capite. La loro contrarietà infatti li metterebbe al riparo dall’esborso di parte delle loro ricchezze per le casse comuni della U.E. La battaglia per i dettagli è complicata e purtroppo ancora nulla è stato scritto; così archiviati gli eurobond richiesti dai paesi euromediterranei guidati da Italia , Francia e Spagna, si è passati ad uno scontro tra nord e sud Europa con il contendere di un pacchetto di interventi che comprende prestiti del MES, garanzie della BEI, e fondo Sure per i cassaintegrati. Ora sembrerebbe, anche se il condizionale è d’obbligo, che le distanze tra i motivi del contendere delle nazioni si siano accorciate e addirittura Francia e Germania facciano da mediatori e all’occorrenza anche da pompieri pronti a spegnere qualsiasi focolaio di incendio a carattere nazionalista. Come auspicato dalla presidente Ursula von der Leyen si dovrà quindi cercare un corretto equilibrio tra prestiti e sussidi, risultato fondamentale affinchè l’Europa torni ad essere solidale. Per l’Italia sarà positivo e molto importante ottenere più aiuti possibili sotto forma di sussidi e non di prestiti, per non gravare ulteriormente sul già elevato debito nazionale e tacitare così gufi e cornacchie dei partiti di opposizione e non. Dott. Paolo Caruso
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Il MES, al di là di chi l’abbia inventato, deliberato, approvato, è uno strumento di coercizione e controllo che
non avrebbe MAI dovuto trovare spazio nell’ordinamento di una Unione Europea fondata sull’interesse dei
popoli invece che su quello di holding finanziarie e bancarie.
Le regole del MES vanno combattute con tutte le forze e non si può pensare che ciò che era diabolico ieri
diventi oggi accettabile solo per convenienza politica.
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