TASK FORCE – ALLO STUDIO PARAMETRI DI SICUREZZA, SE SI SUPERANO RI-SCATTA LA ZONA ROSSA. LA DOPPIA FACCIA DEI GOVERNATORI DEL NORD: LEONI IN TV, AGNELLINI A CHIGI

(di Marco Pasciuti – Il Fatto Quotidiano) – Obiettivo: dare il via alla “fase 2” il 4 maggio. Tutte le Regioni in contemporanea, in base a linee guida concordate con il governo e con tutte le cautele del caso. Il solco è tracciato, negli incontri di sabato un’intesa di massima tra Palazzo Chigi e i governatori sulla strategia per affrontare la riapertura del Paese dopo il lockdown da Covid-19 era arrivata, dopo giorni di tira e molla. A parole sembrava archiviata, quindi, anche la richiesta di riaprire con una settimana d’anticipo, il 27 aprile. Poi ieri Luca Zaia ha rimesso tutto in discussione con una diretta Facebook: “Speravo e spero che qualche segnale arrivi anche prima ma immagino che il 4 maggio sia la deadline, oltre la quale ci saranno solo provvedimenti per le riaperture”, ha strappato di nuovo il presidente del Veneto.

Terrorizzati dal firmare provvedimenti che prevedano date e modalità per chiudere o riaprire, i governatori tirano fuori il petto in favore di telecamera, per poi aspettare che l’indicazione arrivi da Roma. Un po’ come fece, mutatis mutandis, Attilio Fontana nelle ore che avevano preceduto la serrata delle attività produttive comunicata da Palazzo Chigi il 22 marzo: con i contagi in costante aumento, per giorni il governatore lombardo aveva chiesto un provvedimento di chiusura senza muovere un dito per timore di urtare Confindustria (il caso della mancata zona rossa nel bergamasco docet) e poi, poche ore prima che Conte firmasse il Dpcm, aveva tirato fuori un’ordinanza che ricalcava il testo del governo.

Eppure sabato sera in videoconferenza con Conte e i ministri delle Salute Roberto Speranza e degli Affari regionali Francesco Boccia, le delegazioni si erano dette d’accordo sulla necessità di indicazioni valide per tutti in modo da gestire in modo coordinato la ripresa. “Bisogna che siano adottate linee guida nazionali”, aveva detto in serata il presidente dell’Emilia-Romagna, “che fissino regole generali per la riapertura secondo fasi ben precise e graduali”. Per una volta la necessaria unità d’intenti sembrava raggiunta (e dichiarata). Poi, ieri, il nuovo strappo di Zaia.

Il copione si ripete, quindi, mentre i lavori per la delicatissima “fase 2” proseguono. L’orientamento è quello di far riaprire le Regioni tutte insieme, a prescindere dalle singole specificità epidemiologiche. Ogni situazione, tuttavia, verrà tenuta sotto osservazione per monitorare l’andamento dei contagi attraverso l’utilizzo dei test e della app progettata per tracciare i contatti avuti dai positivi, mentre continuerà la messa a punto della risposta sanitaria con il potenziamento dei Covid hospital e della medicina di territorio. L’obiettivo è individuare e circoscrivere il prima possibile gli eventuali nuovi focolai ed evitare che il contagio si diffonda anche nelle aree che finora ne sono rimaste al riparo. E, soprattutto, evitare che la secondo ondata data per possibile dagli esperti porti a un nuovo lockdown nazionale, che risulterebbe devastante per l’economia.

Per questo il governo, la task force per la “fase 2” affidata a Vittorio Colao e il comitato tecnico-scientifico stanno mettendo a punto quelle che a Palazzo Chigi definiscono “clausole di salvaguardia”, che comprendono una serie di parametri tra cui il numero dei contagi registrati, quello dei ricoveri e il totale delle persone che finiscono nelle terapie intensive: nel momento in cui una Regione supera il limite stabilito per uno o più di questi valori sul territorio scatta in automatico la zona rossa. L’idea è far ripartire le attività in cui le aziende italiane potrebbero essere soggette a pratiche sleali da parte delle concorrenti degli altri Paesi Ue anche se le stesse attività non sono tra quelle che finora il governo ha inserito nel novero di quelle “essenziali”. La certezza è che quelle, come bar e ristoranti, in cui è più difficile far rispettare le distanza di sicurezza dovranno aspettare ancora.

I dati della Protezione civile dicono che la frenata dei contagi, anche se lentamente, prosegue, e la pressione sugli ospedali continua a scendere: ieri in terapia intensiva c’erano 2.635 persone, 98 meno di sabato. Ma il numero dei decessi è ancora alto: 433, dopo i 482 delle 24 ore precedenti.