ALTRO CHE TRICOLORE – Asse giallorosa con Emiliano e Giani. Bonaccini in imbarazzo (ma andrà a Bruxelles prima della firma…)

(DI WANDA MARRA – ilfattoquotidiano.it) – Un ricorso alla Cor da parte delle Regioni per fermare l’autonomia differenziata. È l’altra arma alla quale si sta lavorando contro il ddl Calderoli appena approvato dalla Camera, oltre al referendum. Il capofila dell’operazione sarà il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. D’altra parte, è stato lui a convocare per primo una piazza contro il progetto della maggioranza. Ma stavolta è ben attento a non esagerare nell’intestarsi l’operazione: preferisce procedere in armonia con la segretaria, Elly Schlein, magari in vista della sua ricandidatura alle Regionali e per una maggior convergenza nell’operazione. L’idea è quella di un ricorso a più mani. Si aspetta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma gli uffici della regione Campania sono già al lavoro per impugnare la riforma. Michele Emiliano, presidente della Puglia, politicamente è d’accordo. Da giurista sta studiando la fattibilità tecnica, ma ci tiene a dire al Fatto: “Ove fosse possibile, noi ci siamo”. Meno scontato il sì delle regioni non meridionali a guida centrosinistra. Ma sarà della partita Eugenio Giani (Toscana), che ieri al Corriere della Sera, ha detto: “Zero dialogo e testo sbagliato”. Più delicata la posizione di Stefano Bonaccini. Nel 2018 l’Emilia-Romagna, con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, approvò una pre-intesa per iniziare il percorso dell’autonomia differenziata. Poi, sotto il governo Conte (quando la sua vicepresidente era la stessa Schlein) aveva chiesto l’autonomia per 15 materie, tra cui addirittura la scuola. Al momento, ci sono una serie di pre-intese firmate, ma non è chiaro se la regione procederà su questo binario. Bonaccini, appena eletto europarlamentare, si è espresso più volte contro il ddl Calderoli. È “una colossale presa in giro della proposta che noi avevamo avanzato in Emilia-Romagna, e che era molto diversa da Veneto e Lombardia – ha detto ieri – la proposta che noi avanzammo con una pre-intesa nel lontano 2018 era stata condivisa e definita insieme a tutte le parti sociali della regione e non ebbe un solo voto contrario in consiglio regionale da parte di nessun partito. Puntava a gestire poche delle 23 materie previste, mentre questo governo vuole farle prevedere tutte. Facciamo ridere il mondo”. Non stupisce che molti, Davide Bergamini della Lega in primis, lo taccino di incoerenza. Entro un paio di settimane si dimetterà per trasferirsi a Strasburgo: cosa che lo esimerà dal firmare il ricorso. Anche se a oggi sarebbe favorevole. E poi, c’è la questione Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, molto critico nei confronti della riforma. De Luca vorrebbe coinvolgere anche lui, che però dice al Fatto che non firmerà. Da vedere se sarà irremovibile.

Nel frattempo è partita anche la macchina del referendum. Anche qui, servono 5 regioni promotrici. E poi 500 mila firme. Il referendum abrogativo è, però, di per sé un’operazione rischiosa, visto che raggiungere il quorum è molto difficile (serve la metà degli aventi diritto più uno). A coordinare le operazioni di una battaglia che la segretaria dem intende condurre in prima persona dovrebbero essere Marco Sarracino (responsabile Mezzogiorno) e Alessandro Alfieri (Riforme). Il primo ha iniziato da più di un anno una mobilitazione continua contro il progetto del centrodestra. Il secondo non solo ha la delega in segreteria ma, essendo del Nord e della minoranza, potrebbe essere il tassello che tiene unito tutto il partito sul tema. Perché poi è evidente che ci sono sensibilità diverse tra settentrionali e meridionali.

Per la raccolta delle firme si è mobilitata tutta l’opposizione. È stato Matteo Renzi a chiarire la tempistica: “Con 500 mila firme entro il 30 settembre, nel 2025 si va a votare”.

E un altro atto arriva dai Cinque Stelle. Ieri i capigruppo di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, hanno mandato un appello a Sergio Mattarella per chiedere di rimandare il testo alle Camere in nome dell’articolo 74 della Costituzione che tutela la coerenza del sistema costituzionale e democratico potenzialmente compromessa dal disegno di legge in questione: “La preghiamo di voler valutare l’opportunità di esercitare la Sua prerogativa costituzionale, proprio per salvaguardare il complessivo assetto democratico, nell’ambito della coerenza e della conformità normativa del disegno di legge sull’Autonomia con i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale”, si legge nel testo.