(di Marta Camilla Foglia e Milena Gabanelli – corriere.it) – Nel mondo contemporaneo della moda convivono due fenomeni diametralmente opposti. Il primo è il già citato fast fashion, la moda usa e getta di Shein, Zara, H&M, Primark. Il secondo è l’abbigliamento di seconda mano. La Generazione Z si trova al centro di queste due tendenze. Da un lato continua a guidare il settore del fast fashion (come evidenziato dall’inchiesta su Shein) per la sua accessibilità a bassissimo costo, ma ad altissimo impatto ambientale; dall’altro è capofila nel mondo della moda second hand, per pratiche di consumo più sostenibili, a favore di un mercato che, secondo il rapporto annuale 2024 di thredUP, toccherà la vertiginosa cifra di 350 miliardi di dollari entro il 2028. Negli USA ha già superato di gran lunga il più ampio settore dell’abbigliamento al dettaglio, raggiungendo la cifra di 43 miliardi di dollari nel 2023. Le previsioni dicono che salirà a 73 miliardi entro il 2028.

Dove si compra e dove si vende

Si acquista e si vende onlinesecondo i dati di traffico sull’e-commerce forniti da Similarweb, nel settore del second-hand Poshmark primeggia negli Stati Uniti con una media di 51 milioni di visite al mese, seguito da ThredUp con 14 milioni e The RealReal con 13 milioni. Per quanto riguarda il panorama europeo Vinted si afferma come leader in Italia con 5,8 milioni di visite al mese e 25,8 milioni in Francia. Wallapop emerge nel mercato spagnolo con quasi 22 milioni di visite mensili. Secondo l’Osservatorio Second Hand Economy di BVA Doxa 2023 per Subitoin Italia gli abiti di seconda mano hanno fatturato 7.1 miliardi di euro nel 2023.

Due facce della stessa medaglia

Parallelamente, a livello globale, una nuova piattaforma online di ultra-fast fashion sta rapidamente guadagnando terreno: la cinese Temu, gemella di Shein, lanciata in Europa nel 2023. I dati di Similarweb indicano che la piattaforma ha una media di 104 milioni di visite mensili negli Stati Uniti, arrivando a superare persino piattaforme consolidate come Zalando, nonostante l’impegno di quest’ultima nell’attuare programmi di sostenibilità aziendale. Due tendenze che riflettono le contraddizioni e le potenzialità della generazione Z nel plasmare il futuro della moda e dell’ambiente. Con oltre 100 miliardi di capi di abbigliamento prodotti globalmente ogni anno, la moda ha infatti un serio problema di sovrapproduzione. L’acquisto di abbigliamento di seconda mano, anziché nuovo, può ridurre le emissioni di carbonio del 25%.

Come liberare l’armadio

Nella pratica chi desidera liberare l’armadio in modo responsabile e sostenibile ha diverse opzioni: può rivolgersi ai mercatini dell’usato gestiti da franchising come Mercatino Franchising, Mercatopoli o KecéIn alternativa può scegliere negozi indipendenti oppure utilizzare app e siti di compravendita online come Vinted, Vestiaire Collective, Subito, Depop, eBay, Zalando e Wallapop. Il processo è semplice. Prima di tutto gli abiti devono essere in buone condizioni, lavati e stirati. Successivamente vanno portati nel punto vendita prescelto, dove vengono valutati per determinarne il prezzo. In alcuni casi potrebbe essere necessario registrarsi al mercatino con una tessera nominativa. Una volta accettati, i vestiti vengono esposti in conto vendita. Quando un capo viene venduto il proprietario riceve il 50% del ricavato che può essere ritirato in cassa il primo giorno del mese successivo. I vestiti non venduti entro 30 o 60 giorni potrebbero essere scontati. Trascorso questo periodo il proprietario può ritirare i vestiti invenduti o lasciare che il negozio li metta eventualmente in beneficienza, o donarli personalmente ad associazioni benefiche. Se sono troppo rovinati non sono da considerare spazzatura, ma è consigliabile portarli alla sezione tessuti dell’ecocentro della propria città o ai centri di raccolta comunali. Per coloro che invece preferiscono gestire autonomamente il processo di vendita, le app e i siti di compravendita online offrono un’alternativa conveniente. Qui occorre caricare le foto online, indicare il prezzo e spedire il capo all’acquirente interessato.

Il pilastro dell’economia moderna

Dietro al concetto di usato, però, c’è il perno dell’economia moderna, quella circolare, che va dall’abito ai mobili, all’elettronica: acquistare smartphone, laptop e altri dispositivi ricondizionati diminuisce i rifiuti elettronici e la domanda di nuove risorse. Comprare per esempio mobili di seconda mano (come divani, tavoli e sedie) evita l’utilizzo di nuove materie prime. Secondo l’Osservatorio Second Hand Economy di BVA Doxa 2023 per Subitoil 60% degli italiani ha aderito al mercato del second hand nel corso del 2023 raggiungendo l’1,3% del Pil. Parallelamente a questo incremento dei ricavi, anche il numero di italiani che si sono dedicati all’acquisto di prodotti usati è cresciuto significativamente nel periodo considerato, passando da 19 milioni nel 2014 a 26 milioni nel 2023. Lombardia, Campania, Lazio e Veneto sono le regioni capofila.

Le ricadute dell’economia circolare

Economia circolare significa trasformare il modello lineare di «prendi-produci-usa-getta» in un ciclo continuo di riutilizzo delle risorse. Si parte dalla riduzione di quantità di risorse estratte e produzione di rifiuti, per approdare alla progettazione di prodotti più durevoli, riparabili e riutilizzabili. Lo scopo è mantenere un prodotto in circolazione il più a lungo possibile, riducendo così la necessità di produrre nuovi materiali. Infine, c’è il riciclo ovvero il recupero dei materiali e dei prodotti alla fine del loro ciclo di vita, trasformandoli in nuove risorse utili per la produzione di altri beni anziché un problema da smaltire. È il concetto estremizzato di «rifiuto zero». Un modello che offre una soluzione efficace a sfide globali come il cambiamento climatico, la scarsità delle risorse e l’inquinamento ambientale. E al tempo stesso promuove l’innovazione, aprendo la strada a un futuro più prospero e sostenibile. La strada che porta ad un mondo guidato dall’economia circolare (se mai ci sarà) è lunghissima. Oggi solo il 7.2% dell’economia globale aderisce a questo modello, ma la consapevolezza di ogni singolo individuo può spostare montagne.

Gli effetti positivi del second hand sull’ambiente

Secondo The Second Hand Effect 2022 Report di Adevinta in collaborazione con la società di consulenza Ethos e l’IVL Swedish Environmental Research Institutele azioni degli utenti delle piattaforme digitali prese in esame, come Leboncoin, mobile.de, Kleinanzeigen, Marktplaat, Fotocasa, Habitaclia e InfoJobs, Subito.it, OLX Brasilhanno permesso nel 2022 di salvare potenzialmente 25,3 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. L’equivalente delle emissioni prodotte da 4 milioni di auto a benzina circumnavigando il globo. Inoltre, l’effetto dell’usato ha permesso di risparmiare 1,5 milioni di tonnellate di plastica; 9,1 milioni di tonnellate di acciaio e 0,9 milioni di tonnellate di alluminio. Tradotto in oggetti di uso quotidiano, questo corrisponde a 28 miliardi di bottiglie Pet da 2 litri, 91 milioni di cassonetti della spazzatura in plastica, 62 milioni di lattine, 358 milioni di biciclette e 30 miliardi di cellulari.

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