(Pierfranco Pellizzetti – ilfattoquotidiano.it) – Incurante dell’assedio dei feticisti della parola, ossessionati dalla pretesa (e mai ottenuta) ripulsa della denominazione “fascista” da parte del nostro premier, Giorgio/a Meloni incassa l’ennesimo ossequio: l’omaggio dei lookologi, maestri nell’arte dello strisciare, alla divisa d’ordinanza esibita nel corso del G7 della scorsa settimana. Quella mise, che abbina alle calzature puntute ad arma impropria, modello “schiaccia formiche negli angoli”, la tenuta svolazzante del Jack Nicholson ne Le Streghe di Eastwick, votata sette e mezzo da il Messaggero e premiata su “IO Donna” con la valutazione “styling da copiare” (per tutte le italiane corte di gamba e fianchi robusti). L’ennesimo successo meloniano nel meeting internazionale che ha definitivamente cestinato il radicalismo chic del diritto di abortire e segnato la fine della ricreazione per la breve stagione dei valori civili e sociali cari i poltronisti.

Nella cornice del cafonal brindisino di Borgo Egnazia, che con la sua estetica del fasullo mi ha personalmente riportato alla mente l’infelice esperienza (che continuo a rimproverare alla mia dolce metà) di una settimana a Sharm el Sheikh; trascorsa sbarrato in camera dell’hotel dopo la cena della prima sera, in cui venni travolto dall’orda di compatrioti pastasciuttari all’assalto di pentoloni fumanti nell’afa immobile tra il Sinai e il Mar Rosso; dopo aver scoperto la provenienza bergamasca del beduino che ci riceveva nella tenda folkloristica al centro della finta medina araba per turisti. Lo standard dell’intrattenimento massificato dall’Egitto alla Puglia come estetica del tempo.

Dunque, procede a spron battuto l’arrampicata sociale del nostro Presidente del Consiglio double face, che ha capito perfettamente lo spirito del tempo; nel suo doppio registro: fare l’Orban a casa, presentandosi in sede internazionale-atlantica come il quisling che rompe il fronte del caos dell’ultra-destra; e probabilmente offrirà il proprio appoggio esterno alla rielezione in quel di Bruxelles dell’attempata Barbie tedesca Ursula von der Leyen. Ossia il quadro determinato dall’avvenuta ascesa a Occidente della post-democrazia nel suo imperativo semplificatorio “non disturbare il manovratore”. Con i corollari “eliminare fastidiosi contrappesi” (i controlli di legalità in primis) e “tecnocrazia al potere” (la manipolazione del voto come unzione sacrale dei nuovi controllori).

Dall’osservatorio del luogo dove vivo, l’ordine rampante fatto icona dallo strombazzato “modello Genova” post-Morandi; riproposto monomaniacalmente in diverse versioni (dighe sulla sabbia, skymetro invasivi, funivie e tapis roulant superflui). In linea con la restaurazione meloniana in atto: il combinato disposto di autonomia differenziata per la spartizione del bottino-Italia, abolizione dell’abuso d’ufficio per sanare i pasticci dei pubblici amministratori “amici”, divisione delle carriere per sottoporre la magistratura inquirente al controllo della politica, premierato per cristallizzare i rapporti di forza vigenti.

La nuova coerenza – celebrata nel resort brindisino della ricchezza in mostra a tremila euro per notte – che a livello internazionale significa sottomissione all’egemonia plutocratica del capitalismo finanziarizzato e i suoi business (oggi le armi, domani le frontiere del trans/post-umano a mezzo Intelligenza Artificiale e medicina computazionale); perfettamente interiorizzata e ostentata da Meloni. A cui probabilmente si accoderà in Francia Marine Le Pen, lasciando nei loro getti i trucidi irrecuperabili tipo Vox in Spagna e AfD in Germania. Ottenendo, in cambio della sottomissione, mano libera nel gratificare i manipoli di sostenitori con lo sbaraccamento delle conquiste civili che hanno messo a repentaglio certezze gerarchiche rassicuranti (i miti dell’uomo forte al governo e del maschio in famiglia, fondamentali per la salute mentale di piccola gente che saluta romanamente e oggi pesta perfino chi esibisce il tricolore). Non fascismo – di grazia! – bensì Oscurantismo, illuso di salvare l’egemonia occidentale abbattendo i progetti storici novecenteschi dell’Illuminismo: il New Deal americano e l’Europa federale, entrambi ridotti a gusci vuoti. E dove sono i difensori della civiltà democratica svenduta un tanto al chilo?

Sempre dal mio osservatorio locale, il rappresentante del contrasto all’Oscurantismo fattosi affarismo dovrebbe essere quell’Andrea Orlando che ne ha smarrito la lezione fin dalla tenera età per sposare l’opportunismo cinico della Terza Via (la Sinistra che scimmiotta la Destra) combinata con il culto della partitocrazia. Per cui – secondo l’Orlando – l’errore del concussore-corrotto Giovanni Toti sarebbe stato quello di non coinvolgere i partiti nelle trattative sullo yacht di Aldo Spinelli. Sic! Dalle mie parti si vocifera di un accordo tra il recidivo Orlando e il redivivo Claudio Burlando per occupare lo spazio di potere creatosi a seguito della Tangentopoli totiana.