In Sicilia avanzano gli amici di Totò Cuffaro, in Campania l’ex Dc Lello Topo benedetto da De Luca. Le europee hanno sancito il record di chi non si è recato alle urne e l’irrilevanza del voto d’opinione

(NELLO TROCCHIA – editorialedomani.it) – Alle elezioni europee di sabato e domenica ha votato meno di un italiano su due, un dato che ha sancito il trionfo dei portatori di voto, dei cacicchi, dei mister preferenze. I risultati confermano una tendenza: quando il voto di opinione si sbriciola, si consolida quello di fedeltà. Tocca citare Vincenzo De Luca, il vulcanico presidente della regione Campania, che tempo fa aveva esaltato truppe cammellate e clientele da «fare come Cristo comanda», meglio se a colpi di fritture di pesce.

LA SICILIA DI TOTÒ

In Sicilia c’è il profilo tipo del cacicco, del signore delle tessere e dei voti, in un tempo passato finito anche nella lista degli impresentabili. Si tratta di Totò Cuffaro, meglio noto come Totò vasa vasa, alle spalle una condanna per favoreggiamento a sette anni. Dopo la riabilitazione, ha potuto nuovamente votare, e sostenere con il suo pacchetto di voti un candidato di Forza Italia, Massimo Dell’Utri, solo omonimo dell’ex senatore in passato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il candidato Dell’Utri ha ottenuto 60mila voti, un risultato importante, anche se non tutti i voti della Dc cuffariana sono andati a lui. Alcuni fedelissimi hanno preferito l’assessore regionale, Edy Tamajo, ormai mister 100mila preferenze (121mila per la precisione). Il campione di consensi ha annunciato i festeggiamenti in uno storico stabilimento balneare di Mondello, con tanto di paventata chiusura della strada antistante. Una vita per i partiti quella di Tamajo, ne ha girati diversi prima di approdare in quello azzurro dove ha battuto perfino la candidata sostenuta dal leader Antonio Tajani, l’ex dem Caterina Chinnici, figlia del giudice Rocco ucciso dalla mafia, rimasta fuori dal parlamento europeo. Le signorie territoriali nei partiti sono così. E producono imbarazzi e malumori.

Cambiando schieramento, anche nel Pd si consuma lo stesso strappo con i desiderata del partito centrale. In Campania a staccare tutti gli altri candidati è stato Raffaello Topo, detto Lello. Un passato nelle giovanili della Dc, poi l’esperienza da consigliere comunale a Villaricca, paesone al nord di Napoli, fino al salto nella politica che conta con la passione per la gente e la canzone classica napoletana. Quante etichette per Topo: cacicco, ras, portatore di voti. Intanto, il figlio dell’autista del plenipotenziario Dc Antonio Gava, ha portato a casa 127mila voti nella circoscrizione Sud (quasi tutti in Campania) staccando i candidati cari alla segreteria nazionale: il giornalista Sandro Ruotolo, che ha comunque ottenuto 112mila voti risultando eletto, e Jasmine Cristallo, vicinissima a Elly Schlein, che è rimasta fuori dall’Europarlamento.

Topo era sostenuto proprio dai De Luca, padre e figlio, e da un altro campione di preferenze: Mario Casillo, consigliere regionale di maggioranza. Proprio la segretaria Schlein aveva tuonato, qualche mese fa, contro “i Topo” del partito: «Non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari. Su questo dovremo lavorare tanto insieme, ne va della credibilità del Pd, su cui non sono disposta a cedere di un millimetro».

Al Sud sorridono proprio i democratici, anche se le cifre dell’astensionismo sono a dir poco preoccupanti. A Napoli ha votato il 36 per cento degli elettori, quasi due su tre non hanno neanche ritirato matita e scheda. Nella circoscrizione Sud ha stravinto anche Antonio Decaro, con oltre 500mila preferenze, sostenuto dal presidente uscente della regione, Michele Emiliano. Oltre il successo elettorale di Decaro c’è anche il peso del modello politico del presidente: tutti dentro, alleanze larghe e inevitabili guai giudiziari che hanno coinvolto assessori, consiglieri e fedelissimi. Indagini che hanno avuto un effetto nullo sull’esito elettorale.

Ma non può mancare, in questa breve rassegna, il partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Sempre nella circoscrizione Sud, e nella sua terra campana, era candidato Alberico Gambino, segretario particolare del viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli. La definizione per Gambino è stata offerta dalle cronache che hanno preceduto il voto: è finito nella lista degli impresentabili stilata dalla collega di partito, Chiara Colosimo, che presiede la bicamerale d’inchiesta sulle mafie. Per l’ex sindaco di Pagani, nell’ottobre 2019, dopo lo scioglimento del consiglio comunale nel luglio 2011, il tribunale di Nocera Inferiore aveva dichiarato la decadenza.

Dal processo penale Gambino era finito assolto da ogni accusa, il riferimento dell’antimafia era al pronunciamento di incandidabilità conseguente allo scioglimento per infiltrazioni criminali dell’ente, un atto di natura amministrativa. Polemiche archiviate e Gambino ora è pronto per volare in Europa forte dei suoi 92mila voti, primo per preferenze in provincia di Salerno.

La Lega ha provato a racimolare qualche voto strizzando l’occhio agli abusivi della casa che si battono per un provvedimento del governo per fermare le ruspe, sotto elezioni i referenti locali campani e i candidati si sono avvicinati ai comitati che hanno protestato perché non basta il condono voluto da Matteo Salvini, bisogna fare di più: condonare i fabbricati.

Nell’ultima operazione antimafia a Reggio Calabria uno degli indagati, il capogruppo di Fratelli D’Italia, Giuseppe Neri, ragionava della possibilità di cambiare nuovamente partito, ma temeva l’attacco di una certa stampa. Il suo interlocutore gli diceva di stare tranquillo raccontando il caso di un altro politico che, nonostante una condanna, era stato nominato presidente del consiglio regionale. Un’intercettazione che è un manifesto politico.