(Vincent Russo – ilfattoquotidiano.it) – La politica non è una scienza esatta, per fortuna: avere idee (buone) è un vantaggio, avere uomini e donne (validi) pure. Poi c’è la strategia, la furbizia, la comunicazione – che in politica spesso vale quanto il contenuto – il favore dei media; infine c’è la forma con cui dare vita a una forza politica che chiede la fiducia a un elettorato sempre più distratto e stanco.

Il partito del non voto, di cui in pochi stanno parlando, è il più grande e non ha voce. E’ una forza che non ha forma e non si esprime: un fenomeno che è cresciuto negli anni e forse solo il M5S lo aveva contenuto sia nelle politiche del 2013 e maggiormente nel 2018. Poi è arrivato il risultato che voi lettori conoscete: l’analisi politica della crisi del M5S è stata ampiamente dibattuta e ne traccia i contorni oggi Marco Travaglio nel suo editoriale. Nessuna delle ragioni del declino prevale sull’altra, ma creano quel mix di credibilità e reputazione che ha portato il partito fondato da Grillo e Casaleggio dagli oltre 10 milioni di voti del 2018 ai 2 milioni e 300mila delle Europee 2024.

Giuseppe Conte, che ha ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio in due governi consecutivi, è diventato leader (obbligato) del Movimento 5 Stelle. Una scelta fin troppo facile a un problema molto difficile, l’esistenza stessa del M5S. Ma la popolarità non è una cosa che ti resta attaccata per sempre. Nel 1994 – ricordo – bastarono sei mesi a Mario Segni per far fuori un consenso da record conquistato con la vittoria referendaria del 1993.

Del 9,99 per cento quanti voti sono di Conte e quanti del M5S? Non lo sappiamo ma in ogni caso sono pochi e alla prossima tornata elettorale potrebbero essere ancora di meno. Anche il voto dei giovani fuori sede è preoccupante: solo qualche anno fa era il M5S il più votato tra gli under 30.

Ma il M5S ha ancora senso di esistere, anche e soprattutto perché il Pd non è ancora pienamente scalabile da forze sane. Ripartendo dal basso, dal nulla delle origini, si possono ricreare nuove strategie e leadership in grado di riconnettersi con gli elettori e di affrontare le sfide contemporanee in modo più efficace. Giuseppe Conte potrebbe restare nel Pantheon dei fondatori, insieme a Beppe Grillo, a testimonianza della storia e l’impegno di questi anni complicati, passando per il Covid, in cui l’ex premier è stato l’immagine. I giorni dell’emergenza sono passati da tempo e nessuno ne ha nostalgia: gli italiani vogliono una nuova visione e Conte, ormai è chiaro, non è in grado di dargliela.

Molti attivisti mi stanno dicendo su Twitter: “Ma se togli Conte chi metti?”. Le leadership si possono costruire, anche da zero, bisogna dare spazio alle idee e agli iscritti: solo loro capaci dal basso di rinnovare le sorti del M5S. Ogni costruzione di mero calcolo politico sarà destinata al fallimento.