Ora Conte cerca una exit strategy e valuta l’addio

IL TIMORE: “IMPLODE TUTTO” – “Non farò finta di niente”, ripete. Però non ha alternative: su Appendino pesa la sentenza in arrivo

(ilfattoquotidiano.it) – Forse è uno sfogo, forse una minaccia, forse una mossa per vedere l’effetto che fa. Sta di fatto che nelle scorse ore, di fronte ai numeri che suonavano la canzone della disfatta, Giuseppe Conte ha ventilato le dimissioni da presidente del Movimento. Lo ha fatto di fronte ad alcuni dei big radunati domenica nella sede di via Campo Marzio a Roma, a pochi passi dalla Camera. Lo ha scandito in qualche conversazione; “Non farò finta di niente”. Ma per ora non è andato oltre l’ipotesi del terzo tipo. “L’abbiamo fermato” sussurra un big. “Non è il momento dei colpi di testa” conferma un altro maggiorente. Non è tempo di lasciare andare l’avvocato. Anche se il Movimento è scivolato di poche schede sotto il dieci per cento, minimo storico in una tornata nazionale, un 9,99 che a un deputato è parso di “cifra da sortilegio, roba da esorcismi”. Anche se il Pd l’ha più che doppiato e al Nord i 5Stelle arrancano ovunque anche dietro gli ex piccoli di Avs e anche se alla fine il M5S manderà in Europa appena otto eletti, a fronte dei 14 del 2019.

Per adesso Conte bisogna tenerselo stretto, hanno pensato certi big: pure per scarsità di alternative. Poche, e complicate. Partendo dall’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, ora vicepresidente del Movimento, che nonostante le smentite un mezzo pensiero lo avrebbe anche fatto alla successione, ma solo eventualmente in accordo con Conte, a cui non rifilerebbe mai un colpo basso. Di certo è un volto conosciuto, ha cordiali rapporti con tutte le anime del Movimento, e sarebbe una donna leader, terza incomoda nella partita tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Ma da qui a pochi giorni, il 17 giugno, Appendino attende una nuova sentenza per gli incidenti in piazza San Carlo a Torino, nel giugno 2017, in cui tre persone rimasero uccise, una maledetta calca che turbò il suo mandato da sindaca. Ci sarebbe poi l’ipotesi del grillino dei grillini, Roberto Fico (magari in ticket con Stefano Patuanelli, vagheggiava ieri qualcuno nel corpaccione parlamentare). Ma l’ex presidente della Camera non spinge affatto per il cambio, non ne ha alcuna voglia. E allora? E allora resta l’ipotesi che significherebbe guerra dei mondi a 5Stelle, Virginia Raggi, l’ex sindaca di Roma che con l’ex premier non ha mai legato (eufemismo). Lei, che domenica era ai banchetti di Schierarsi, l’associazione di Alessandro Di Battista, l’ex big con cui condivide l’ostilità verso il Pd. Altra donna di peso, per la politica che ha finalmente cambiato verso nei posti in vetta. Ma è tutto aleatorio. Al vertice dovrebbe restare l’avvocato, il Conte ferito dalle urne. Nel Movimento non erano ottimisti alla vigilia delle Europee, sentivano l’astensione che montava, “e poi non avevamo nuove parole d’ordine da raccontare” ammettono. Ma un tracollo così ha sorpreso quasi tutti. Pure lui, l’ex premier, che l’addio l’ha ventilato. “Ma Giuseppe teme di far implodere il M5S con un suo passo di lato” dice un contiano.

Però è la prima volta che si parla di dimissioni, da quando nell’agosto 2021 venne eletto presidente del Movimento, dopo essere stato a un passo dal fondare una sua lista, vista la frattura con Beppe Grillo. Poi Luigi Di Maio e Fico li convinsero a una tregua armata, e l’ex premier rimase dentro, da numero uno. Con Grillo il garante, che tace di fronte al tracollo. Mentre in serata l’ex premier ha riunito i vertici per una conference call, e stasera terrà un’assemblea congiunta con i parlamentari. Ieri sera ha soprattutto ascoltato, assicurano. E i dirigenti non sono stati teneri. “Il Pd aveva candidature di peso” gli hanno fatto notare, a ribadire la debolezza delle liste del M5S. E da qui è stato facile riproporre il tema dei due mandati, tegola di cui quasi tutti gli eletti invocano la cancellazione. In queste ore si parla anche di un nuovo voto sulla sua leadership, “ma è una cosa che fece già Di Maio” storce la bocca un veterano. Di sicuro serve un segnale, politico, e questo l’avvocato lo ha capito benissimo. Quale, si vedrà.

Campagne Salario minimo, no al premierato e poi la pace: ricominci dalle “cose da fare”
(Antonio Padellaro) – Dal Reddito di cittadinanza alle leggi di contrasto alla corruzione, all’abolizione dei vitalizi dei parlamentari (e tanto altro ancora) è difficile ricordare un movimento politico che, come il M5S, abbia saputo “dire” e poi “fare” con assoluta coerenza quelle riforme che hanno cambiato la vita di milioni di italiani. Ma se oggi mi dicessero di citare dal programma del Movimento una sola cosa capace di coinvolgere e mobilitare i cittadini e gli elettori con lo stesso entusiasmo del passato, non saprei cosa rispondere.

Sono io poco informato? Oppure quell’impetuoso vento di cambiamento ha smesso da tempo di soffiare nelle vele Cinque Stelle? Perché allora non riprendere, o intraprendere, subito e con vigore come reazione alla sconfitta cocente, una campagna martellante puntando su tre battaglie di grande impatto, lasciate a sonnecchiare?

Sul salario minimo presidiando il Parlamento italiano. Per la pace in Ucraina assediando le istituzioni europee. Contro il premierato della Meloni organizzando fin da ora una massiccia campagna per il No. Soltanto se il Pd si dicesse d’accordo (così come Verdi e Sinistra e chi ci sta) si potrebbe poi pensare a costruire un’alleanza politica. Stando sulle cose da fare. Dopo e non prima.
Antonio Padellaro

Assediato Ha tutto l’establishment contro, mollare ora l’avvocato sarebbe un errore
(Barbara Spinelli) – Il Movimento 5 Stelle sta perdendo forza: questo il verdetto del voto europeo.
Lo ha assediato una vastissima alleanza, composta da partiti e giornali che per pigrizia mentale e conformismo sono usi a liquidarlo come partito populista, inaffidabile, responsabile d’aver rovinato la finanza pubblica col Superbonus. Ha giocato contro di lui il partito unico della guerra regnante nell’Unione europea, che in Italia comprende tutti i partiti dell’establishment e che ha bollato Conte come filorusso, filocinese, filo-Trump. Se il timore di una guerra mondiale fosse davvero forte, tra gli italiani, Conte avrebbe avuto più voti. Se i politici contrari all’invio di armi sempre più offensive a Kiev collaborassero, la loro influenza aumenterebbe.
Non mancherà, nel Movimento, chi vorrà scaricare Conte. Non perché troppo ostile al Partito democratico, ma perché troppo ben disposto. Quel che ci vorrebbe è più presenza nei territori, e una pedagogia meno propagandistica e risentita su temi come la guerra, il clima o il Superbonus. Dicono gli opinionisti che Conte si radicalizzerà. È già radicale quanto basta. Liberarsi di lui sarebbe per i 5 Stelle una micidiale regressione.
Barbara Spinelli

Futuro la marginalità non è definitiva: ci sarà bisogno di battaglie identitarie
(Marco Revelli) – I 5 Stelle ci hanno abituati a considerarli un po’ come i gatti che hanno molte vite: hanno avuto grandi exploit e grandi cadute, le Europee non sembrano fare molto per loro e ancor meno le Amministrative, quindi non è facile estrapolare un dato definitivo.
Certo, questa volta il risultato è particolarmente pesante e preoccupante perché avevano un’ottima causa, quella pacifista. Ma non credo che la loro sia una rotta segnata verso la marginalità. La pace sarà ancora centrale così come la battaglia contro lo scasso della Costituzione voluto dal governo con il premierato. Si tratta di battaglie epocali su cui ci si qualifica e in cui ci sarà bisogno di un’unità di forze molto convinta. Sempre con Conte leader?
Credo che Conte abbia svolto bene il ruolo nella sua posizione istituzionale da presidente dl Consiglio, ma come leader mi sembra meno “corporeo”. E la battaglia politica si fa anche coi corpi, con la piazza, con la presenza, con un linguaggio meno forbito a volte. In questa campagna elettorale c’è stata forse anche un po’ di presunzione, per esempio nella rottura a ogni costo con il Partito democratico a Bari. In questo momento però non so se ci siano altre opzioni concrete per la guida del Movimento.
Marco Revelli