(di Riccardo Bellardini – ilfattoquotidiano.it) – Le elezioni europee del 2024 verranno ricordate soprattutto per il dato storico dell’astensione, mai così dilagante. L’affluenza si attesta sotto il 50% confermando un graduale e inesorabile declino del numero di coloro che ancora credono nell’adempimento di uno dei doveri civici fondamentali della democrazia. Per il resto le sorprese son poche, a parte la crescita di Elly Schlein.

Giorgia Meloni si conferma al comando. Conte crolla. Ma la gente non vota più. Perché? La politica ha perso la sua presa sui luoghi di vita e di lavoro dei cittadini. Di anno in anno, ciò è sempre più evidente. La politica non parla più ai comuni mortali, la politica rimane spesso dentro una bolla poco veritiera, come molte cose ormai, inghiottite da un’era social sempre più imprevedibile, dominata dai benefattori col Rolex, da divinità imprenditoriali che si son fatte da sole, da slogan immediati per ottenere facili consensi e dai fan delle sparate di Vannacci, che rappresentano una via estremamente comoda per non stare troppo a riflettere sulle questioni sociali, per liquidare il tutto con una sorta d’ignorante saggezza.

Molti astenuti si rispecchiano probabilmente nelle idee del generale, ma non vanno a votare neanche lui. Molti altri si sdegnano a intermittenza per le derive fascistoidi dei nostri governanti, ma le alternative ci sarebbero; perché dunque non le scelgono? Un mantra su tutti è dominante tra costoro: “Tanto non cambia niente”. L’illusione più grave, più distruttiva, perché è proprio grazie all’astensione che in realtà non cambia nulla. È questa sorta di pigrizia, di sciatteria che ha invaso molte coscienze, che proprio oggi, in uno dei momenti storici più traumatici – in cui, giova ricordarlo, corriamo il rischio di una guerra nucleare – fa sentire i suoi effetti più potenti. Pure se la politica non sta più nella vita comune, pure se ancora tenta, con fatica, di abbracciare il tessuto sociale, nell’amara consapevolezza che non è più e non sarà mai quella di un tempo che non tornerà, cosa spinge il cittadino a trascurare il voto, un tempo baluardo della partecipazione? Perché l’astenuto non vota in nome di un’avversione totale nei confronti del sistema ma poi non scende in piazza per rovesciarlo, quel sistema? Perché non sceglie e poi si lamenta di Giorgia e i suoi fratelli? Perché sceglie di non dare fiducia a forze politiche pacifiste e poi si angoscia per un mondo sempre più militarizzato? Perché sostanzialmente rimane in questa posizione grigia, senza infamia e senza lode?

Una gran fetta della politica è spesso al giorno d’oggi incommentabile, per la corruzione endemica e per l’incoerenza all’ordine del giorno, e per la fatica, già sottolineata, di intercettare la vita vera. Ma davvero solo per questo si rinuncia ad indirizzare la storia, in questi tempi di massacri taciuti e inquietanti chiamate alle armi contro nuovi Hitler? In un momento mai così delicato, perché il cittadino rinuncia consapevolmente ad incidere?