(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti”. Inno di Garibaldi

L’assassinio, cento anni fa, di Giacomo Matteotti per mano di una squadraccia fascista. Elly Schlein che chiude la campagna del Pd a Padova, in piazza della Frutta, dove quarant’anni fa Enrico Berlinguer ebbe il fatale malore. L’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia e della battaglia di Montecassino, monumenti della guerra al nazifascismo. E poi il Manifesto di Ventotene per la promozione dell’unità europea, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, confinati nell’isola del Tirreno per ordine di Mussolini, testo pubblicato da Colorni che ne curò la prefazione giusto ottant’anni fa. Tra poche ore sapremo se e quanto sia stata efficace la comunicazione elettorale della sinistra Memorial, che si affida al proprio pantheon celebrativo. E che, almeno nel linguaggio, tenta di opporsi alla destra Sgarbatella (che ha come archetipo “quella stronza della Meloni”). Anche se andrebbe precisato che nel bestiario della “peggiore campagna elettorale che si ricordi” (a detta degli indignati chic in servizio permanente effettivo) accanto agli espettorati dei Fratelli (e cognati) d’Italia, nonché della coppia a mano armata Vannacci&Salvini, non trovano posto né la Schlein, né Giuseppe Conte, né il duo Fratoianni- Bonelli e neppure Carlo Calenda. Esponenti di un centrosinistra forse noioso e saccente, forse troppo ancorato alla nostalgia canaglia di quando al governo c’erano loro, ma sicuramente coerente nel mostrarsi mai svaccato nella polemica e anzi rispettoso degli elettori. Così come, purtroppo, scontato nell’incapacità di andare d’accordo e nello spianare, per chissà quanto tempo ancora, la strada a questa imbarazzante destra. Più difficile, infine, collocare la Forza Italia dorotea e piuttosto ipocrita di Antonio Tajani: che se non dice le parolacce si è stabilmente imbullonata allo stesso tavolo di potere con i Diabolik alla vaccinara (quanto al Berlusconi tumulato sulla scheda, una prece).

Il responso più atteso che potrebbe uscire dalle urne europee è quello sulla guerra scatenata da Putin. Una robusta consistenza delle percentuali raccolte dagli schieramenti contrari a sostenere e armare Kiev senza se e senza ma (e in conclamata assenza di qualsiasi ipotesi di trattativa) potrebbe indurre i nuovi governanti di Bruxelles a costruire, finalmente, una autonoma politica estera e di difesa. E a dimostrare, nei fatti, che Ue e Nato non sono più sovrapponibili. Prevediamo che sarà, infine, impossibile districarsi dal piagnisteo sul probabile calo dell’affluenza. Orchestrato dagli stessi che hanno ridotto il dibattito politico a una rissa tra ubriachi.