Il presidente di Regione è la carica più alta scelta dai cittadini Il caso ligure riaccende i dubbi sui troppi poteri e sull’elezione diretta

L’autonomia regionale e il potere di re Toti

(ALFONSO CELOTTO – lastampa.it) – Troppo potere o potere usato male?

Stiamo leggendo quello che viene raccontato sul “sistema Toti”: tra l’altro, corruzione, finanziamenti illeciti, supermercati, porto, sponsorizzazioni del calcio. Ricordiamo sempre che in un modello democratico non possiamo farci una idea compiuta fino a che non ci sarà un processo a chiarire tutto, secondo le regole dello Stato di diritto.

Ma è normale che di fronte a questa prima informazione, inevitabilmente superficiale, ci possa venire un dubbio, perché il problema è scindere il comportamento del singolo dalla responsabilità che deriva dall’avere un potere molto ampio: proprio come è per il presidente della Regione che addirittura molti arrivano a chiamare – impropriamente – governatore.

Come sappiamo il sistema è cambiato nel 2001. Prima il presidente della Regione era indicato dal consiglio regionale senza designazione popolare. Con la riforma costituzionale, il presidente della Regione viene eletto direttamente dai cittadini, portando con se un conseguente accrescimento di poteri.

Nel sistema attuale, infatti, ad esempio, ai sensi dell’art. 37 dello statuto della Regione Liguria, il presidente della giunta regionale rappresenta la Regione, definisce e dirige la politica della giunta e ne è responsabile, nomina e revoca i componenti della giunta e attribuisce loro i rispettivi incarichi, convoca e presiede la giunta, promulga le leggi ed emana i regolamenti, indice le elezioni e i referendum. Inoltre, se per qualsiasi ragione cade il presidente cade anche il Consiglio e si torna a votare

Troppi poteri?

Forse incide anche la legittimazione popolare, tipica dei sistemi presidenziali. Si pensi che ad oggi il presidente della Regione è la carica più elevata del nostro Stato a essere eletto direttamente dal popolo, legandolo con forza alla rappresentatività del territorio.

Sappiamo che per secoli raramente i vertici del potere hanno avuto una investitura popolare. Non certo per i re che venivano designati per il sangue e nemmeno per gli imperatori romani che venivano scelti dalle legioni secondo la legge del più forte. In genere le cariche sono designate in maniera mediata, proprio per stemperare la forza dell’investitura popolare. Pensiamo al nostro presidente della Repubblica, eletto da deputati, senatori e rappresentanti regionali e al presidente del Consiglio, designato dal circuito della fiducia parlamentare.

Ma allora il problema è l’elezione diretta o i troppi poteri?

Le notizie di questi giorni possono farci riflettere sulle riforme in corso, perché la cartina di tornasole del funzionamento di un modello politico è la fase patologica e non certo quella fisiologica. Pensiamo all’autonomia differenziata. Porterebbe a un maggior decisionismo e maggiore efficienza dei servizi o un ampliamento eccessivo dei poteri, facendo diventare il presidente della Regione un piccolo Re Sole? E l’eventuale possibilità di far restare in carica i governatori per un terzo mandato ne rafforzerebbe troppo il potere personale?

Lo stesso dubbio può sorgere rispetto alla riforma costituzionale del premierato. Il presidente del Consiglio, eletto direttamente dal popolo, diventerebbe una figura troppo centrale?

Siamo in democrazia, la struttura del sistema si basa sul principio di separazione dei poteri, nato dalle teorie di Montesquieu proprio per evitare gli eccessi del Re Sole.

Probabilmente il vero tema non è dare giudizi di valore o interrogarsi sulla applicazione di apparati giuridici complessi e lontani dalla nostra realtà sociale (presidenzialismo Usa). Teniamo al centro sempre la consapevolezza che il rispetto delle leggi e della Costituzione e il loro corretto utilizzo permettono in ogni caso un buon governo.