EX SOTTOSEGRETARIO, AMNISTIA POLITICA – Sotto indagine. Prima del voto 2 su 3 inchieste che lo vedono coinvolto andranno a chiusura

(DI THOMAS MACKINSON E ILARIA PROIETTI – ilfattoquotidiano.it) – Altro giro, altra corsa. Passata la buriana, Vittorio Sgarbi è pronto a riveder le stelle e che stelle! Conta di sbarcare al Parlamento europeo grazie a una candidatura offerta in dono da Fratelli d’Italia nello stesso giorno in cui il partito di Giorgia Meloni, alle latitudini della provincia di Trento, dà il via libera anche per la sua riconferma al Mart di Rovereto. E la bufera che lo ha costretto a mollare la poltrona di sottosegretario alla Cultura? Tutto è perdonato. Sgarbi non lascia ma anzi raddoppia, a conferma del già noto sin dai tempi di Berlusconi: è una “riserva della Repubblica”, a dispetto dei tanti guai con la giustizia, nuovi e vecchi.

I guai più recenti sono tre indagini che dovrebbero chiudersi prima delle elezioni di giugno. L’inchiesta giudiziaria sul famoso Manetti La Cattura di San Pietro avviata dalla Procura di Macerata sulla scia di quella del Fatto è in fase di deposito delle consulenze tecniche, due o tre settimane e si chiude. L’accusa è di riciclaggio di beni culturali. Il tema è se quello di Sgarbi messo in mostra a Lucca nel 2021 sia lo stesso rubato al Castello di Buriasco nel 2013.

La Procura di Imperia ha chiuso il fascicolo per esportazione illecita a carico anche della compagna del critico Sabrina Colle e del mercante d’arte Gianni Filippini. Si attende a giorni la richiesta di rinvio a giudizio. Al centro dell’inchiesta il presunto Valentine de Boulogne “Concerto con bevitore”, dipinto caravaggesco del 600. Lo compra all’asta la Colle, per la Procura il vero acquirente era Sgarbi che si sarebbe sottratto così dall’onorare il debito con l’Agenzia delle Entrate per 715 mila euro. La Procura di Roma a metà marzo ha chiesto il rinvio a giudizio del critico-politico con l’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Stavolta per “Il giardino delle fate” di Vittorio Zecchin del 1913. L’opera andò all’asta e se l’aggiudicò Sabrina Colle nel 2020 per 148 mila euro. Per la Procura il reale acquirente era il critico, che pure aveva un debito col Fisco di 715 mila euro, ragion per cui ritiene sia stato un escamotage per assicurarsi l’opera evitando di saldare le pendenze con l’Agenzia delle Entrate.

I guai antichi? Dal 1996 è un pregiudicato per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato, avendo riportato una condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione e 700 mila lire di multa. Malato o comunque messo assente giustificato come dipendente della Soprintendenza di Venezia, ma sanissimo per lavorare in tv o ovunque fosse necessaria la sua presenza. Poco male: la sua carriera anziché registrare una battuta di arresto si era vieppiù arricchita di incarichi e poltrone e, per la verità, anche di querele: da ultimo è stato condannato in primo grado per aver diffamato l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi da lui paragonata a Vito Ciancimino, sindaco del “sacco” di Palermo. Ma è la coda di una sequenza di querele ancora da definire in tribunale mentre altre son già arrivate in Cassazione come quella che gli è valsa la condanna nel 2019 per aver insultato via tubo catodico un magistrato, Rosario Lupo, già giudice per le indagini preliminari di Firenze. Con Di Pietro ha fatto meglio: ha perso la bellezza di undici cause ma non è il solo. Per giustificare il debito monstre con il fisco, di cui si dirà appresso, Sgarbi ha serenamente ammesso di aver avuto molte spese, sempre a causa della sua boccaccia. “Ho pagato Scalfari 150 mila euro, ho pagato Travaglio 80 mila euro, ho pagato Di Pietro 300 mila euro”. Sarà per questo che Sgarbi va premiato con un seggio a Bruxelles. Dove dovrà sottomettersi a un codice di condotta a garanzia dell’impegno a non recare disdoro all’istituzione. Poco male. In cambio della promessa di ossequiare il galateo europeo, agguanterà lo scranno che vale l’immunità parlamentare che lo terrà al riparo per tutta la legislatura. Uno scudo analogo a quello che vale per i parlamentari italiani che, come noto, non possono essere sottoposti a intercettazione, sequestro di corrispondenza, perquisizioni e meno che mai l’arresto senza il via libera della Camera di appartenenza.