(DI ELENA BASILE – ilfattoquotidiano.it) – Fa un certo effetto osservare come alcuni direttori dei giornali principali, dediti fino a ieri a stilare liste di proscrizione di molti esponenti del pensiero critico sulla politica occidentale bellicista, militarista e profondamente nichilista (ospitando i più bassi linciaggi mediatici, giungendo alla calunnia e alla diffamazione, operando l’oscuramento di ogni idea contraria al Verbo statunitense e Nato), si travestano oggi da custodi dei valori antifascisti contro la censura meloniana.

Siamo di fronte a un pericoloso e camaleontico trasformismo che può soltanto nuocere alla zoppicante democrazia liberale in cui ci troviamo a vivere in Europa. Utilizzare l’antifascismo militante per chiamare a raccolta i liberali, i democristiani, i socialisti in via di estinzione, quel che resta di una sinistra divisa e in ritirata, serve soltanto a smarrire i valori umanistici e realmente antifascisti. È solo un gioco delle parti, una commedia che conferma l’elettorato di destra e non nella falsa credenza che l’antifascismo sia pura demagogia. Se oggi si volesse veramente celebrare la cultura antifascista che possiamo per convenienza storica far partire dal 25 Aprile (tuttavia, come ricorda Andrea Zhok, è una ricorrenza istituita da un regio decreto, da coloro che col fascismo erano stati collusi) e che ha permeato il primo dopoguerra (ripudio della guerra in Costituzione, antimiliotarismo e antibellicismo, uguaglianza sostanziale e sociale accanto alla libertà liberale, collaborazione contro competizione, tolleranza per il diverso e pluralismo sostanziale), dovremmo individuare i nostri valori antifascisti nel presente. Mi piacerebbe chiedere ad Antonio Scurati di raccontarci se il militarismo, la corsa agli armamenti, la retorica bellicista della Nato siano consoni al suo antifascismo; se il silenzio omertoso su un giornalista di nome Julian Assange, rinchiuso da anni in carcere senza processo e, secondo le Nazioni Unite, torturato nel cuore dell’Europa con un accanimento mai visto, rientri nell’humus culturale antifascista. Ancora vorrei rivolgermi a lui per sapere se la condanna di un governo terrorista come quello di Netanyahu e la denuncia della complicità occidentale nei crimini di guerra a Gaza e in Cisgiordania, non siano espressione del vero antifascismo odierno.

In un bell’articolo sul Corriere della Sera, Antonio Polito paragona alle rivolte sessantottine i moti universitari, in America come in Europa, per la Palestina libera, in quanto le vere ragioni della protesta, oggi come allora, non sarebbero il massacro in Medio Oriente o in Vietnam, ma la critica alla civiltà occidentale, il profondo distacco delle giovani generazione dai valori dei padri, come magnificamente visualizzato nei film di Antonioni Zabriskie Point e Blow up. Credo anche io che siamo di fronte alla nascita di un movimento che, prendendo spunto dall’orrore della strage di Gaza, come cartina al tornasole della falsa democrazia delle classi dirigenti “liberali” asservite alle oligarchie finanziarie, si oppone radicalmente ai valori fondanti della civiltà occidentale con i suoi eterni miti di superiorità dell’uomo bianco, di disprezzo per le altre culture, di conquista predatoria.

La repressione della libertà di pensiero nelle università, l’arresto degli studenti con la falsa accusa di antisemitismo è un fatto gravissimo che ha visto la complicità di una parte dell’accademia. L’antisemitismo è odio per l’ebreo, la sua cultura, religione, persino i suoi tratti somatici. È stato rivolto dagli europei contro la comunità ebraica internazionale. Nelle università i ragazzi che volevamo cinici, “computerizzati” e moralmente amorfi manifestano a favore di un popolo martoriato, quello palestinese, contro il governo israeliano occupante, brutale, razzista e terrorista. Se la comunità ebraica internazionale non insorgerà con più forza affratellandosi al movimento pro-Palestina sarà un fatto grave che porterà a fuorvianti identificazioni fra essa e le azioni criminali di Netanyahu. Certo, c’è stato il barbaro massacro di Hamas del 7 ottobre contro ebrei innocenti, su cui attendiamo un’inchiesta per chiarire i tanti aspetti opachi, ma quell’azione terroristica non giustifica il massacro dei palestinesi che ha indotto la Cig a intimare a Israele di fermarsi per evitare un genocidio. L’eliminazione di Hamas è un obiettivo strategico irrealizzabile, un alibi per poter perpetrare l’azione bellica contro il diritto internazionale e umanitario, l’allargamento del conflitto, la guerra permanente che permette a Netanyahu di restare al potere. Israele è lo specchio dell’Occidente e della nostra visione patologica del mondo. Dominare attraverso la destabilizzazione e la forza militare. Staccare Riad dalla Cina e dall’Iran promettendo armi, arricchimento dell’uranio e accordi con Israele sulla pelle della Palestina. Una strategia davvero illuminata, non c’è che dire.