(DI DANIELA RANIERI – ilfattoquotidiano.it) – La galleria di panzane diffuse dai media occidentali mainstream sulla guerra della Russia all’Ucraina (e della Nato alla Russia per mezzo dell’Ucraina) si arricchisce di un nuovo pregiato pezzo: secondo il Wall Street Journal, che cita fonti dell’intelligence americana, molto probabilmente Putin non ha ordinato direttamente la morte di Alexei Navalny.
Strano: i nostri investigatori pubblici – analisti, politici, giornalistucoli al servizio di Washington – avevano risolto il caso già 20 secondi dopo la notizia della morte del blogger dissidente nella colonia penale nell’Artico russo dove Putin l’aveva rinchiuso, stabilendo che il mandante (se non l’esecutore) dell’omicidio fosse proprio il presidente russo. Ciò perché 12 secondi dopo, il capo del mondo libero, Biden, aveva dato il “la” ai coristi: “Il responsabile è Putin”, motivo per cui “dobbiamo continuare a finanziare l’Ucraina”. Si accodava Borrell, capo della diplomazia europea: “È responsabilità esclusiva di Putin”, mentre Zelensky orchestrava un crescendo: “Navalny è stato ucciso”, “Putin dovrà rispondere dei suoi crimini”, “Putin uccide sempre”, come Terminator. La versione ufficiale dell’Europa-bene ricalcava pari pari quella della moglie “guerriera” (Repubblica) di Navalny, incidentalmente a Bruxelles a poche ore dal fatto, in un video editato con straordinaria raffinatezza e pubblicato integralmente a siti, tg e rotative unificati: “Dovrebbe esserci un’altra persona al mio posto, ma quest’uomo è stato ucciso da Putin. Putin ha ucciso più dell’uomo Navalny… voleva uccidere le nostre speranze, la nostra libertà, il nostro futuro. Sappiamo esattamente perché Putin ha ucciso Alexei. Ne parleremo presto”.
Intanto i nostri si portavano avanti. Nessun dubbio che “Putin killer” (Giornale) avesse ucciso “l’oppositore guerriero più forte del veleno” (Stampa), con condanna del “partito trasversale che assolve Putin” (Corriere). La Stampa riconosceva i chiari “sintomi dell’avvelenamento da Novichoc”. Molto suggestiva anche la pista della “tecnica segreta del Kgb del pugno sul cuore”. Del resto, il piano sequenza delle bugie della Nato mediatica è eloquente: missile ucraino caduto in Polonia fatto passare per russo per volontà di Zelensky; russi che fanno esplodere un proprio gasdotto per accusare gli ucraini (New York Times e Die Zeit rivelarono invece che Nord Stream 2 saltò per azione di sabotatori ucraini); i russi che da 24 mesi controllano la centrale di Zhaporizhzhia e si bombardano da soli; Putin dietro l’attacco del 7 ottobre in Israele (alcuni terroristi parlavano russo, come assicurato da Bernard-Henri Lévy); esplosione di droni sul Cremlino come risultato di un attacco russo fallito, che però il New York Times ha rivelato essere un attacco “orchestrato da una delle unità speciali militari o di intelligence dell’Ucraina, l’ultima di una serie di azioni segrete contro obiettivi russi” (come l’assassinio della figlia del filosofo putiniano Dugin, da molti attribuito sulle prime a Putin), etc. I nostri filo-atlantisti si sono buttati con voluttà sul povero Navalny. Quando gli ricapitava il cadavere di un “combattente per la libertà” (Michel, presidente del Consiglio europeo), un “lottatore per la democrazia” (Metsola, presidente del Parlamento europeo), un “coraggioso lottatore per la libertà” (Gentiloni, commissario agli Affari economici) da ostentare agli occhi del mondo quale prova della brutalità e insieme della debolezza di Putin?
Vietato paragonare Navalny, rinchiuso in un gulag in Siberia da Putin, ad Assange, rinchiuso a Londra per conto degli Usa per aver rivelato al mondo i crimini di guerra degli americani; c’è una bella differenza se a torturarti è una democrazia o una dittatura: nel primo caso soggiorni a temperatura continentale e devi rallegrarti della superiore civiltà di chi ti reclude. E il fatto che Navalny sia morto mentre Assange è biologicamente vivo non è forse la prova che gli occidentali sono più buoni di Putin? Guai anche a dire che Navalny militò in un movimento, La marcia russa, razzista e filo-nazista, perché nelle testoline di certuni ciò (scrivere la verità) equivaleva a fare un favore a Putin ed essere pagati in rubli. Ormai ci siamo abituati (Travaglio, siccome disse che Putin era certamente il responsabile morale ma non necessariamente il responsabile materiale della morte di Navalny, era chiaramente putiniano, se mai servissero altre prove), poi arriva qualche inchiesta di giornali veri cioè non corrotti, peraltro americani (ciò che manda i propalatori di bufale in cortocircuito) che confuta le balle, e i mistificatori fischiettano, si riposizionano e con nonchalance danno per assodata la nuova (e vera) versione dei fatti. Non contemplano la possibilità che, se Putin è un autocrate criminale, loro sono comunque bugiardi, propagandisti o professionisti farlocchi.
(Tocco d’artista: Putin non sarà responsabile della morte di Navalny, ma lo è dell’astensionismo degli elettori italiani alle Europee).