SILVIO CREÒ LA SUA BAT-CAVERNA NELLA “REGGIA” IN SARDEGNA – Emulato da Montezemolo e, a Sabaudia, dal n. 1 del Coni

(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – Custodite nei polverosi archivi della cronaca politica italiana, ci sono storie di abusi edilizi immaginifici, in un certo senso straordinari. Il capolavoro del genere non poteva non appartenere a lui: Villa Certosa, la residenza di Sardegna del sultano Silvio Berlusconi. Cosa mancava nel regno del Cavaliere? Nulla. È il luogo dove la grandeur e certi aspetti egomaniacali della sua personalità hanno trovato compiuta rappresentazione: piantagioni di cactus, agrumeti, vasche per la talassoterapia, un anfiteatro, il depuratore, il bacino antincendio, i campi da tennis, la torre degli ibischi, un fantascientifico vulcano artificiale. E poi una struttura da far invidia alla Bat-caverna: la piscina sotterranea coi mosaici di Poseidone, illuminata da giochi di luce kitsch, stile discoteca anni 90, e impreziosita da passerelle stile sfilata di moda. Nel 2004 B. provò a sostenere che quel mondo sotto terra era stato scavato nella roccia solo per la sua sicurezza personale, poteva essere usato come uscita d’emergenza in caso di attentati, suggerita “dai servizi segreti” dopo aver ricevuto “38 minacce di morte”. Parte dei manufatti lisergici di Villa Certosa è avvolta nella leggenda. La soprintendenza agli scavi, secondo Berlusconi, si avvalse della consulenza di Pietro Lunardi, ex ministro delle Infrastrutture: “Gli ho chiesto di non rovinare nulla, invece sui giornali sardi si parla di ascensori, incrociatori, sommergibili. Tutta roba da pagliacci infiniti”, il Caimano dixit. Le “bellezze” di Villa Certosa furono svelate dai blitz del fotografo Antonello Zappadu, ma la rocambolesca vicenda giudiziaria si chiuse con un nulla di fatto: le 13 accuse di abusi edilizi e violazioni delle leggi ambientali non portarono a nulla, si stabilì che una parte dei lavori pare fosse autorizzata, l’altra condonata (50 mila euro di sanatoria). E via.

Gli altri abusi che sono entrati nella storia del potere italiano sono un po’ meno spettacolari. A livello di sfarzo e di audacia, forse l’unica che regge vagamente il confronto è la villa a Sabaudia di Giovanni Malagò. La contesa tra il Comune pontino e il presidente del Coni va avanti da 15 anni. Vasto programma edilizio, quello di Malagò: nel piano interrato di 118 metri quadrati è riuscito a ricavare una stanza massaggi con bagno, una stanza vogatori con un’altra toilette, una stanza pluriuso, un atrio d’ingresso, un ripostiglio e un corridoio. A turbare la sua pace nell’oasi all’ombra del Circeo c’è pure la sanatoria respinta per mettere in regola tre dependance, un pezzo di cucina, la tettoia per le auto, il vialetto, il barbecue delle mitologiche grigliate con gli amici vip. Le prime richieste di demolizione sono arrivate nel 2009, Malagò resiste stoico: dopo aver perso ogni passaggio della sua battaglia legale – compresi i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, come ricostruisce un articolo di Repubblica dello scorso febbraio – il presidente del Coni ha impugnato le sentenze in Cassazione.

Il resto degli abusi “politici” sono in fondo trucioli, rimasugli rispetto a queste due operazioni titaniche. Meritano comunque una menzione: i lavoretti illegali di Luca di Montezemolo nella villa di Anacapri (un anno di condanna); la casa sull’albero di tre piani per il birdwatching di Marcello Dell’Utri (otto mesi); la visita della Guardia di Finanza alla residenza nel Gargano di Massimo Casanova, mr. Papeete, legionario di Matteo Salvini; i vani galeotti scavati nel tufo da Bruno Vespa nella sua splendida villa a Ponza (patteggiamento e multa da 16.500 euro); la piscina di Franco Bassanini (ex ministro prodiano) nella casa di Orbetello (una vasca per l’irrigazione dei campi che si era magicamente trasformata in una piscina, reato estinto grazie alla prescrizione); il “piccolo manufatto” fatto costruire da Vincenzo Visco nella sua residenza di Pantelleria “utilizzato per le bombole del gas”. E ancora: i guai ricorsivi dei 5 Stelle in Campania, dal babbo di Luigi Di Maio all’ex sindaca di Quarto, Rosa Capuozzo (i cui piccoli abusi si mescolarono a una storiaccia di camorra e minacce subite, e ne causarono l’espulsione dal M5S) fino alle recenti accuse nei confronti del deputato Alessandro Caramiello per i manufatti da abbattere nella sua villa vesuviana di Portici (un soppalco, due balconi, un vano). Molti altri restano fuori dall’elenco, perché l’abuso edilizio, come direbbe Stanis La Rochelle, è “molto italiano”: democratico, interclassista e interpartitico. Certo, più è grande il portafogli, più la cubatura s’impenna.