JESOLO, RIMINI & C. – L’esecutivo non vara il regolamento per le gare chieste dall’Ue e s’inventa una nuova mappatura delle coste: la prima, che negava la necessità dei bandi, era stata bocciata da Bruxelles
(DI LEONARDO BISON – ilfattoquotidiano.it) – Sulle concessioni balneari la tattica del governo non è cambiata: nessuna gara. Fatta una mappatura della situazione, che è stata bocciata dall’Ue, ora si dice che se ne farà un’altra. Così, anche di fronte alle manifestazioni di piazza del settore, sceso a Roma l’11 aprile per chiedere un intervento legislativo, la risposta è rimasta sempre la stessa: vedrete che l’Europa ci darà ragione. Ma, settimana dopo settimana, a gestire il caos normativo in prima linea si stanno trovando i sindaci delle città interessate. E sarà sempre peggio fino al 31 dicembre.
Il quadro legislativo è ormai noto: in base alla direttiva europea Bolkestein, l’Italia deve mettere a gara le concessioni demaniali, balneari e non solo. Nessun governo lo ha fatto per un decennio, puntando a proroghe successive, ma una serie di sentenze del Consiglio di Stato – la più importante nel 2021 – e le pressioni europee hanno reso imprescindibili le gare. Nel decreto Milleproroghe del luglio 2022, governo Draghi, è stato stabilito che tutte le concessioni sarebbero andate a gara entro il 31 dicembre 2023, come imposto dal Consiglio di Stato, e che successivi decreti attuativi avrebbero determinato come organizzare le gare e gli eventuali indennizzi per i concessionari uscenti.
Ma quei decreti non sono mai stati scritti e già dall’estate scorsa decine di sindaci hanno chiesto al governo di intervenire: senza un intervento legislativo, i funzionari comunali che avessero prorogato le concessioni sarebbero incorsi in un illecito, mentre in caso di gare pubblicate ognuno sarebbe andato per conto suo. È quello che sta succedendo: il governo ha concesso una proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024 e sta scommettendo sulla trattativa con l’Ue. Una prima mappatura, ultimata a settembre, ha sancito che solo il 30% delle spiagge italiane sia in concessione, negando la “scarsità” della risorsa da mettere a gara. Ma non ha convinto il commissario Ue Thierry Breton, che ha invitato a un’analisi più “qualitativa” delle aree demaniali. Questa la linea che il governo ha ribadito, dieci giorni fa, alle associazioni dei balneari: una nuova mappatura e trattative ad oltranza per evitare nuove gare e la procedura di infrazione. Nel mezzo, c’è la realtà.
Il caso Jesolo.
Il Comune fattosi agnello sacrificale dell’inerzia governativa è stato Jesolo, in Veneto. Forte di una legge regionale che prevede che a presentare istanza sia il gestore uscente, e se non la presenta nessun altro la spiaggia resti a quello, il sindaco di Fratelli d’Italia ha puntato ad aggiudicare i pezzi di litorale prima dell’inizio della stagione. Ma in due casi sui primi 8 aggiudicati a febbraio ha fatto domanda più di una cordata: in entrambi i casi non hanno vinto gli uscenti. Gli sconfitti hanno parlato di “guerra fratricida” ed è partito un coro unanime da sud a nord sul “rischio grandi capitali”. Confcommercio insieme ai sindacati balneari ha condannato l’esito delle gare, Confcommercio del Veneto invece ha detto che vanno benissimo. Anche perché ad aggiudicarsi una delle concessioni contese, in cordata con altri, è stato un dirigente locale di Confcommercio. Maurizio Gasparri, insieme a diversi politici di maggioranza, ha criticato il Comune: “Non avrebbe dovuto fare gare in assenza di regole nazionali”. Sono partiti i ricorsi degli sconfitti e tutte le altre aggiudicazioni previste prima dell’estate sono state rinviate a ottobre: il Tar si esprimerà l’8 maggio sulla richiesta di sospensiva, che se accolta creerebbe un’estate di caos. L’amministrazione però chiarisce: con le leggi vigenti non era possibile prorogare le concessioni senza far partire le nuove gare.
Rimini e gli altri.
Così da mesi ognuno va in ordine sparso, usando criteri diversi. Rimini, Ravenna, Genova, Lignano, Latina e decine di altri Comuni hanno avviato le gare prorogando, contestualmente, di un anno le concessioni. Le aggiudicazioni sono previste alla fine della stagione e, in assenza di criteri condivisi a livello nazionale, il bagno di sangue per i politici locali che dovrebbero assumere le decisioni è pressoché certo. “La tattica del silenzio, della dilazione e della furbizia porta a un solo approdo: le cose comunque vanno avanti, anche se si fa finta di non vedere. E alla fine questi sono i risultati. Se le gare vedono prevalere soggetti che hanno grandi capacità finanziarie e di investimento, il rischio è che si perdano quella tipicità e quel tratto umano che è stato il punto di forza” delle spiagge italiane, ha detto, subito dopo gli esiti delle gare, il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad (Pd). E dire che le hanno vinte solo imprenditori locali, pur se con il criterio dei maggiori investimenti.
I ricorsi.
Altri amministratori si sono limitati a prorogare al 31 dicembre le concessioni, senza avviare le gare. Che non fosse una buona idea lo hanno appreso i Comuni contro cui ha presentato ricorso il coordinamento nazionale Mare Libero, che da tempo insiste per lo stop alle proroghe. Da febbraio, una serie di sentenze dei Tar di Calabria e Campania, citando le sentenze pregresse del Consiglio di Stato, hanno dichiarato illegittime le proroghe: “Le disposizioni legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto eurounitario”. “Tutte le autorità amministrative e giudiziarie sono chiamate a compiere il proprio dovere di accertamento, controllo e sanzionatorio” già oggi, spiega Roberto Biagini di Mare Libero.
I sindacati balneari.
Nel frattempo, dopo anni di promesse impossibili, le associazioni dei balneari arrivano all’estate divise tra chi propone uno sciopero e chi spinge per una linea concertativa con il governo. “Per avere regole certe, se sarà necessario, ci saranno ulteriori step di forte pressione verso la politica – aveva detto alla manifestazione dell’11 aprile Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba – Se non verremo ascoltati siamo pronti a tenere le spiagge chiuse”. “Noi siamo tutti uniti e vogliamo una sola cosa, continuare a fare il nostro lavoro”, ha ribadito Antonio Capacchione di Sib-Confcommercio.
Altri 9 sindacati di balneari, però, avevano scelto di mandare una lettera al governo in cui si ribadiva “il più vivo sostegno” a Meloni “per come sta conducendo questa non semplice trattativa”, chiedendo un incontro, che si è tenuto il 16 aprile: continueremo a trattare con l’Ue, la promessa, nessuna gara. Quelle, semmai, le faranno i Comuni a loro rischio e pericolo, mentre il governo mappa – e rimappa – le coste.
Leggendo l’articolo mi sembra quasi di rivedere, metaforicamente, i documentari naturalistici di Quark/Superquark ambientati nell’africa australe, dove ci sono due stagioni quella secca e quella delle piogge.
Durante la stagione delle piogge si formano immensi bacini dove vivono i pesci; quando arriva la stagione secca i bacini cominciano ad asciugarsi e i pesci diventano, via via che il bacino si asciuga, sempre più facili prede.
Stanno cominciando a capire che la protezione che hanno avuto sta per finire e cercano disperatamente di salvare il salvabile.
Inutile, con 3000 MLD di debito pubblico, chi dovrebbe difendervi è come se andasse a combattere una guerra moderna a mani nude.
Ricordatevi lo slogan del vostro difensore d’ufficio: “La pacchia è Finita”
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Le spiagge andranno all’asta ogni anno ma alla fine non sarà un vantaggio per i consumatori che si vedranno caricati dei nuovi costi come succede per ogni aumento in ogni settore. L’ultima ruota del carro è quella che paga per tutti.
E ovviamente, anche qui, l’opposizione di turno viglilera, si opporrà e farà di tutto per tutelare i nostri interessi.
Amen.
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Come ho scritto altre volte il mio desiderio, che presumo rimarrà tale, è che le spiagge siano libere.
Si faranno le aste tutti gli anni? Meglio fare le aste dando la possibilità ad altri soggetti di partecipare che lasciare le spiagge sempre in mano agli stessi che considerano una concessione come un diritto di proprietà.
Aprire alla concorrenza di più soggetti significa anche rompere quel legame perverso che esiste tra i balneari e coloro che dovrebbero vigilare sul rispetto delle regole.
Hanno la concessione per 200 m di spiaggia e se ne prendono 400. chi controlla?
Se proprio devo scegliere tra l’attuale situazione e le “murtinazzzionali”, come sostengono loro, preferisco le multinazionali, almeno essendo in pochi soggetti diventa più facile controllarli ed eventualmente sanzionarli; attualmente c’è solo l’anarchia.
Altro aspetto di fare le aste tutti gli anni è che devono essere pubbliche e quindi si può conoscere quanto pagano di oneri allo stato; sperando che tali oneri siano congrui; non le attuali miserie a fronte di tariffe da usuraio applicate ai bagnanti.
Penso pi a Briatore e alla sua socia sfrattati dal Twiga, e penso a Crozza.
Sarebbe un bellissimo momento.
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