Una pattuglia di custodi dell’ortodossia occidentale attacca la nostra Ranieri per un articolo sullo show montato da Vespa. Ego gonfiati in guerra permanente. Non bisognerebbe prendere sul serio quello che succede su […]

(DI TOMMASO RODANO – ilfattoquotidiano.it) – Non bisognerebbe prendere sul serio quello che succede su Twitter. È quel luogo digitale dove ego strabordanti e inconsolabili cercano un senso a una storia che un senso non ce l’ha; sono spesso giornalisti con opinioni tanto grandi, spiriti piccini e precario contatto con la realtà, ma molto tempo da riempire con anatemi tascabili e riflessioni in miniatura. E forse l’illusione di colmare, in una manciata di caratteri, la perdita di credibilità e di prestigio di un mestiere detestato e sulla via della sostituzione molto più che etnica dell’intelligenza artificiale. Insomma, si riesce a prendere sonno anche senza frequentare Twitter, lasciate perdere: scegliete la vita.

Questa è la premessa, che purtroppo ci tocca sconfessare clamorosamente e subito. Perché questa piccola storia che dobbiamo raccontare si presta a fare da esempio a una realtà più ampia e forse più significativa. La protagonista è, suo malgrado, la nostra collega Daniela Ranieri. Lunedì, con l’ironia che è una delle sue cifre stilistiche, ha firmato un articolo che mette alla berlina la fantasmagorica puntata speciale di Porta a Porta con ospite Volodymyr Zelensky. Ranieri ha giocato sulla retorica bellica del presidente ucraino e sulla complicità dei giornalisti che avrebbero potuto incalzarlo; su quello che è stato detto e mistificato, su quello che non è stato detto e sicuramente non è stato domandato.

Appena pubblicato il pezzo, è scattato il prevedibilissimo riflesso condizionato: la salivazione pavloviana dei watchdog del pensiero corretto, i custodi dei valori occidentali schierati a testuggine (anche) sui social network; l’articolo di Ranieri – questa la sentenza – è solo l’ennesima, maleodorante esalazione del Fatto Putiniano. È così da un anno è mezzo: c’è l’esercito del bene da una parte e l’emisfero filorusso dall’altro. Qualunque forma di argomento, riflessione, dubbio, rovello – non sia mai persino notizia – sulla guerra in Ucraina e le eventuali responsabilità dei “buoni” è marchiata con l’accusa più infame: siete al soldo del porco dittatore.

Stavolta apre le ostilità Sofia Ventura, politologa e saggista liberal: “Ho letto Daniela Ranieri. Cosa può ottundere tanto le menti da indurre all’odio di un paese aggredito e alla giustificazione di un regime criminale, nutrendosi di falsità abissali? Il 900 con le sue tragedie è passato inutilmente”. Non è affatto chiaro in quale passaggio dell’articolo abbia riscontrato “l’odio” dell’Ucraina e “la giustificazione di un regime criminale”: la puntuale richiesta di precisazioni, al riguardo, è inevasa; Ventura non è in grado di spiegarsi. Secondo la sua biografia online – facciamo affidamento a Wikipedia – Ventura è stata “una degli intellettuali di riferimento dell’area finiana” e nel 2009 ha pubblicato sulla rivista FareFuturo, legata a Gianfranco Fini, un discusso “j’accuse sulle veline in politica”: non risulta altrettanto sensibile, se ne deduce, sulle veline nel giornalismo (non ballano sul cubo come quelle di Striscia, ma possono trasformare l’intervista a uno statista in guerra in uno show nazionalpopolare).

La pattuglia degli accusatori di Ranieri si gonfia ora dopo ora con il contributo di preziosi rappresentanti (per lo più) dell’opinione liberale e atlantista, giornalisti e non.

C’è il radicale Marco Taradash – ex deputato di Forza Italia –, il giornalista fogliante Luciano Capone, quello della Stampa Jacopo Iacoboni (colui che scambiò la moglie di Brunetta per un troll digitale in grado di mettere a rischio la tenuta democratica), il cronista di guerra Cristiano Tinazzi (come segnala l’Anpi di Pavia, ex dirigente del movimento neofascista Avanguardia Nazionale).

È quest’ultimo a divulgare la notizia che stabilisce in via definitiva l’associazione tra il Fatto Quotidiano e i criminali russi: su Telegram – scrive Tinazzi – l’articolo di Daniela Ranieri è stato condiviso e “applaudito” dal propagandista putiniano Vladimir Soloviev, giornalista di regime notoriamente vicino allo Zar. Detto che una simile associazione non riempie d’orgoglio proprio nessuno, tendiamo a escludere che sia stata Ranieri sollecitare Soloviev – magari con un messaggino su Whatsapp – per segnalargli la sua invettiva su Vespa e Zelensky. Come può essere colpa del Fatto? Noi comunichiamo direttamente col Cremlino.