Ci risiamo. Il rettore dell’Università di Milano Elio Franzini e il rettore del San Raffaele Felice Gherlone, insieme a una decina di altri docenti, urologi o luminari per le malattie dell’apparato respiratorio, sono stati […]

(DI MASSIMO FINI – ilfattoquotidiano.it) – Ci risiamo. Il rettore dell’Università di Milano Elio Franzini e il rettore del San Raffaele Felice Gherlone, insieme a una decina di altri docenti, urologi o luminari per le malattie dell’apparato respiratorio, sono stati messi sotto inchiesta per concorsi truccati attraverso quello che potremmo chiamare un “traffico d’influenze” a livello universitario. Questo malcostume italiano era da sempre noto ma ci volle un docente di origine inglese, Philip Laroma Jezzi, per denunciare pubblicamente, nel 2017, quello che tutti sapevano e facevano finta di non vedere. Significativo è il colloquio telefonico, intercettato, che si svolse allora fra Laroma Jezzi e un docente che lo rimproverava perché non voleva farsi coinvolgere nel malaffare: “Dai, non fare l’inglese!”, cioè non comportarti da persona perbene. Sette docenti fiorentini furono abbottegati (lo scandalo riguardava la Statale di Firenze).

Una mia simpatica amica, quarantenne, che si è laureata alla Statale di Milano per iniziare la carriera universitaria abbandonandola molto presto, avendo visto com’era l’andazzo, e che oggi ha un ottimo lavoro in una grande azienda con compiti che poco hanno a che fare con la sua laurea, mi ha obiettato che non è affatto detto che i “raccomandati” non possano essere anche buoni professori, sia come docenti che come ricercatori. Vero, ho qualche esperienza personale in proposito. Ma è anche vero che ci possono essere ragazzi molto meglio preparati a cui questo sistema di corruttela diffusa sbarra la strada o costringe ad attese interminabili per cui va a finire che i migliori se ne vanno alla ricerca di altre opportunità. In Italia non c’è solo la fuga dei “cervelli” ma anche dei “cervelletti”. E anche questo spiega la condizione deplorevole del nostro sistema universitario. Del resto il ministero dell’Istruzione (ora anche del Merito) è sempre stato considerato di serie B e dato come contentino a chi in quel momento era politicamente sul pavé. Non è che in questo ministero si sia mai visto non dico un Renzo Piano, sarebbe pretendere troppo, ma nemmeno monsignor Ernesto Galli della Loggia. A monte c’è il fatto che i licei e anche gli atenei per molto tempo sono stati considerati un serbatoio di precari che andavano mantenuti in qualche modo (altro che “Reddito di cittadinanza”).

Ma lasciamo l’università per dirigerci verso la politica e il rispettabilissimo mondo imprenditoriale. Il governatore della Sardegna Christian Solinas è inquisito, oltre che per gravi reati di esplicita corruzione, per aver fatto quello che normalmente avviene nelle università: mettere un proprio “protetto”, non si sa quanto competente, al posto di un “protetto” di qualche rivale a cui però viene promesso di essere remunerato in futuro.

Purtroppo il nostro è un Paese storicamente “familista”, ma mentre un tempo questo “familismo” si limitava a chiedere una raccomandazione al farmacista (autentica potenza nei piccoli borghi), al parroco o nei casi più fortunati al vescovo, oggi raggiunge livelli elevati anche nelle Istituzioni e nell’imprenditoria. Insomma non c’è settore che non sia inquinato dalla corruzione propriamente detta o da quello che ho chiamato “familismo”. In Italia il più pulito “c’ha la rogna”.

Anche il calcio è pienamente coinvolto, vedi le inchieste su Juventus, Roma, Lazio, Salernitana, Sassuolo, Atalanta, Verona. Ma nessun allenatore, a differenza di quello che avviene nelle università con presidi felloni, si sognerebbe mai di far giocare un brocco raccomandato al posto di un fuoriclasse. Ci provò Gheddafi che era entrato nel Consiglio d’amministrazione della Juventus solo per far giocare suo figlio, Saadi, che ha fatto una fine quasi peggiore di quella toccata, in questo caso del tutto ingiustamente e con modalità che farebbero orrore anche ai “tagliagole” dell’Isis, a suo padre.