(Tommaso Cerno – lidentita.it) – Servirebbe un armocromista per il lavoro. Per cogliere le tinte che lo Stato ci aveva venduto come sfumature e che sono invece diventate lo sfondo di vite disagiate, il fondale di un precariato talmente diffuso da essere strutturale. L’abbinamento migliore per queste colorazioni di vite umane è molto difficile da stabilire. Ma è proprio dalla sinistra che ci si aspetterebbe un quadro cromatico corrispondente a quell’idea di uguaglianza sulla quale a parole ancora oggi i progressisti puntano come fondamento della loro idea di Paese. Cerchiamo di uscire domani, primo maggio, dalla polemica sulla consulente d’immagine di Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, e di ispirarci a questa idea del colore per mettere mano alla tinta fosca che milioni di persone vedono la mattina aprendo gli occhi e guardando verso quella direzione che un tempo si chiamava futuro. E’ questa la sfida che oggi chi sta all’opposizione della destra deve cogliere. Presentando una riforma o un documento che ci spieghi come possiamo mettere mano ai contratti da Far West che ormai dominano il Paese. Milioni di persone che non fanno in tempo a festeggiare la cosiddetta assunzione che già si trovano a fare i conti con paghe da schiavi, sotto i 4 euro l’ora, in un Paese dove ormai con 1500 euro al mese non campi davvero. Quello che ci aspettiamo dalla sinistra è davvero un cromatismo nuovo. Un disegno di quello che può essere il futuro di un Paese che è sempre stato capace di immaginare meglio degli altri come l’uomo sarebbe progredito. Ma che oggi nel continuare a farlo è finito nelle mani di un sistema finanziario ed economico globale che di fatto ha smesso di considerare il lavoro lo strumento di sviluppo delle persone, delle famiglie e della società nel suo insieme. Lo considera piuttosto una mansione, anzi una funzione temporale da affidare a esseri umani fino a quando le macchine non saranno in grado di sostituirli. È molto lontano tutto questo dal progetto originario delle democrazie. Le stesse democrazie che hanno immaginato e promesso alle generazioni che oggi sono quelle dei figli e domani saranno quelle dei genitori un mondo di benessere, come risultato di percorsi formativi e professionali che andavano a incastrarsi dentro un’idea di sviluppo che aveva l’uomo al proprio centro. Oggi invece ci rendiamo conto che sia la sinistra che il sindacato hanno accettato compromessi al ribasso con cooperative e strutture da esse derivate che hanno accumulato patrimoni di centinaia di miliardi e hanno somministrato impieghi da fame in un rapporto diretto tra appaltatore e appaltante che passava completamente sopra la testa del cittadino chiamato a svolgere la funzione. E l’hanno fatto nell’idea, che sempre abbiamo, che il Paese non è quello reale che vediamo ogni giorno intorno a noi ma è scritto su pezzi di carta. E se quei pezzi di carta dimostrano che da ieri ad oggi abbiamo 10.000 assunti in più, noi festeggiamo, senza renderci conto che è un passo indietro, se quelle migliaia di persone non hanno ottenuto il lavoro che abbiamo scritto nel primo articolo della nostra Costituzione ma qualcosa di molto più simile allo sfruttamento. Domani è il primo maggio, ma avanti di questo passo ci toccherà festeggiare il lavoro il primo aprile, il giorno degli scherzi, perché di scherzo si tratta oggi immaginare una festa laddove stiamo vivendo chiaramente la più grande farsa dell’era democratica contemporanea.