(Daniele Dell’Orco – Libero quotidiano) – Una domanda che è diventata un caso. L’intervento dello storico Franco Cardini a Otto e mezzo, la sera del 25 aprile, ha mandato su tutte le furie un altro illustre collega, Antonio Gibelli, che ha chiesto a Luciano Canfora se sia il caso di coinvolgere Cardini nella kermesse “Storia in piazza”, organizzata ogni anno, dal 2010, a Palazzo Ducale a Genova e curata dallo stesso Cardini con Canfora.

Il medievalista, per aver detto che i ragazzi della Repubblica Sociale «sono stati spesso tutt’altro che degli aguzzini, sono stati combattenti seri, onesti», andrebbe epurato dal suo stesso festival. Il succo dell’intervento di Cardini è stato definito da Gibelli una «apologia» della Rsi.

La pensa in modo diverso Gianni Oliva, giornalista, politico e scrittore in libreria con Il purgatorio dei vinti (Le scie, 21 euro): «Non la definirei così. Trovo anzi sia un dato di fatto che non fossero tutti mostri. Del resto basta leggere le storie dei tanti che cito nel mio volume, da Raimondo Vianello a Enrico Maria Salerno, da Walter Chiari a Enrico Ameri, senza dimenticare un profilo come quello di Dario Fo…».

Che però poi ha rinnegato…

«Disse bene Indro Montanelli, sarebbe bastato che dicesse: “Avevo 17 anni” e avremmo capito».

Da qui l’altro passaggio incriminato di Cardini, e cioè la “buona fede” dei combattenti…

«Altro concetto che non deve sconvolgere. Cosa pensa significhi buona fede? Certo che a 20 anni chi sceglie di andare a morire lo fa in buona fede. Mi permetta di esagerare: anche i miliziani dell’Isis pensano di lottare in buona fede, ma restano comunque dei criminali. Il problema sono i progetti che sposano, non le scelte dei singoli che possono essere anche incidentali, contestuali, figlie del momento».

Si spieghi meglio…

«All’epoca si stavano confrontando due visioni del mondo. Una sbagliata e una giusta e vincente. Una per conservare la dittatura e una per fare secondo alcuni la rivoluzione socialista e secondo altri quella democratica. Meno male che siamo nati nella parte del mondo dove ha vinto questa seconda visione.

Ma ciò deve essere slegato dalle scelte dei singoli e dalle storie che li hanno portati a sposare l’uno o l’altro. Vede, persino in Una guerra civile di Pavone, uno che è stato partigiano e che dato una svolta agli studi sulla Resistenza, c’è un capitolo in cui si parla di “scelta” e delle ragioni di una scelta.

A riprova che non fosse così immediata e naturale nelle implicazioni politiche, storiche e morali per chi viveva immerso in quell’epoca e dopo vent’anni di fascismo. Ecco, forse bisognerebbe smetterla di considerare la Rsi come l’agnello sacrificale di chi ha sempre evitato di fronteggiare il vero problema…».

E quale?

«Che l’Italia non ha mai fatto davvero i conti col suo passato e con l’esperienza del Regime, piuttosto che con la sua appendice finale e confusionaria. Dopo il 25 luglio non ci furono più i Mussolini e i Ciano, ma per anni e anche a guerra finita il “deep state” italiano rimase composto dalle stesse figure che occupavano i medesimi posti durante il fascismo. Di quella realtà bisognava assumersi delle responsabilità. Le faccio un esempio…».

Prego…

«La scuola. Il giuramento di fedeltà al fascismo imposto ai docenti nel 1931. Si rifiutarono solo in 15. Su 1.251. E che dire di ciò che accadde nel mondo accademico dopo l’emanazione delle leggi razziali, quando i docenti si accapigliavano non per difendere i colleghi ebrei espulsi ma per rivendicarne i posti. Demonizzare i ragazzi di Salò e non tenere conto di queste storie è ingeneroso. Dire ciò non vuol dire ridimensionare il valore civile e morale della Resistenza. Sono concetti che espressero già Violante nel ’96, Ciampi da presidente della Repubblica, addirittura Calvino nel 1946 ne Il sentiero dei nidi di ragno».

Toglierebbe a Cardini la guida di “Storia in piazza”?

«La repressione culturale non è accettabile. Spero proprio che non succeda. Toglierei, a lui come ad altri, la guida di kermesse brutte, fatte male o che escludono il pluralismo. Cardini e Canfora mi sembra non facciano nulla di tutto ciò».